Madre Teresa vista da vicino: Marco Di Tillo racconta “Una santa per amica”

“Teresa di Calcutta vista da vicino” è il sottotitolo del volume“Una santa per amica” (Edizioni Dehoniane Bologna 2020, Collana “Lapislazzuli” pp. 288, 17,00 euro) di Marco Di Tillo nel quale lo scrittore e regista televisivo romano rievoca la storia della sua amicizia con la religiosa albanese, fondatrice delle Missionarie della Carità, nata il 26 agosto 1910 a Skopje, scomparsa a Calcutta il 5 settembre 1997 e proclamata santa da Papa Francesco Il 4 settembre 2016. 

Nel testo dedicato “A Teresa, a mio padre, E anche un po’ a me”, l’autore si dimostra particolarmente bravo nell’intrecciare episodi che riguardano la Santa di Calcutta insieme a quelli che attengono alla sua personale sfera privata e familiare. “Avevo 22 anni ed ero completamente ateo. Mio padre mi costringeva ad andare a prenderla all’aeroporto e accompagnarla in giro. Siamo diventati buoni amici. Con me era leggera, spiritosa, come nessuno immagina che possa essere stata Madre Teresa. Ed è arrivata dritta nel mio cuore”, ricorda Di Tillo, che vive e lavora a Roma, da noi intervistato. 

Marco, in quale occasione conobbe la suora più famosa nel mondo? 

«A metà degli anni Settanta, mio padre, ingegnere e uomo politico,  la stava aiutando ad aprire una delle sue case delle Missionarie della carità a Roma, vicino a San Gregorio al Celio. Una mattina mio padre doveva andare a prenderla all’aeroporto ma la sua macchina era dal meccanico. Così mi chiese di accompagnarlo con il mio maggiolino Volkswagen. Teresa salì a bordo insieme ad altre suorine indiane. Fu quella la prima di innumerevoli volte. Con mio padre l’abbiamo accompagnata dappertutto negli anni seguenti, purtroppo anche alle frequenti visite mediche, quando la sua salute peggiorò». 

Nel libro racconta la “Teresa sorridente” che ha conosciuto, così diversa dalla donna pia, seria e costantemente impegnata nell’opera di preghiera e di misericordia che i più hanno conosciuto. Ce ne vuole parlare? 

«A quel tempo io non ero credente e sono convinto che mio padre mi chiedesse sempre di accompagnarlo anche e soprattutto nella speranza che io, frequentando lei, potessi ricredermi. Teresa con me è stata bravissima: non mi ha mai parlato direttamente di Fede né di Religione. Tutt’altro. Mi chiedeva invece dei miei studi in Psicologia, dei miei viaggi in scooter su e giù per l’Europa e anche delle mie fidanzate. Era sempre sorridente e molto spiritosa con me. Non amava i giornalisti, anche se era costretta ad incontrarli. Andò una volta anche al programma televisivo allora in onda su Rai1 “Pronto Raffaella” condotto da Raffaella Carrà. Teresa lo faceva per avvicinare sempre di più la gente a Dio, usava tutti i mezzi possibili. È stato il suo esempio, le cose che faceva nel mondo, quello che diceva, a farmi avvicinare molto lentamente ad un mondo di Fede che non credevo proprio mi sarebbe mai appartenuto».

Il volume è corredato da una significativa appendice fotografica che testimonia il legame di amicizia tra la Sua famiglia e Madre Teresa. Desidera scegliere una di queste foto e descriverla? 

«Il mio secondo figlio Andrea a 12 anni ha ricevuto la comunione da Papa Giovanni Paolo II, nel giorno della Beatificazione di Madre Teresa il 19 ottobre 2003. Andrea era stato operato al cuore appena nato, presso l’Ospedale pediatrico romano “Bambino Gesù”, per una gravissima malformazione. Teresa, a sorpresa, piombò in ospedale mentre mio figlio era in terapia intensiva e, dopo aver pregato per lui, fece il giro di tutti i reparti pediatrici fermandosi con le mani giunte davanti a ogni bambino. Uno di loro, piccolissimo e malato di tumore, la accarezzò lievemente sulle guance. Fu una scena davvero commovente».

Qual è stato il momento più memorabile vissuto accanto alla religiosa albanese? 

«Sono stati due. Il giorno che Madre Teresa ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace nel dicembre del 1979, con la grande festa e i canti che avevano organizzato le suore per lei e noi eravamo presenti a San Gregorio al Celio. E poi il momento del documentario. Due registe canadesi, le sorelle Petrie, avevano seguito Teresa e le sue suore a Calcutta per ben 5 anni, filmandole nei vari momenti delle loro pesanti giornate, nella cura dei poveri, degli anziani, dei bambini abbandonati e dei lebbrosi. Il meraviglioso documentario “Mother Teresa”, con la voce narrante del famoso attore, regista e produttore cinematografico britannico Sir Richard Attenborough, fu proiettato nel refettorio del convento di San Gregorio. Teresa, nell’occasione, scelse di stare vicina a me e a mia moglie Giulia, creando un po’ di gelosia alle registe e anche allo stesso attore presente in sala. Con mia moglie, diplomata al Conservatorio, parlarono tutto il tempo di musica, visto che da ragazza anche Teresa cantava e suonava un paio di strumenti»..

È stato un regalo miracoloso avere come amica una donna dalla personalità straordinaria come Madre Teresa di Calcutta, considerato che anche grazie a questa amicizia ha ricevuto il dono della fede? 

«Sì, lo è stato sicuramente ed è stato come scalare una montagna. In quel periodo storico particolare noi ragazzi delle scuole pubbliche eravamo per lo più rivolti a sinistra, al mondo laico e lontano anzi lontanissimo dalla Chiesa e da Dio. Sono rimasto così per tantissimi anni anche dopo, finché, all’improvviso, è scattato un flash, una luce nuova e ho visto tutta un’altra cosa. Si chiama, appunto, Fede. Non c’è alcuna spiegazione logica, nessun ragionamento razionale. Fede, punto e basta. E sono fermamente convinto che Teresa, senza grandi proclami né tamburi, l’abbia dolcemente portata nel mio cuore».

Nei giorni di malattia si è affidato alla Santa di Calcutta?

«Io non mi affido a Teresa solo in momenti precisi della mia vita, soprattutto quelli in cui sono più in difficoltà. Io mi affido a lei sempre. Ho una sua grande foto sistemata sul muro della mia camera con lei che ha in braccio uno dei miei figli, mentre l’altro, più grandicello, la guarda dal basso verso l’alto. Quella foto la guardo ogni giorno quando mi sveglio e la sera, prima di addormentarmi, dico sempre una preghiera rivolto a lei. Il Covid mi è passato sopra come un Caterpillar ma non ho mai temuto davvero di andarmene da questo mondo. Tra l’altro la morte, da cristiano, non mi fa neanche così paura, la considero una parte inevitabile della nostra vita terrena, un passaggio. So che dopo andremo a stare molto meglio, quindi che problema c’è?».