Di che cosa ha bisogno un prete (giovane), oggi

Il prete, la comunità, i superiori, i confratelli

La nostra Diocesi si prepara ad accogliere, il 29 Agosto prossimo, i tre sacerdoti novelli che il Vescovo Francesco ordinerà e destinerà poi al ministero nelle nostre comunità.

Mentre preghiamo per loro e li accompagniamo con la preghiera, provo a domandarmi, pensando a loro, cosa serva a un prete giovane oggi. In realtà, pensando a questo, penso a ciò che è necessario ad ogni prete, anche chi abbia superato i 15 anni di ordinazione (a Bergamo i preti sono considerati “giovani” e fanno riferimento a un sacerdote incaricato per la loro cura fino a 15 anni di ordinazione, ndr).

Un prete che sia “padre”. Una comunità che accolga

Pensando nello specifico ai novelli, penso innanzitutto a colui che sarà il loro primo parroco, che spero sia per loro padre. Per me, prete novello, fu così, a Telgate, con don Tarcisio Cornolti: fu lui a guidarmi nei primi passi, a consigliarmi nelle incertezze, a frenare quelle partenze a razzo tipiche degli inesperti, ad accogliere le prime fatiche nella pastorale e ad aiutarmi a leggere le prime critiche poco simpatiche. E, soprattutto, mi fu esempio di fede e di preghiera: questo è essenziale, per un prete novello, perché ti ricorda che

sei chiamato ad essere nella Chiesa, un uomo di Dio a servizio degli uomini.

Poi, serve una comunità che ti voglia bene: soprattutto il prete novello, ha diritto di sbagliare, di imparare cosa significhi gestire un oratorio e le relative attività, deve avere tempo di conoscere la gente, di far fatica nel discernere di chi può fidarsi. E ben vengano le prime “bastonate”, quando sbagli tutto e ti accorgi che chi si presenta in un modo può essere radicalmente diverso, che chi ti riempie di complimenti e parla male di chi è appena andato via , tempo qualche mese farà così anche con te, quando non dirai sempre “sì” e prenderai decisioni!

Tutto serve, anche le amarezze, perché preti lo si diventa ogni giorno! 

Quanto è bello avere, nella tua comunità, chi, incontrandoti, ti chiede “come va?”. E, grazie a Dio, nelle nostre comunità di gente buona ce n’è tanta, anche se fa meno rumore di chi alza la voce con un po’di prepotenza o inventa qualcosa su di te per avere un po’ di popolarità o qualche inutile vendetta.

Dei superiori che ascoltino

E poi, servono i superiori. Sì, eccome. Certo, il prete può sempre contattarli per primo, ma il loro ruolo è fondamentale. Cosa devono fare? Non tocca a me insegnare loro, ma, personalmente, a me basta che mi salutino e che mi ascoltino.

Sì, che mi ascoltino, di un ascolto vero, non quello un po’dovuto prima di farmi un discorso già preparato, soprattutto in vista di passaggi che per la mia vita sono importanti e non semplici.

Dei preti fratelli che aiutino

Non solo. C’è un’altra necessità, che secondo me sarà sempre più decisiva: la fraternità sacerdotale. Lì, nella fraternità sacerdotale, il prete, giovane o meno giovane,

deve sentirsi libero di portare le sue fragilità, sapendo che ci sono le condizioni perché queste siano accolte

e non giudicate, sapendo che lì troverà dei fratelli pronti a tutto per aiutarlo.

Non ultima è la famiglia di origine, decisiva per chi non avrà una famiglia sua; certo, c’è quella famiglia che è la comunità, ma noi preti sappiamo bene che, soprattutto nella fatica e nel tempo dello sfogo, nessuno può sostituire mamma e papà.

Mi fermo qui, ricordando l’essenziale: alla fine, come all’inizio, c’è il Signore. Stiamo uniti a Lui, che c’è, c’è eccome. E non stanchiamoci di alzare lo sguardo: Egli ascolta… e, amando, aiuta.