CoviDiaries: Fotografica a Bergamo racconta la pandemia. E cerca nella crisi “semi di opportunità”

Di tutto restano tre cose: la certezza che stiamo sempre iniziando, la certezza che abbiamo bisogno di continuare, la certezza che saremo interrotti prima di finire. Pertanto, dobbiamo fare dell’interruzione un nuovo cammino, della caduta un passo di danza, della paura una scala, del sogno un ponte, del bisogno un incontro.

Fernando Sabino (scrittore portoghese)

Ci sono i medici, bardati come astronauti, che attraversano di corsa i corridoi dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Ci sono i volontari che costruiscono l’ospedale della Fiera. Le persone che osservano silenziose le strade vuote dalle finestre durante il lockdown. Ci sono le scritte sui muri: “Forza Italia, resilienza”. Ci sono le Messe in streaming, gli striscioni esposti sui balconi. Il festival Fotografica a Bergamo quest’anno racconta la pandemia con uno sguardo lucido, rigoroso, talvolta crudo. Una narrazione che si accende a volte di speranza, come nella “costellazione” costruita all’esterno dell’ospedale cittadino. 

Ogni fotografia rappresenta una prospettiva, uno sguardo, e allo stesso tempo è una traccia del percorso che ognuno di noi potrebbe fare per dare senso a ciò che sta accadendo. “Un racconto – spiegano gli organizzatori – che colpisce come un pugno nello stomaco perché è reale, perché ci appartiene, perché è vicino. Le esposizioni sono all’aperto, in modo da poter essere visitate in piena sicurezza. In Piazza Vittorio Veneto, nel centro cittadino, ci sono “Le nostre vite sospese”, trenta scatti che in ordine cronologico ripercorrono la vita di persone comuni dal 24 febbraio, dai primi provvedimenti di chiusura per la pandemia, fino al 3 giugno, quando il coronavirus aveva finalmente allentato la morsa.

È strutturata come una costellazione, fatta per essere segno di speranza a partire dall’allestimento “Faccia a faccia con il virus” l’esposizione all’Ospedale Papa Giovanni XXIII, con i 16 scatti che entrano nei reparti di terapia intensiva, mostrano i sopravvissuti e il personale medico. Cartelloni di grande formato poste sotto la grande pergola esterna dell’ingresso principale della struttura (Torre 5). Ha preso nome dalla costellazione del Caduceo, detta anche “costellazione del medico” trasformandosi in una grande volta celeste, nella quale sei grandi stella formano una freccia. È “un omaggio al lavoro dei tanti operatori sanitari che nonostante turni massacranti, giornate infinite e un virus che ancora oggi non desiste, non hanno mai smesso di impegnarsi nella lotta al Covid-19 e l’hanno affrontato con dedizione, sacrificio e grandissima responsabilità”. Gli scatti esposti fanno parte del progetto “CoviDiaries”, in mostra per la prima volta a Bergamo, una selezione dei lavori dell’agenzia milanese Parallelozero.  “Il nostro modo di vivere – scrive il fotografo Sergio Ramazzotti -, le nostre abitudini, la nostra scala di valori. E il senso di parole che in un passato recente sono state usate e spesso abusate fino a risuonare come mantra un po’ vacui, ma che nei mesi del lockdown e in quelli della ripartenza hanno assunto un significato straordinariamente profondo: sostenibilità, inclusione sociale, economia circolare, solidarietà. Ogni crisi contiene il seme dell’opportunità. La pandemia ha imposto all’umanità di pagare un duro prezzo, ma l’ha anche costretta a un cambiamento radicale, a trasformare in azioni concrete i concetti espressi da quei mantra: il futuro ci dirà fino a che punto saremo stati in grado di cogliere le opportunità offerte da questa crisi per migliorare in modo permanente le nostre società e il pianeta che abitiamo. Il presente però ci ha rivelato qualcosa sul nostro Paese. Come è sempre stato nel momento del bisogno, lo abbiamo visto mettere in campo la sua insuperata creatività, la flessibilità e la capacità di reagire. Nonostante il lockdown, lo abbiamo visto continuare a produrre e lavorare per garantire i servizi essenziali, mentre il personale sanitario si prodigava fino allo stremo negli ospedali. Ogni giorno I fotogiornalisti hanno raccontato tutto questo: la cronaca quotidiana di un Paese colpito duramente come pochi altri al mondo, ma che come pochi altri ha saputo rimboccarsi le maniche e affrontare l’emergenza”.