Bassetti: “La Chiesa ai tempi della pandemia è davvero ospedale da campo”

“Il nostro contributo alla ripresa ha la forma di un annuncio essenziale, radicato nel Crocifisso Risorto, che rimane l’unica vera novità che abbiamo da offrire al Paese”. Lo ha detto il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, introducendo i lavori del Consiglio episcopale permanente, in corso a Roma fino al 23 settembre. “È con questo sguardo che intendiamo affrontare i prossimi mesi”, ha assicurato Bassetti riferendosi ai mesi che ci separano dall’Assemblea generale della Cei, in programma dal 16 al 19 novembre.

“Se ieri la stessa espressione di ‘Chiesa ospedale da campo’ poteva risolversi in un’immagine suggestiva, oggi diventa la realtà che attende e impegna la nostra risposta”.

Nelle parole del cardinale, è questa l’attualità di una delle espressioni preferite di papa Francesco per l’attuale scenario, dominato dalla pandemia.
“Lontani dall’essere nostalgici, lamentosi o ripiegati su improbabili scorciatoie, sentiamo la responsabilità di affrontare strade nuove, lungo le quali ridisegnare il volto della nostra presenza ecclesiale”,
garantisce Bassetti: “Si tratta di prendersi a cuore le persone, la loro dignità, la casa comune, il creato; di curare e custodire le relazioni, di coltivare e alimentare il dinamismo della comunione, che vive di incontro e di reale condivisione; di tessere con convinzione e gratuità una rete di alleanze sociali per promuovere insieme il bene comune, di ciascuno e di tutti”. “Il rinnovamento della nostra pastorale ci richiede un respiro e un passo sinodale”: come ha detto il Papa ai vescovi il 22 maggio 2017, “camminare insieme è la via costitutiva della Chiesa”. “ Questa stagione ci impegna a far crescere il senso di appartenenza e di corresponsabilità, dando tempo al riconoscimento, all’ascolto e alla stima dell’altro, arrivando ad assumere in maniera concorde e convinta scelte condivise”.


“Nulla sarà come prima”,

l’esordio dell’introduzione sulla scorta delle immagini indelebili dei mesi appena trascorsi: “Come Pastori siamo consapevoli di dover ripensare la forma dell’esperienza della fede, il nostro stesso ministero e, più in generale, la vita delle nostre comunità”, l’appello ai confratelli.

Durante la pandemia, “le nostre Chiese hanno messo a disposizione un numero incredibile di strutture”, l’omaggio del cardinale, che segnala le “tante iniziative” della comunità ecclesiale al tempo del Covid tramite la “testimonianza solidale” giunta da diocesi, parrocchie, comunità religiose, sacerdoti e laici, che sul territorio “si sono fatti carico di vecchi e nuovi bisogni, a partire da chi si è ritrovato senza lavoro e alle prese con gravi difficoltà economiche”.

Farsi carico di “quanti, a livello globale, anche in questa emergenza sono costretti a pagare il prezzo più alto a causa di ingiustizie e disuguaglianze sociali, fino a ritrovarsi discriminati nella stessa possibilità di accesso alle cure, derubati della loro dignità dall’indifferenza del mondo”, la consegna. “Indifferenza, sufficienza e arroganza hanno avuto il loro peso nel condurre un atteggiamento aggressivo e predatorio nei confronti dell’ambiente”, denuncia il presidente della Cei, secondo il quale “ora è sotto gli occhi di tutti la stoltezza che ci ha visti proseguire imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato”, come ha denunciato Papa Francesco.

Sul piano pastorale la situazione attuale, per Bassetti, è simile a quella della prima comunità cristiana riunita attorno agli apostoli: “È una comunità che sperimenta il pericolo, per reagire al quale non fa conto tanto su analisi o su nuove strategie, ma si raccoglie in preghiera. È questa unità, più forte delle difficoltà come di ogni legittima differenza, che ci fa Chiesa, popolo di Dio”. ”A indebolirci – la tesi del porporato – non sono mai state le prove, ma le nostre tiepidezze e infedeltà, la mondanità spirituale che ci allontana da una vita evangelica di povertà e di disponibilità, portandoci a pascere noi stessi invece di quanti ci sono affidati”.

Per finire, alcune domande affidate ai vescovi: “Come proporre un nuovo incontro con il Vangelo, come annunciarlo con parole e gesti credibili? Come aiutarci a superare rassegnazioni e luoghi comuni, per rileggere da una prospettiva di fede anche questa stagione di angoscia e desolazione? Attorno a quale nucleo essenziale ripensare nelle nostre comunità ecclesiali percorsi possibili di catechesi e di maturazione della fede? Quali aspetti curare maggiormente nella formazione permanente dei nostri sacerdoti, quali processi favorire? Quali passi ci attendono per vivere maggiore collegialità episcopale e comunione ecclesiale? Quale contributo assicurare alla società italiana per rimuovere le cause della povertà, favorire l’inclusione di vecchi e nuovi poveri e far sì che nessuno sia escluso o resti indietro? Al di là di ogni tentazione di chiusura difensiva e autoreferenziale, come valorizzare al meglio i circuiti relazionali in cui siamo immersi e costruire alleanze tra soggetti e istituzioni? A cinque anni dalla pubblicazione dell’enciclica Laudato si’, quale approfondimento proporne e quali scelte assumere per recuperare un rapporto buono con sé, con gli altri, con il creato e con Dio?”.