Pare sia il nuovo slogan che accompagna, come una hit parade dei tormentoni estivi, questi giorni che ci preparano all’inizio del tempo di Avvento: “Salviamo il Natale”.
Salvare il Natale da chi e da cosa?
Già l’espressione mi crea difficoltà. Salvare il Natale? Da chi? Da che cosa? E, soprattutto, quale Natale dovremmo impegnarci a salvare? Per me, cristiano, il Natale è la nascita di Gesù Cristo, la nascita del Salvatore. Dovremmo quindi noi salvare il Salvatore, ossia Colui nel quale siamo salvati? Bah, mi sembra che siamo completamente fuori strada. Il Natale, almeno quello cristiano, non ha bisogno che alcuno lo salvi. Se il 25 Dicembre, che per i cristiani è il giorno del Natale del Signore, ci sarà qualcuno che, riunendosi nel nome di Gesù, celebrerà l’Eucarestia, quella sarà la celebrazione del Natale del Signore. Altro non serve.
Forse quelli che devono impegnarsi a salvarsi siamo noi. In questo momento delicato, la salvezza della salute nostra e degli altri siamo noi. Saranno vacanze di Natale diverse, lo sappiamo. Eppure, ci daranno la possibilità di vivere il Natale per ciò che autenticamente è. Nel Natale, Dio si mostra come Padre che dona al mondo il Figlio, nell’Incarnazione; e, nel Figlio, noi siamo figli e tra noi fratelli. Da tempo non abbiamo una possibilità come questa per vivere il Natale da fratelli. Non ci saranno cene e pranzi con tante persone, ma potremo goderci le nostre famiglie, prendendoci una pausa dalla frenesia che caratterizza i nostri giorni.
Potrebbe essere un Natale più fraterno
Non solo, ci sarà la possibilità di fare del bene a tutti, senza strafare, ma semplicemente non facendo ciò che può nuocere a qualcuno. La fraternità che il Natale ci consegna da vivere risiede anche in questo, perché il primo modo di fare il bene è quello di evitare di fare il male. Dovremo essere bravi, evitando situazioni che possono permettere a quel Coronavirus che sta diventando pesante, dopo tanti mesi (ormai, quasi un anno!), di continuare ancora per molto a darci noia.
Un operatore del settore mi raccontava che ha già ricevuto molte prenotazioni per sci, snowboard, ecc.: ecco, questo non è da fare! Io spero che chi governa provveda a promulgare leggi e decreti su questo aspetto, perché dove il buon senso della gente non arriva, deve arrivare la legge e devono arrivare controlli severi. Non si dovranno aprire gli impianti sciistici, non possiamo permetterci l’egoismo di chi dice: “Apriamo per un mese, guadagniamo e poi, se dovremo stare in zona rossa due mesi perché riprendono i contagi, pazienza…”. Capisco perfettamente la fatica, comprendo la necessità di lavorare e il fatto che, per chi lavora nel settore turistico, come in quelli relativi alle case vacanze, ai ristoranti ecc., non aprire significherà avere una perdita importante. Su questo, sarà fondamentale che il governo e le istituzioni sul territorio mettano in campo ogni sforzo possibile per aiutare i settori dell’economia più in difficoltà.
Tuttavia, non possiamo permetterci di far ripartire i contagi, aumentare i morti, tornare a rischiare il collasso di ospedali e terapie intensive. Occorre un atto collettivo di coscienza, per il bene di tutti. Natale è anche questo! Piuttosto, possiamo vivere uno spirito natalizio non fasullo e all’insegna del finto buonismo, che termina già il 26 dicembre, mettendo in atto gesti concreti di aiuto. Mi piace molto l’idea, per chi ama fare regali a Natale, di acquistare dai negozi presenti sul nostro territorio, come la scelta di ricorrere all’asporto, così che tutti i ristoranti delle nostre comunità possano lavorare. E non dimentichiamo i poveri: penso all’iniziativa della “spesa sospesa”, ossia la possibilità di lasciare una quota o una spesa fatta presso quegli enti che si preoccupano di farla pervenire a chi non ha la possibilità di comprare e fatica a mantenere la famiglia. Abbiamo tanta possibilità di fare del bene, di vivere nella concretezza lo sporcarsi le mani nella storia ferita dell’uomo, come ha fatto Dio con l’Incarnazione. Nonostante tutto, possiamo vivere un buon Natale, bello e vero.