Un Comitato di Liberazione Nazionale contro il Covid

Strane somiglianze tra un lontano Medio Evo e l'oggi del Covid-19

Dopo l’accordo di Verdun dell’843 tra gli eredi di Ludovico il Pio, figlio di Carlomagno, l’unità politica carolingia si frammentò. Si aprì un periodo che gli storici qualificano come “anarchia feudale”. I tre eredi governarono per breve tempo i tre distinti regni d’Italia, Francia e Germania, ma negli ultimi vent’anni del secolo la Germania e l’Italia caddero in uno stato di disordine e di conflitti tra duchi, principi, potentati, vassalli, valvassori, valvassini… Il Papato stesso finì nelle mani grifagne della potente nobiltà romana.

Oggi come 1200 anni fa.
La guerra fra il Re e i vassalli

Se facciamo un agile salto di oltre mille e duecento anni… il quadro italiano è straordinariamente simile.

Scriveranno gli storici: alla prova dell’ennesima peste, il Re, occasionalmente chiamato Giuseppe Conte, emanava “grida” spagnole – e qui facciamo un salto all’indietro di quattrocento anni – ma i venti Ducati locali, detti anche Regioni, vi obbedivano a singhiozzo. Oppure, a loro volta stilavano altre “gride”. D’altronde, le leggi avevano affidato a ciascuna delle Regioni il diritto di costruire un proprio sistema sanitario, per un totale di venti.

La seconda ondata di Covid? “La vede solo il governo,
sentenziò a fine giugno il noto valvassore Salvini”

Il suddetto Giuseppe Conte disponeva di una sua Scuola palatina, piena di saggi e dotti scienziati, che tuttavia aveva trovato a fatica e con ritardo una risposta univoca alla domanda se la nuova peste fosse sostanza o accidente. Alla fine fu sostanza. Sostanza, come tale ben lungi dall’essere transeunte.

Ma i sudditi-cittadini, a loro volta, che avevano tollerato a malincuore i coprifuoco decisi dalle Autorità nazionali e che i duchi locali avevano spesso subito, obtorto collo, incominciarono a pensare che il Covid fosse solo un accidente di passaggio tra l’inverno e la primavera. Con l’estate, “liberi tutti”!

Qualche saggio e anche il Ministro della peste mettevano vanamente in guardia circa i pericoli di una seconda ondata.

“La vede solo il governo!”, sentenziò a fine giugno il noto valvassore Salvini, da tempo in guerra elettorale per il trono.

Ma chi poteva fermare gli Italiani, allegre cicale estive? Non il governo. Perché i governi sono democratici, a quanto pare, non se si assumono le impopolari responsabilità di governo, ma se assecondano domande, “diritti”, capricci dei sudditi: infatti la posta in gioco suprema è quella di vincere la prossima campagna elettorale o di impedire che gli avversari instaurino un fascismo di ritorno.

Una rete per il tracciamento dei contagiati?
“La Ministra non la vuole, perché il 75% degli insegnanti non è in grado di praticarla o non la vuole fare”

Perciò il governo si è dedicato all’afflusso abbondante delle mascherine e ai banchi con le rotelline, ma per nulla a creare una rete per il tracciamento dei contagiati, per nulla a formare gli insegnanti per la DAD, che sta tornando inevitabile. La Ministra non la vuole, perché il 75% degli insegnanti non è in grado di praticarla o non la vuole fare. Neppure i sindacati del pubblico impiego la amano.

D’altronde, nei mesi post-lockdown, guai a chi osasse sussurrare che la talpa del Covid-19 continuava a scavare. Veniva accusato di procurato falso allarme, di uso politico dell’emergenza, di comprimere le libertà democratiche.

Roberto Formigoni ha appena scritto di “decreti dittatoriali”. Nicola Porro paragonava Conte a Erdogan. La Meloni parlava di dittatura sanitaria. Zangrillo: il virus è morto!

Il fatto è che chi si è opposto in Parlamento e nei media alla prosecuzione di misure severe aveva dietro di sé fasce rilevanti di consenso pubblico. Confluiscono nel rifiuto della mascherina, del confinamento, delle restrizioni e dell’autodenuncia del contagio antiche italiche pulsioni: una sfiducia profonda nello Stato, nella politica, nel governo, persistenti tendenze anarco-populiste, l’ostilità ad ogni misura che mi tocchi direttamente  – è la sindrome “not in my backyard” –. Il conflitto tra i pochi emergenzialisti e i molti lassisti si è riflesso in tutte le forze politiche e dentro tutti i circuiti istituzionali, in primo luogo nel Parlamento, roso all’interno dal Covid-19, in quello dello Stato-Regioni e dentro i partiti, che tengono in piedi il governo. Quanto a quelli di opposizione, oscillano tra la richiesta di pieni poteri, quando stanno al governo, e la difesa del lassismo anarchico, quando stanno all’opposizione.

Ed eccoci qua, mentre ci andiamo infilando dentro una nuova tragedia, con centinaia di morti ogni giorno. 

Vie d’uscita, visto che la speranza sta diventando un imperativo categorico? 

Il coraggio di dire la verità e il coraggio di decisioni forti

Il primo atto necessario è raccontare la verità al Paese, la verità sulla condizione socio-economica del Paese di fronte al Covid-19. La mediocre furbizia di centellinare la verità per centellinare la paura ha generato prima leggerezza e adesso panico. Il guaio è che il governo Conte non ha la forza di dire la verità né di trarne conseguenti decisioni di governo, sia perché diviso al suo interno sia perché assediato dall’esterno da un’opposizione che gode di molto consenso e che fa il gioco del doppio gioco: ha osteggiato il governo, quando tentava anche solo qualche timida restrizione della libertà di movimento e ora lo accusa di non aver preso sul serio l’emergenza. I partiti pensano ad altro: il Pd di Zingaretti usa l’emergenza per firmare un patto di legislatura con il M5S; Salvini e Meloni per vincere le prossime elezioni.  

Il coraggio di raccontare la verità non può che nascere nasce da un patto civile e politico, da un patto costituente, un CLN contro il Covid per salvare il Paese.

Il patto costituente ha due implicazioni.

La prima, da subito: un governo di unità nazionale.

E’ stato invocato più volte nel corso degli anni ’70, da Piazza Fontana in poi, e si è tentato di costruirlo con i governi di unità nazionale. All’epoca, l’appello all’emergenza nasceva dall’interno di un sistema politico bloccato, che percepiva la propria impotenza, pur disponendo di una maggioranza di governo. Ora l’emergenza è arrivata, devastante, mentre la maggioranza è debole e traballante. Il Covid è stato ed è un evento cognitivo, emotivo, socio-economico violento, che ha sconvolto in poche settimane e per gli anni a venire, le nostre vite, la nostra economia, le nostre relazioni, gli assetti geopolitici globali. Non c’è ragione perché la comunità nazionale non si impegni ad affrontarlo insieme.

La seconda implicazione: un riassetto delle istituzioni, dei partiti, dell’amministrazione.

La storia insegna che il tempo delle grandi fratture e delle tragedie è il più favorevole e il più cogente per la costruzione di nuovi patti costituzionali. Si possono solo ricordare, qui, quelli statuiti nel secondo dopo-guerra in Europa, quello della Francia del 1958 e quelli dei Paesi post-comunisti dopo il 1989.

“il Re, occasionalmente chiamato Giuseppe Conte,
emanava ‘grida’ spagnole”

L’Italia ha pagato e sta pagando all’anarchia feudale un prezzo altissimo in vite umane, in povertà e diseguaglianze crescenti, in decrescita. Le linee del tempo della politica, delle istituzioni e dell’amministrazione e quelle della società, dell’economia e della vita sono sempre più divergenti. 

Prima di arrivare ad una decisione sanitaria qualsiasi, il governo deve consultare tutti gli interessi sociali coinvolti – le forze sociali i medici, i sindacati, gli ordini professionali – i Sindaci, le Regioni, le delegazioni dei partiti di maggioranza all’interno del governo, le forze di opposizione – e poi ottenere l’approvazione del Parlamento, che prima o poi, anche usando i Decreti – oggi DPCM – deve comunque arrivare entro sessanta giorni. Una volta approvata la decisione, viene il brutto. Per renderla operativa occorre emanare decine di circolari e di regolamenti attuativi. E qui si impatta con l’alto funzionariato ministeriale e con l’inerzia dell’Amministrazione pubblica. Così si spiega, per stare sul Covid, perché i soldi stanziati non sono riusciti in questi mesi a tramutarsi in tracciamenti e terapie, in macchinari, infermieri, medici, padiglioni per terapie intensive…

E intanto i contagi aumentano, la gente muore, la rabbia si gonfia, la democrazia indecisa a tutto va in rovina nelle coscienze.  

L’attuale assetto istituzionale favorisce, quale che sia il governo, l’infausta convergenza tra l’anarchia individualistica e corporativa degli interessi, che politici, intellettuali e giornalisti difendono in nome della difesa della libertà e della privacy, e la debolezza dei decisori. E così l’Italia si aggira in uno spazio desolato, a metà tra Caporetto e Vittorio Veneto, e in un tempo di nessuno, tra un 8 settembre e un 25 aprile. 

  1. Sempre splendido Professore. Ma oggi non è il tempo delle personalità pensanti ed operanti per il bene comune. I politici di quel tempo erano di altra qualità e stazza. Quelli di oggi li ha ben descritti Lei. Mala tempora currunt.

  2. Amena ma altrettanto interessante la rappresentazione del dramma che stiamo vivendo, Cominelli ha individuato le cause e ha suggerito anche qualche soluzione. Tutto presuppone che tutti facciono e si impegnino al massimo nel loro mestiere. L’ informazione insieme ai vari scienziati, quelli noti già prima del Virus hanno continuato a dare il loro contributo, senza avere la smania dell’apparire ma rimanendo nell’ambito delle loro consolidate esperienze, altri invece dovevano farsi conoscere per diventare famosi, affermando un giorno una tesi e il giorno dopo il suo esatto contrario.. e spesso creando disorientamento tra i cittadini, li ho collocati insieme all'””informazione”” – doppie virgolette – perchè tra di loro, soprattutto nei talk c’era e continua una santa alleanza… Forse il Presidente del Consiglio avrebbe dovuto richiamarli all’ordine e forse pure la Magistratura avrebbe potuto aprire qualche fascicolo… la Lombardia ha mostrato la sua fragilità, il privato non è sempre bello, in molte occasioni è prevalso il maggior valore aggiunto, il cliente piuttosto che il cittadino utente. I politici e i dirigenti – loro emanazione – non sono stati all’altezza e per salvarsi si sono nascosti rimpallandosi responsabilità o raccontando bugie. Sarebbe stato più onesto, ammettere gli errori. Penso che questa tragedia abbia inciso molto, nella nostro modo di vivere, forse modificherà anche la gerarchia dei valori, la politica è latitante, fa le battaglie sulle commissioni di inchiesta, ma non pensa affatto che varrebbe la pena di pensare ad una nuova stagione costituente sulla salute, sul sociale partendo dai territori, riscoprendo il valore dell’essere comunità cristiane. Un abbraccio a tutti quelli che si sono spesi e continueranno a farlo a rschio della loro salute, prima osannati e poi dimenticati.

  3. Una sola differenza, fra il Medio Evo,(mi pare che in brutalità, arroganza e violenza, non abbiamo fatto grandi passi in avanti), e i giorni attuali che brutalmente ci buttano in faccia le nostre inettitudini, è che dall’essere analfabeti per il 99% ma che la vita dava insegnamenti, all’essere tutti scolarizzati, alcuni molto eruditi, ma che di fondo emerge una cultura di “suddito”, che non ci porta ad essere meno ignoranti e in cui la tecnologia fa la parte del “Re”! Purtroppo sarà sempre peggio e saremo sempre più schiavi di un sistema mondiale, la cui mentalità è quella che ci deve essere sempre qualcuno che ci deve indicare cosa dobbiamo fare! La responsabilità di ciascuno porterebbe, senza tanti divieti o imposizioni, a prendere atto, e per autocensura, ciò che diventerebbe inevitabile comunque! Forse, quelli che hanno ora la responsabilità di governarci, ancora non l’hanno capito e per contrasto ci troveremo a dover combattere una guerra che è innescata dalla “inadeguata capacità” nei ruoli, e che il popolo ancora non ha capito di esserne stato solo lo strumento attraverso il quale i più deboli non possono alzare la testa rimanendo sempre di più nel pantano della ” dittatura democratica”!

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