Catechesi, ricominceremo come prima? Alcune tracce di riflessione

C’è una domanda che attraversa la nostra vita, in qualunque ambito, da quando è iniziata la pandemia: “Ricominceremo come prima?”. È uno spunto per riflettere anche sulle attività delle comunità parrocchiali, a partire dalla catechesi. La pagina dell’ufficio catechistico diocesano offre molti link e indicazioni utili, e tra esse riprendiamo la riflessione di alcuni collaboratori, utile per tutti come punto di partenza per ragionare e costruire un nuovo percorso insieme. Aspettiamo anche le vostre idee e riflessioni per proseguire e approfondire il dibattito.

Questa situazione che abbiamo attraversato ci ha portato anche a riflettere.
È necessario che tra catechisti e sacerdoti ci si ritrovi quanto prima in presenza per condividere il
vissuto di questo tempo; per riflettere insieme sulle convinzioni maturate non solo da un punto
di vista umano, ma anche sul piano della fede.
Noi dell’Ufficio Catechistico Diocesano vogliamo lasciarvi qualche spunto di riflessione da fare
con calma.
1. Innanzitutto è importante raccontarsi sì i disagi dell’isolamento, ma non soffermarsi solo su
questi, piuttosto lasciarsi provocare dalle domande: che cosa stiamo imparando da questa
esperienza per la nostra vita personale? Per la vita della Chiesa e in particolare per le nostre
comunità cristiane? Che cosa è essenziale e non possiamo abbandonare, nell’annuncio? Cosa si
dovrebbe rafforzare e cosa far nascere?
2. Andiamo ripetendo da anni che le famiglie devono stare al centro del nostro annuncio (e
magari qualche volta le abbiamo solo giudicate come non capaci di educare alla fede). Questa
pandemia ce lo ha imposto: niente momento di catechesi per i ragazzi, ci siamo finalmente
concentrati sulle famiglie. Non dimentichiamolo questo: sarà ancora a queste famiglie che
dovremo tendere la mano per una consolazione, per far emergere un lutto, un dolore; ma
anche per raccogliere segni di fede sbocciati inaspettatamente fra le mura di casa, per continuare ad annunciare il Vangelo.
Guardiamo e proponiamoci con fiducia alle famiglie. Con molta speranza, anche là dove forse
non è nato nulla. Anche al sepolcro le donne il mattino di Pasqua pensavano di trovare la
morte. Ma han trovato la vita che non muore.
Certo non possiamo pretendere che i genitori facciano i catechisti al nostro posto. Non sarebbe
rispettoso né del loro ruolo né del nostro né della catechesi. Ma è sicuramente nostro compito,
e questo tempo ce lo ha ricordato, che noi accompagniamo e sosteniamo il prezioso e
insostituibile ruolo di questi adulti genitori di rendere ragione della propria fede in famiglia. La
sfida è questa. Per cui se in qualche cammino di iniziazione la famiglia non è coinvolta, non
attendiamo un’altra pandemia per farlo.
3. Questa situazione ci ha fatto anche capire che la catechesi non può essere solo dottrina,
comunicazione di contenuti spesso con l’ansia del dire tutto, preghiere video solo da ascoltare
e non da recitare. Purtroppo tante volte ancora crediamo che diventare cristiani sia solo
imparare qualche cosa, magari solo a memoria.
L’iniziazione cristiana è un tirocinio di vita cristiana. «L’iniziazione cristiana è un cammino
diffuso nel tempo e scandito dall’ascolto della Parola, dalla celebrazione e dalla testimonianza
dei discepoli del Signore» ci ricorda il documento dei Vescovi “Incontriamo Gesù”. Catechesi
allora, ma non solo… Parola di Dio, gesti, impegni, vita concreta che traduce il Vangelo.
Sarebbe molto bello se nel modo di fare catechesi coinvolgessimo di più i 5 sensi.
4. Essenziale: quante volte in questo tempo e su più fronti questa parola. Siamo stati obbligati
all’essenziale. Papa Francesco sempre in “Evangelii gaudium” ce lo aveva già detto anche
rispetto ai contenuti della fede: è tempo di essenziale. Non ossessionati da una trasmissione
disarticolata di contenuti: è tempo di dire ciò che serve e ciò che conta per ciascuno.
Queste settimane ci hanno imposto di fare delle scelte anche sui contenuti, su ciò che
volevamo annunciare viste le poche possibilità, i pochi mezzi, il poco tempo. Non
dimentichiamo questo criterio quando prepareremo i futuri cammini catechistici. Va scelto
l’essenziale, specie per i ragazzi, tenendo conto di chi abbiamo di fronte.
5. Sacramenti li abbiamo rimandati. Il Vescovo ci ha indicato il periodo autunnale o, a seconda
della scelta di ogni comunità, il periodo più consono per la loro celebrazione, magari anche
l’anno successivo.
Confessiamo che abbiamo anche pensato a un certo punto che non celebrandoli tutto fosse
perduto. Questa sospensione però ci ha dato l’opportunità di capire che la catechesi non è solo
per i Sacramenti: anche se ancora molte volte qualcuno dice: “Vado a catechesi per fare la prima Comunione”. Catechesi, Sacramenti, liturgie, carità sono tutti momenti di un unico cammino che fa diventare cristiani e i Sacramenti sono certo un passo significativo del cammino. Ci dobbiamo chiedere però che valore hanno, che rapporto hanno con la catechesi, e soprattutto riscoprire quel Sacramento che è il vertice del cammino, anche dell’iniziazione cristiana: l’Eucarestia.
Perché riprendono le celebrazioni e i bambini non si vedono? Forse perché non c’è catechesi?
Dovremo insistere di più sul valore di tutti gli aspetti nel cammino.
Qualcuno sta decidendo di spostare di un anno la celebrazione e con questo anche l’età del
sacramento. Può essere, soprattutto laddove è frutto di discernimento, confronto, pensiero tra
sacerdoti e catechisti.
Certo è che ci stiamo sempre più rendendo conto che celebrare un sacramento non è solo
questione di età, ma di cammino di iniziazione davvero svolto sul serio. Il ritmo lo dovrebbe
dare il cammino, non l’età. Come avviene per i catecumeni.
E poi? Celebreremo i Sacramenti ancora allo stesso modo? O l’essenzialità, tanto invocata, si
farà sentire anche in queste celebrazioni rispetto all’esteriorità?
6. La fantasia e la creatività sono state davvero senza pari: ne abbiamo viste un po’ di tutti i colori.
Certo dobbiamo stare attenti: questo tempo ci consegna che non si tratta solo di portare sullo
schermo quello che facevamo prima. E non si tratta solo di faccende del prete. Forse in
questo tempo in tante cose create e inviate ai ragazzi e alle loro famiglie siamo stati troppo
clericocentrici. Ricordiamoci che è compito di tutti i battezzati portare l’annuncio, e non solo
dei preti. La testimonianza reciproca è sicuramente ciò di cui abbiamo molto bisogno oggi.