Il referendum sul numero dei parlamentari: le responsabilità del voto

Il 20 e 21 settembre gli italiani sono chiamati alle urne per il referendum che deve confermare o bocciare la legge costituzionale con cui è stata prevista la riduzione del numero dei parlamentari: da 630 a 400 i deputati, da 315 a 200 i senatori elettivi.
È un referendum che non prevede alcun quorum per la sua validità, a differenza di quelli di tipo abrogativo che possono interessare le leggi ordinarie. Quindi non esiste la via di un’astensione “tattica” che punti a invalidare la consultazione per una partecipazione insufficiente. Chi è favorevole alla legge deve votare Sì, chi è contrario deve votare No. Prevale l’opzione che raccoglie più consensi. Un motivo in più per non disertare le urne. Peraltro, sono milioni gli italiani che nell’occasione voteranno anche per le loro Regioni e il loro Comuni.
È doveroso sottolineare che il referendum in questione riguarda una legge costituzionale, non il governo. Potrebbe apparire un’annotazione superflua, ma è opinione corrente che l’ultimo referendum costituzionale, quello del 2016 sulla cosiddetta riforma Renzi, abbia avuto un esito negativo soprattutto perché l’allora premier lo aveva di fatto trasformato in un referendum sulla sua leadership. Nulla del genere in questo caso e tuttavia nel dibattito politico si è affacciata anche la machiavellica ipotesi di votare No per fare un dispetto al governo in carica, dato che la legge per il taglio dei parlamentari è uno storico cavallo di battaglia del partito di maggioranza relativa, il M5S. Ma la legge, nel corso dei quattro passaggi previsti dalla complessa procedura di revisione costituzionale, è stata praticamente votata da tutti i principali partiti, di maggioranza e di opposizione. Gli elettori faranno quindi bene ad esprimersi sul merito della consultazione, valutando con coscienza e responsabilità l’oggetto che viene loro sottoposto.
La materia del referendum, del resto, è una riforma costituzionale rilevante e la semplicità del quesito non deve trarre in inganno. Quando si tocca la Carta fondamentale è sempre richiesta una riflessione accurata, anche se la modifica è ben circoscritta come in questo caso. La Costituzione è un edificio che è stato costruito in maniera organica, che si è andato evolvendo in relazione ai tempi secondo le procedure espressamente indicate per la sua revisione e che deve mantenere un equilibrio complessivo. Bisogna quindi considerare le conseguenze di ogni intervento e i bilanciamenti eventualmente necessari, senza i toni apocalittici che talvolta risuonano nel dibattito e, allo stesso tempo, senza indulgere alla retorica dell’antipolitica e dell’antiparlamentarismo, questa sì effettivamente pericolosa. Sia che vincano i Sì, sia che vincano i No, l’Italia ha bisogno di un Parlamento libero, autorevole ed efficiente. Su questo non è consentito dividersi.