Programmare. Cosa? Come?

Ripensare modi e tempi della pastorale delle parrocchie

Di questi tempi, gli anni precedenti, ero alla conclusione delle settimane di vacanza con i ragazzi, sospese quest’anno per motivi di sicurezza, e gironzolavo per casa con le bozze fresche di stampa dell’agenda interparrocchiale, pronto a fare un lavoro certosino di revisione per evitare sovrapposizioni di attività, ripetizioni, errori.

Quest’anno… non ho tra le mani alcun foglio.

Le uniche date fissate sono quelle di alcuni dei sacramenti dell’iniziazione cristiana che non abbiamo potuto celebrare nei mesi scorsi. Per il resto, nulla di certo.

Con il Covid in agguato non si sa se e cosa programmare

Questo è stato il tema di un bel momento di scambio di idee tra preti della nostra fraternità sacerdotale (Calepio-Sebino-fraternità 1), la scorsa settimana. Fondamentalmente, tutti abbiamo invocato il Santo più venerato in terra bergamasca, di questi tempi: San Fai (per i non bergamaschi, “san fai?” significa, in dialetto, “cosa facciamo?”, ndr). Programmare? Cosa? Come? Chi può sapere cosa accadrà nei prossimi mesi, quali saranno le misure di sicurezza dettate dai protocolli emanati dai vari enti pubblici, come muterà il virus? Nemmeno la scuola, di cui si continua ad affermare che riaprirà il 14 settembre, ma di cui le modalità concrete di ripartenza sono ancora, anche per noi docenti, un “mysterium fidei”, ci sta aiutando a tracciare orizzonti di futuro possibili.

Eppure, anche in questa incertezza, tra noi sacerdoti non manca l’entusiasmo,

soprattutto perché, finalmente, la questione di una seria revisione della nostra pastorale ordinaria diventa non solo il centro della riflessione, ma anche dell’intenzione di effettuare interventi concreti.

E’ l’occasione di fermarsi e ripensare tutto

Da anni ci diciamo che occorre fermarsi un attimo, rileggere la nostra pastorale, discernere cosa è importante tenere, cosa lasciare, sulla base di criteri di senso; da anni ripetiamo che occorre lavorare di più insieme, perché la singola parrocchia, con sempre meno preti, non può più proporre tutto ciò che proponeva prima, ma, in un’ottica di fraternità e collaborazione, è bene che a livello zonale vengano proposte diverse attività, alle quali poi le diverse comunità o le singole persone possono fare riferimento.

Anche nelle singole parrocchie, penso alle mie di Grumello del Monte e Telgate… quante volte ci siamo confrontati sulla catechesi, su come essa sia sempre più difficoltosa e rischi di non far cogliere l’essenziale, dei rischi di ridurla a lezioni scolastiche staccate dalla vita, della difficoltà a far cogliere il legame vitale catechesi-sacramenti-preghiera-vita…

eppure, passarono gli anni, e fu sera e fu mattina, e tutto fu sempre come l’anno prima.

Ebbene, quest’anno, il tempo di incertezza può trasformarsi in tempo provvidenziale. Forse, finalmente, non più schiavi di un’agenda che cambiava la copertina, ma era la stessa dell’anno precedente, la novità suggerita dallo Spirito potrà trovare spazio. Se lo vogliamo, i prossimi mesi saranno tempo di lavoro intenso, un lavoro innanzitutto su di noi, sul nostro essere Chiesa, sulla pastorale. Come ho detto ai miei catechisti, non è un problema se la catechesi dei bambini e ragazzi dovesse ricominciare con l’Avvento: l’importante è che nei mesi precedenti, come catechisti e con la comunità, rileggiamo la nostra proposta, i suoi punti di forza e di criticità, per abbozzare un percorso rinnovato, che potrà essere testato da quando inizieremo e poi per tutto il prossimo anno pastorale, così che, l’anno successivo, potremo correggerlo e migliorare ulteriormente la proposta.

Sì, questo tempo è provvidenziale,

se non cadiamo nella solita tentazione di riempire l’agenda, ma proviamo a riprendere in mano le questioni serie della fede, della catechesi e della pastorale, sotto la guida dello Spirito.