La problematica libertà “alla francese”

Dopo l'attentato di Nizza

Ogni atto di violenza, soprattutto nella forma di un attentato che toglie la vita a persone innocenti, è un atto di crudele barbarie e, come tale, va condannato. Se già è da condannare ogni forma di vendetta, perché nemmeno il colpevole va fatto oggetto di vendetta, ma su di lui va piuttosto invocata la giustizia (pensiamo alla vicenda descritta in Genesi dei fratelli Abele e Caino), ancor più grave è quando si colpiscono gli innocenti.

Perché la Francia

Questa premessa mi è necessaria per introdurre il mio pensiero senza che esso possa essere mal interpretato, conducendolo a difendere l’indifendibile. Mi sono posto questa domanda: come mai la maggior parte di questi attentati avviene in Francia? Perché proprio nella terra che vede nella Liberté, Égalité, Fraternité i suoi principali valori?

La vignetta di Erdogan che ha provocato ampie polemiche internazionali
(particolare)

Possono esserci molteplici risposte a questa domanda. Tuttavia, personalmente, io trovo il concetto di “libertà” come viene declinato abitualmente in Francia assai problematico e credo, in definitiva, questa criticità si ripercuota poi, inevitabilmente, anche sulla fratellanza e l’uguaglianza.

Un esempio su tutti mi aiuta ad esprimere quanto voglio affermare. Pensiamo alla satira del periodico Charlie Hebdo. Dal mio punto di vista, essa non rende per nulla onore alla satira francese, perché caratterizzata da una proposta fondata sulla volgarità, sull’offesa delle persone e di ciò che ne caratterizza la vita (religione in primis…: non tutti sono atei, anche nella laicissima Francia!), facendo leva su quel “diritto di blasfemia” che la legge riconosce e che, in occasione del funerale di quel professore ucciso per aver mostrato in classe vignette sull’Islam, il presidente Macron ha ribadito come diritto fondamentale.

Ora, qual è questo concetto di libertà? È la libertà di dire e fare ciò che voglio, decidendo che dell’altro, del suo pensiero, della sua fede, non me ne importa nulla, perché il criterio di tutto sono io, la norma a me stesso sono io?

Io resto per la saggezza, esposta da tanti grandi nella storia, per la quale la mia libertà termina dove inizia quella dell’altro: ho il dovere di rispettare l’altro, se voglio il diritto di essere rispettato. Senza dovere, non c’è diritto.

La libertà di sbeffeggiare tutto. La reazione del cristiano e quella del musulmano

Ricordo ancora con particolare dolore quella vignetta di qualche anno fa, blasfema fino ad essere vergognosa, nella quale la Santissima Trinità, che per i cristiani è Dio, veniva rappresentata come un atto sessuale omosessuale tra le Persone che costituiscono la Trinità stessa. E, questa, era una vignetta di Charlie Hebdo. Ora, un cristiano è ferito da un’immagine così, ma, da buon cristiano, oltre a pregare per chi senza ritegno offende la fede delle persone (e questo non può essere un diritto!!), si limita a denunciare l’offesa e a cercare un dialogo con chi può stabilire che queste cose non accadano, nel rispetto della libertà di pensiero e di confessione religiosa di tutti, che non può trasformarsi in “libertà di offesa”.

Le vignette di Charlie Hebdo sono spesso ferocemente antireligiose

E se invece a vedere la vignetta, che vede rappresentato in modo blasfemo Allah o Maometto, è un islamico appartenente a una frangia estremista, ci stupisce che costui prenda un coltello e vendichi l’offesa al suo Dio seminando morte? Su questo, attenzione, è troppo facile dire (per non assumersi le proprie responsabilità) che tanto, prima o poi, anche senza subire provocazioni una persona così avrebbe compiuto questo gesto comunque, che la vendetta non è mai lecita, che non va sparso sangue innocente.

Certo, la vendetta è disumana e spargere sangue innocente è abominio per ogni tradizione religiosa (anche l’Islam non radicale), ma vogliamo dirci con onestà che quando si provoca volutamente e in modo pesante, non si può poi lamentarsi della reazione che si ottiene (e a pagarla poi, spesso, è chi nemmeno ha provocato)? Non capire questo sarebbe come dar colpa alla tigre che azzanna il turista che, sceso dalla jeep durante un safari, si avvicina alle tigri e si mette a imitarne il ruggito…: certo, poteva essere aggredito comunque, ma se non se la andava a cercare… Ecco, qui credo sia necessario riflettere:

un concetto di libertà che non preveda quel “limite” che è dato dall’esistenza della libertà dell’altro, del diverso da me, inevitabilmente conduce a una deformazione della libertà stessa, rendendo fondamentalmente impossibile lo strutturarsi di una società che sappia vivere la fratellanza e l’uguaglianza tra le persone.

Abbiamo proprio bisogno, lo dico con forza anche agli amici francesi ai quali rinnovo la mia vicinanza, soprattutto alle famiglie delle vittime che hanno pagato per colpe non loro, di ricordare la saggezza di quel proverbio antico che diceva: “Chi è causa del suo male, pianga se stesso”.