Alle Scuderie del Quirinale di Roma la grande mostra dedicata a Raffaello a 500 anni dalla nascita, simbolo dell’arte post Covid-19

Per il mondo dell’arte il 2020 avrebbe dovuto essere un anno impreziosito da importanti mostre. Lo sciagurato arrivo nel nostro Paese del Covid-19 ha stravolto e cambiato tutto. Dopo più di due mesi di lockdown, le sale delle mostre, che erano in corso ante Coronavirus e dei musei italiani piano piano si sono riaperte al pubblico e la rinascita dell’arte si è così compiuta.

La mostra “Raffaello 1520-1483”, che si sta svolgendo a Roma presso le sale espositive delle Scuderie del Quirinale, fino al giorno 30 agosto 2020, era stata aperta lo scorso 5 marzo, pochi giorni prima del lockdown. I giornalisti presenti all’anteprima dell’esposizione, che celebra il genio di Urbino a cinquecento anni dalla nascita, avevano il sentore di essere dei privilegiati, perché era già nell’aria dai blocchi in corso in Cina, che presto l’Italia sarebbe dovuta entrare, come dire, in letargo, a causa di un nemico invisibile, che si era proditoriamente insinuato tra noi.

Realizzata dalle Scuderie del Quirinale insieme alle Gallerie degli Uffizi, in collaborazione con Galleria Borghese, Musei Vaticani e Parco Archeologico del Colosseo, la mostra è curata da Marzia Faietti e da Matteo Lafranconi con il contributo di Vincenzo Farinella e Francesco Paolo Di Teodoro, ed ha riaperto i battenti con nuove modalità di visita consultabili on line sul sito: www.scuderiequirinale.it. La grande affluenza di pubblico, con orari di visita fuori dall’ordinario, fa comprendere come dopo il lockdown vi sia una grande voglia di bellezza e di rinascita dell’arte. Finalmente la cultura è tornata a riaprire le sue porte, ma in maniera diversa da quella a cui eravamo abituati. Ovviamente la chiusura forzata dei principali musei e delle grandi realtà museali ha generato una perdita economica importante.


La rassegna dedicata a Raffaello, oltre 120, tra dipinti, disegni, arazzi e lettere, per una raccolta di creazioni dell’artista urbinate mai viste in così gran numero tutte insieme, presenta capolavori provenienti dalle collezioni dei più importanti musei nazionali e internazionali tra cui: Gallerie Nazionali di Arte Antica, Pinacoteca Nazionale di Bologna, Museo e Real Bosco di Capodimonte, Galleria Borghese, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Fondazione Brescia Musei, e poi ancora Musei Vaticani, Louvre, National Gallery di Londra, Museo del Prado, Museo Nacional de Artes decorativas di Madrid, Patrimonio Nacional, National Gallery of Art di Washington, Metropolitan Museum di New York, Albertina di Vienna, British Museum, Royal Collection, Ashmolean Museum di Oxford, Musée des Beaux- Arts di Lille.


Un’occasione irripetibile per vedere riunite nello stesso luogo opere celebri e amatissime in tutto il mondo come: la “Madonna del Granduca” e la “Velata” delle Gallerie degli Uffizi o la grande pala di “Santa Cecilia” dalla Pinacoteca di Bologna; opere mai tornate in Italia dal momento della loro esportazione per ragioni collezionistiche come la sublime “Madonna Alba” dalla National Gallery di Washington, la “Madonna della Rosa” dal Prado o la “Madonna Tempi” dalla Alte Pinakothek di Monaco di Baviera; dipinti straordinari e iconici come il Ritratto di Baldassarre Castiglione e l’Autoritratto con amico dal Louvre.


L’imperdibile esposizione che celebra Raffaello Sanzio (Urbino, 28 marzo 1483 – Roma, 6 aprile 1520), figlio di Giovanni Santi (noto artista e padrone di una fiorente bottega a Urbino), pittore e architetto tra i più celebri del Rinascimento è articolata secondo un’idea originale, e propone un percorso che ripercorre a ritroso l’avventura creativa dell’artista da Roma a Firenze, da Firenze all’Umbria, fino alla nativa Urbino. Un incalzante flash-back che consente di ripensare e vedere il percorso biografico partendo dalla sua massima espansione creativa negli anni di Papa Leone X.


Raffaello, talento precoce, a venticinque anni giunge a Roma verso la fine del 1508, chiamato da Papa Giulio, che aveva messo in atto una straordinaria opera di rinnovo urbanistico e artistico della città in generale e del Vaticano in particolare, per affrescare le stanze papali. Per farlo Raffaello si ispira alle quattro università medievali, Teologia, Filosofia, Poesia e Giurisprudenza. Nasce così uno dei dipinti più celebri del Rinascimento: “La scuola di Atene”. E sarà la sua consacrazione, perché il nome di questo artista, tanto giovane ma già affermato e stimato, rimarrà indissolubilmente legato alla storia dell’arte a Roma.


Per la prima volta nelle magnifiche sale delle Scuderie, le cui finestre si affacciano su Piazza del Quirinale, al cui centro si trova il grande gruppo scultoreo della Fontana dei Dioscuri, si possono ammirare insieme i ritratti dei due papi che consentirono a Raffaello di dimostrare il suo immenso potenziale artistico negli anni romani. Il ritratto di Giulio II dalla National Gallery di Londra e quello di Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi dagli Uffizi, presentato per la prima volta dopo un accuratissimo restauro, durato tre anni, a cura dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, intervento che ne ha restituito la nettezza luministica e cromatica originale e l’incredibile forza descrittiva dei dettagli.
Lungo il percorso espositivo il visitatore si trova davanti al “Ritratto di donna nei panni di Venere (Fornarina)”, che arriva da Palazzo Barberini a Roma. L’amore tra Raffaello e la Fornarina, uno dei più famosi della storia dell’arte, durerà per l’eternità. Della Fornarina conosciamo pochi cenni biografici. Si chiamava Margherita Luti ed era di origine senese, figlia di Francesco Luti, fornaio a Roma, a Trastevere. Il soprannome “Fornarina” deriva dal mestiere del padre. Quando Raffaello la vide per la prima volta, rimase folgorato dalla sua bellezza e il ritratto restituisce intero il fascino immortale di questa giovane donna.
Non può mancare l’“Autoritratto”, olio su tavola di pioppo che arriva alle Scuderie a Roma dagli Uffizi di Firenze. Osservando il dipinto, confermiamo il parere del Vasari, nelle “Vite”, espresso sul maestro urbinate, del quale esalta “grazia, studio, bellezza e ottimi costumi”. Di Raffaello sappiamo tutto, e sono le sue opere a testimoniarne la grandezza.


Uno sguardo senza tempo quello di Raffaello, che sembra presagire la morte precoce dell’artista avvenuta a Roma il 6 aprile 1520, il giorno di Venerdì Santo. La Città “Caput Mundi” è attonita nella commozione e nel rimpianto, mentre la notizia della scomparsa di Raffaello Sanzio, salutata dal commosso cordoglio dell’intera corte pontificia si diffonde con incredibile rapidità in tutte le corti europee. Le spoglie mortali di Raffaello riposano nel Pantheon, come egli stesso aveva chiesto, ma la vastità creativa del genio rinascimentale di Raffaello resta eterna.