Eleftherìa, giovane con disabilità, scala l’Olimpo: “Dobbiamo vivere senza paura”

La storia di coraggio di una studentessa greca: "Non c’è nulla di più reale di un sogno"

Salire lassù, per lasciarsi accarezzare da un frizzante alito di vento e per sfiorare il cielo con un dito, circondata da quella soffice e impalpabile coltre bianca che da sempre avvolge nel mistero il monte degli dei, l’Olimpo. Un’impresa mitica, quanto (se non più) il nome della vetta che intendeva raggiungere, Cima Mitikas (2.917 m), la più alta di tutta la Grecia.

Questo il grande sogno di Elefhterìa Tosiou, una ragazza di 22 anni, studentessa di biologia all’Università Aristotele di Salonicco. Un sogno che racconta un innato desiderio di libertà, quella libertà che Elefhterìa porta incisa nel nome. In italiano, infatti, il nome della giovane studentessa greca significa per l’appunto libertà, intesa come “mancanza di vincoli”, ossia quella condizione per la quale una persona può decidere di pensare, esprimersi, muoversi ed agire senza costrizioni. Chissà quante volte Elefhterìa ha pensato al significato del suo nome, guardando alla sedia a rotelle che da sempre è la sua inseparabile compagna di vita. Chissà quante volte lo ha fatto pensando a Cima Mitikas, il suo grande sogno. Un sogno impossibile, se lo sguardo resta fisso su quella sedia a rotelle. Ma Elefhterìa è una ragazza libera, che non ha vincoli.

Sente parlare da un suo amico di Marios Giannakou, classe 1992, atleta greco di Drama, recordman delle lunghe distanze, che per 50 volte è salito in cima all’Olimpo. I due si incontrano a settembre e la ragazza gli parla del suo sogno. Marios non ci pensa su due volte e accetta. Mette insieme un gruppo di supporto composto da otto persone e inizia a organizzare il programma della scalata e a preparare lo zaino con il quale avrebbe portato Elefhterìa in cima all’Olimpo. Uno zaino come quello con il quale porta in montagna la sua bimba, modificato per reggere il peso della sua giovane amica.

Seguono i giorni della preparazione e gli allenamenti. Elefhterìa impara a conoscere il passo di Marios e le spalle di lui prendono dimestichezza con il peso di lei. Il tutto tra una battuta e uno scherzo, puntualmente immortalati sul profilo Instagram dell’atleta. “La pentola, rotolando – scrive Giannakou – ha trovato il suo coperchio”.

I primi di ottobre il gruppo parte da Prionia (1.100 m) alla volta del Rifugio Spilios Agapitos (2.100 m). La notte in quota trascorre col pensiero rivolto al domani, a quella parete lungo la quale inerpicarsi, a quella cima da raggiungere. La sveglia, il 9 ottobre, suona molto presto. Li attendono ancora diverse ore di cammino. Colazione e si parte. Chi va in montagna lo sa: l’alpinista si mette in marcia di buon’ora.

Alle 9.02 del 9 ottobre Marios e Elefhterìa sono in vetta. Accarezzati da un frizzante alito di vento e circondati da una soffice e impalpabile coltre bianca. “Non c’è nulla di più reale di un sogno”, scrive Marios sul su Instagram.

Elefhterìa è la prima persona con disabilità che è riuscita a vedere la Grecia dal suo punto più alto. Andando oltre i vincoli che la vita le ha posto. Lei ha osato guardare oltre e con tenacia e determinazione ha realizzato il suo sogno, un sogno impossibile agli occhi degli altri.

Tra i primi a congratularsi con i due giovani è stato il primo ministro Kyriakos Mitsotakis. “È stata un’idea fantastica – ha detto loro dialogando via chat mentre il gruppo si trovava al rifugio, durante la discesa – siamo molto contenti che l’abbiate realizzata”.

In poche ore la foto dei due in vetta a Cima Mitikas raccoglie oltre 50mila like e fa il giro del mondo. Tra i tanti che la ripostano c’è ancheil Chris Hadfield, ex astronauta, il primo canadese ad aver effettuato una passeggiata nello spazio. Vedere pubblicata la sua foto sul profilo di Hadfield è per Giannakou un’enorme sorpresa. Per anni, quand’era piccolo, ha seguito estasiato le imprese dell’astronauta canadese e ora è il suo mito a complimentarsi con lui.

“In questi giorni – scrive Giannakou su Instagram – ho vissuto diversi momenti forti, sensazioni che mai avrei pensato di poter provare, che nessuna impresa nella giungla, nel deserto o in aree ghiacciate mi ha mai permesso di vivere. Il mio regalo più grande è stata l’amicizia con Elefhterìa. Mi è stato chiesto se siamo felici di essere stati i primi a raggiungere la cima più alta dell’Olimpo. La vera felicità non è tanto il fatto che siamo stati i primi a giungere in cima, quanto il sapere che, così come abbiamo fatto noi, lo potranno ora fare anche altri”.

“Sono dovuto salire 50 volte sull’Olimpo per comprendere veramente che una vetta è solo una vetta e che quello che contano sono le persone che camminano con te, specialmente in cammini difficili come questo. Le medaglie che ho conquistato non sono niente di fronte a quello che ho potuto vivere con Elefhterìa. La ringrazio per avermi dato l’opportunità di diventare una persona migliore e per ricordarmi quello che tutti noi spesso dimentichiamo: che dobbiamo vivere la vita senza paura”.