La forza di chi non risponde all’odio

Dopo gli attentanti dei terroristi islamici

L’attentato di Nizza, poi quello di Vienna… E da molti illustri rappresentanti delle gerarchie cattoliche viene l’invito a non rispondere all’odio con l’odio. Ma non so fino a che punto l’invito verrà raccolto. I grandi valori cristiani, mi sembra, sono sempre più dimenticati e i cristiani sono nel mondo un mondo a parte che non è capito e ascoltato. Sono troppo pessimista? Giulio

Non rispondere all’odio con l’odio è difficile, difficilissimo, caro Giulio! Per il cristiano, tuttavia, non può esistere altra strada che questa, l’unica che porta alla vita. Apparentemente può sembrare una sconfitta, ma, al contrario, costituisce la più grande vittoria. Se, infatti, è istintivo rispondere con violenza alla brutalità di alcuni atteggiamenti, porre gesti di pace e di riconciliazione è frutto di una scelta libera, coraggiosa, indice di fortezza d’animo. 

La difficoltà del perdono

Quando l’odio insensato si abbatte su di noi, straziandoci le membra, come è avvenuto negli assurdi attentati dei giorni scorsi, è necessario non rispondere con la stessa moneta, per non innescare violenza su violenza.

Papa Francesco ha ribadito la necessità
di rispondere col bene al male

Auspichiamoci che l’invito di papa Francesco, dei vescovi e dei rappresentanti delle gerarchie cattoliche venga raccolto e messo in pratica a cominciare dalle piccole situazioni quotidiane che ci offrono preziose occasioni per donare e accogliere il perdono. 

Le piccole “scaramucce” di ogni giorno, infatti, hanno spesso il potere di portare subbuglio nella nostra interiorità inducendoci, almeno con la fantasia, “a ricorrere a piccole vendette”; sappiamo che il cuore umano è veramente un mistero: toccato dalla grazia diviene capace di gesti eroici, mentre lasciato in balìa dei propri istinti diviene, ovunque, seminatore di morte. 

s. Francesco e il perdono come grazia

Persino san Francesco d’Assisi, nella “Parafrasi al Padre nostro” riconosce la difficoltà di offrire il perdono alle offese ricevute e ne chiede a Dio la grazia: «E quello che non sappiamo pienamente perdonare, Tu, Signore, fa’ che pienamente perdoniamo, sì che, per amor tuo, amiamo veramente i nemici e devotamente intercediamo presso di te, non rendendo a nessuno male per male e impegnandoci in te ad essere di giovamento a tutti».

“Tu, Signore, fa’ che pienamente perdoniamo, sì che,
per amor tuo, amiamo veramente i nemici”
(s. Francesco)

A causa della violenza delle passioni disordinate che si agitano nel nostro cuore, fatichiamo a perdonare coloro che ci fanno del male; con estrema leggerezza “gettiamo la spugna”, senza nemmeno aver tentato di chiedere aiuto a Dio. Vivere il Vangelo, però, non è frutto di volontarismo, ma di una vita interiore profonda e di una comunione profonda con il Signore Gesù. 

È questo il segreto per una vita cristiana autentica! Se, infatti, il perdono, come tutti i valori cristiani, sono privati della loro forza trainate che è la relazione con il Signore, perdono vitalità e fecondità. 

Vivere in relazione con Lui è imprescindibile per un battezzato ed è il cuore di una esistenza moralmente buona, riuscita, nonostante la persecuzione o l’esclusione sociale. 

I cristiani non sono “fuori dal mondo”

I cristiani, tuttavia, non sono, nel mondo, un mondo a parte, – come scrivi – né sono chiamati ad esserlo; al contrario essi sono o dovrebbero essere bene incarnati, inseriti a pieno titolo nelle vicende della storia, della vita sociale, politica ed economica, per trasformarle “dal di dentro” come il lievito trasforma la pasta. 

La vocazione e la presenza dei credenti in Cristo nel mondo non è quella del successo pastorale, delle grandi assemblee, né dei grandi raduni o dei grandi numeri, ma è soprattutto quella del “piccolo resto”, del “seme di senape” che seminato nell’orto cresce a dismisura tanto che diventa più grande di tutte altre le piante.

La storia contemporanea ci sta aiutando, provvidenzialmente, a comprendere questa nostra vera vocazione! Lasciamoci sempre provocare e interrogare da quanto accade e non temiamo di dare, nel nome del Signore, la nostra coraggiosa e coerente testimonianza di fede.