Imane, volontaria al Centro d’ascolto Caritas di Valtesse: “Da quando c’è il covid le richieste d’aiuto continuano a crescere”

Ha iniziato ad impegnarsi nel centro di ascolto di Caritas quando aveva diciotto anni. È arrivata lì per un tirocinio che le avrebbe permesso di ottenere dei crediti a scuola. Adesso Imane ha ventisette anni ma il suo impegno in Caritas in questi nove anni non è mai venuto meno.

Imane Cherradi è originaria del Marocco ma ormai è uno dei volti più noti della parrocchia di Valtesse. Con il suo servizio al centro d’ascolto in questi anni ha aiutato un sacco di persone: ascoltando storie, creando relazioni, portando aiuti concreti. Dall’accoglienza alla distribuzione dei pacchi alimentari, un servizio che ha sempre svolto da volontaria nel tempo libero tra lo studio (si sta laureando in Lingue orientali all’Università di Bergamo) e il lavoro (in un hotel a Lallio).

Poi è arrivato il Covid. E la pandemia ha lasciato dietro di sé anche un’emergenza economica e sociale. Imane, come gli altri volontari del centro di ascolto Caritas di Valtesse, si è resa conto subito che l’ordine di grandezza dei problemi cui cercavano di portare aiuto stava aumentano enormemente. “Seguiamo diverse famiglie da tempo, ma in questi mesi ne sono arrivate anche moltissime nuove e ci stavamo rendendo conto che con i nostri mezzi abituali non saremmo più riusciti ad aiutare tutti – spiega -. Molti avevano bisogno non solo di cibo ma di soldi per pagare l’affitto e le bollette. Ci chiedevamo: come faremo a risolvere i problemi di queste famiglie? Con le nostre entrate (le offerte raccolte a Messa la prima domenica del mese) sarebbe stato impossibile”.

Da Caritas arriva la notizia del nuovo fondo Ricominciamo insieme. Alla richiesta del parroco don Roberto Cividini di spendersi in questa nuova iniziativa Imane non ha dubbi. “Il parroco doveva scegliere due persone per gestire le domande di accesso ai contributi di questo fondo, ha chiesto a me e Angela, abbiamo fatto il corso online con la Caritas e siamo partite. Abbiamo detto subito di sì perché ci rendevamo conto del fatto che tantissime famiglie avevano bisogno e stavamo proprio cercando un modo per poterle aiutare”.

E infatti le richieste sono subito numerose. “Abbiamo avvisato le famiglie con cui già siamo in contatto per il ritiro dei pacchi alimentari, si sono presentate e abbiamo compilato le domande per quelli che avevano i prerequisiti necessari. Ma sono arrivate anche tante persone che prima non si erano mai rivolte a Caritas: prima avevano un lavoro, stavano bene, si sono trovate dall’oggi al domani senza un’occupazione e con i figli da mantenere. Ad oggi siamo arrivati a 62 famiglie solo di Valtesse”. 

Il primo passo è l’accoglienza. Imane e Angela hanno messo a disposizione i propri numeri di telefono per accordarsi con quanti devono compilare la domanda. Con la delicatezza con cui è necessario intervenire in certe situazioni. “Alcuni, quando gliel’abbiamo proposto, si sono rifiutati di venire a ritirare il pacco alimentare perché si sentono a disagio a venire davanti a persone del quartiere. Io faccio la volontaria al centro d’ascolto da tanti anni, ho visto molte persone ma mai situazioni del genere: avevano vergogna a parlare, a raccontare di sé, erano disperati, non si sarebbero mai aspettati di trovarsi lì”.

L’iniziativa di Ricominciamo insieme è stata secondo Imane provvidenziale. “Mi sono ripetuta spesso: meno male che Caritas ha avviato questo progetto! Noi accogliamo le famiglie, ma ci saremmo trovati senza mezzi o proposte per aiutarle. Adesso invece quando si presentano puoi dire che, se rientrano in certi requisiti, puoi avviare questa domanda”.

Dopo il primo momento in cui si compila la richiesta, volontari e persone indigenti si incontrano una seconda volta. “Ed è la cosa più bella – sorride Imane -, quando arriva la card dobbiamo chiamarli per consegnarla. Vedi la felicità sul loro volto, per loro la card è un sollievo”.

I suoi occhi riflettono questa gioia. Che porta nel profondo del cuore. “Prima di questa esperienza dedicavo meno tempo a Caritas sia perché lavoravo sia perché c’erano meno pratiche da fare qui. Adesso, con il Covid, le situazioni sono peggiorate ma il bello è che si ha la possibilità per aiutarli. Io ho più tempo da dedicare dato che da marzo non lavoro più, ma anche se trovassi lavoro non lascerò il centro d’ascolto: finché riesco vado avanti”.