Il 2 novembre e i molti morti da ricordare

Un giorno dei morti particolare, quest'anno

E’ appena passata la festa dei morti. Quanti morti da ricordare quest’anno! Ma non credi che uno dei drammi del Covid è anche quello di aver rotto il rapporto personale di ognuno di noi con i morti? Con tutti quei morti, i “nostri morti” sono un po’ meno nostri. Riccardo

Caro Riccardo, quest’anno il ricordo e la preghiera per i defunti assumono un significato particolare per la nostra terra così duramente provata da tante morti, e che vive ancora la sospensione per la presenza attiva del virus.

La pandemia ci fa paura

Se non siamo superficiali o neghiamo la realtà, la ripresa della pandemia ci preoccupa. Coloro che hanno sofferto per la perdita repentina di un congiunto, un familiare o un amico, portati via da quel “nemico invisibile” senza aver potuto celebrare i riti dolorosi, ma profondamente umani, e perché no anche divini, del distacco, stanno vivendo la rielaborazione del lutto: tempo delicato che chiede aiuto, sostegno e preghiera.

Le immagini tragiche dei carri militari che portavano le salme
fuori Bergamo per essere cremate tornano, anche in questi giorni

Altri, che non sono stati provati personalmente dalla morte dei “nostri” cari, hanno però vissuto le restrizioni e la tragedia dell’azione del Covid, assistito alle immagini sconvolgenti dei camion militari che portavano ovunque le bare di tanti fratelli.

Ciascuno si è trovato di fronte alla realtà della morte in maniera diversa, ma tutti, spero, provocati a porsi domande esistenziali e ad entrare in dialogo con questa “nemica”, affinché, da ostile, potesse diventare un po’ più sorella.

Penso certamente che i nostri morti, come tu dici, siano “nostri”, perché l’affetto, l’intimità, la profondità delle relazioni, la vita condivisa negli anni hanno fatto di questi legami “qualcosa” di unico e indimenticabile che travalica lo spazio e il tempo.

Ma non sono solo i nostri. L’esperienza della pandemia ha provocato una morte collettiva dove, al di là dei legami, le vittime conosciute o sconosciute sono divenute prossime, e tutti ci siamo ritrovati a pregare e a piangere per quei nomi e quei volti che ogni giorno riempivano le pagine del quotidiano locale. Si è creata una solidarietà collettiva che ci ha uniti e smosso energie e gesti di solidarietà, vicinanza e cura, che ci ha risvegliato dalle chiusure, dagli egoismi e dal pensare solo al nostro piccolo orticello. Abbiamo sperimentato una comunione vera con i vicini e i lontani, perché il dolore di qualcuno è diventato il dolore di tutti, di una città e di un paese, e quei morti sconosciuti sono divenuti a tutti vicini. Il legame con il proprio caro defunto non si è “rotto”, ma si è trasformato, quale seme fecondo che muore per dare frutto, per dilatare, allargare gli spazi del Regno di Dio nel mondo.

La consolante realtà della “comunione dei santi”

Questa esperienza dolorosa ci porta a vivere una delle realtà consolanti della nostra esperienza di fede cristiana, purtroppo ormai un po’ dimenticata: la comunione dei santi. Essa ci ricorda che non siamo soli, ma esiste una comunione di vita tra tutti coloro che appartengono a Cristo, una comunione con Dio che si prolunga con quella dei i fratelli. Essa va al di là della vita terrena, va oltre la morte e dura per sempre. Questa unione fra noi continua nell’altra vita e, grazie a Cristo risorto, è destinata a trovare la sua pienezza nella vita eterna. C’è un legame profondo e indissolubile tra quanti sono ancora pellegrini in questo mondo, fra noi, e coloro che hanno varcato la soglia della morte per entrare nell’eternità: tutti formiamo una sola grande famiglia! Il ricordo dei nostri cari defunti e di tutti i defunti rinnovi in noi la memoria grata dei legami familiari e di comunità e ci apra alla preghiera di suffragio per loro che ora sono in cielo.

Nonostante la ripresa della pandemia,
molta gente ha fatto visita ai cimiteri

Accresca in noi, soprattutto in questo tempo di prova, la consapevolezza di essere popolo in cammino, bisognoso di tutto e di tutti; donne e uomini capaci di vivere in comunione con gli altri perché hanno a cuore la sorte dei fratelli e vivono il desiderio che la vita sia buona per tutti: è l’eredità che possiamo lasciare in nome dei nostri morti. La parola che sale dai nostri cari defunti è il grido della nascita di una nuova umanità che spera in un futuro più umano, in un futuro trascendente senza fine, che porti a compimento ogni esistenza.

È invito ad “abbracciare la croce del Signore, trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare.

Trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possiamo sentirci chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità e comunione. Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e a custodire. Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e da speranza” e che nell’Amore, rende i nostri defunti vivi tra noi.”.