Classe dirigente cercasi

Una classe dirigente in grado di raccogliere le sfide del tempo presente

“È abbastanza prevedibile che alla fine della pandemia le attuali classi dirigenti, pressoché tutte, lentamente usciranno di scena. Non solo in Italia. Questo è il tempo perché la Chiesa, le università e i “mondi vitali” comincino a seminare e selezionare, perché il dopo sia buono.” 

La sanità da tema di comunità a prestazione d’eccellenza

Così nei giorni scorsi un tweet di Pierluigi Castagnetti, un tempo collaboratore di don Giuseppe Dossetti e ultimo segretario del Partito Popolare Italiano. Come a dire che ciò che è accaduto è stato per certi versi un evento imprevedibile eppure poteva e doveva essere gestito 2diversamente. Compito delle classi dirigenti era di non farsi trovare impreparati.

“Abbiamo accettato lo smantellamento di molti presidi territoriali
in nome di un concetto di salute visto
più nell’ottica della cura che di prevenzione”

Abbiamo visto invece come è andata dalle nostre parti: un sistema sanitario, quello lombardo, esibito come “eccellente” andato in tilt. Non è stato un caso. Come poteva andare diversamente quando il tema della salute è passato, nel corso dell’ultimo ventennio, da tema di comunità, e dunque di salute pubblica, a risposta individuale e prestazione d’eccellenza? Come poteva andare diversamente quando abbiamo accettato lo smantellamento di molti presidi territoriali in nome di un concetto di salute visto più nell’ottica della cura che di prevenzione? Quando supinamente abbiamo taciuto rispetto al definanziamento continuo da parte dei governi (di destra come di sinistra) della sanità in tutte (o quasi) manovre di bilancio?  

Ciò che è accaduto negli ultimi mesi è il frutto di una  classe politica da troppi anni così piegata sul presente da mostrare, in molti casi in modo impietoso, un deficit di pensiero e di visione. Ed è accaduto anche per i nostri colpevoli silenzi e  omissioni. 

Il morbo della semplificazione

Mauro Ceruti sostiene che non bastano risposte tecniche a singoli problemi e che il morbo del nostro tempo è la semplificazione. “Siamo figli dell’abitudine moderna a pensare che cose abbiano una spiegazione semplice. E questa si accompagna alla droga della quantificazione. Dietro i calcoli, le simulazioni, i diagrammi, non si vedono differenze umane. Ma, detto con Foucault, le sofferenze umane mai devono essere lo scarto muto della politica”. Per questo egli ritiene che la metafora della luce in fondo al tunnel non funziona. Perché dà per scontata l’idea che siamo in una parentesi. Che al’uscita del tunnel troveremo lo stesso mondo, seppure impoverito. Dobbiamo invece scommettere in un cambiamento di paradigma.

Un cambiamento di paradigma. Anche per la Chiesa

Tornare a pensare è la prima sfida a cui siamo chiamati. Perché quello che è accaduto nel 2020 sta riscrivendo radicalmente le istruzioni per vivere. E le istruzioni del vivere insieme. E, lo stiamo vedendo chiaramente, ha messo in crisi istituzioni, associazioni, sindacati e chiese. Mostrando, in molti casi, l’inadeguatezza dei gruppi dirigenti.  
Tornare a pensare. Perché, altrimenti, è un girare a vuoto sterile. E intanto cominciare a seminare e selezionare, perché il dopo sia buono.

“Qualcuno ha paragonato questo tempo
al tempo del deserto per il popolo di Israele…”

Tutto questo vale anche per la Chiesa? Credo proprio di sì. Qualcuno ha paragonato questo tempo al tempo del deserto per il popolo di Israele: il disagio nel trovare la strada giusta, la mormorazione contro i capi, la fatica di celebrare il culto. Una gravissima crisi di fede, nella quale però Israele prende coscienza a poco a poco della fedeltà di Dio in quella prova. Una prova estrema che cambia e purifica il rapporto con Dio, rendendolo più “essenziale”
Siamo chiamati ad un discernimento comunitario, non più lasciato solamente ai preti. Discernere insieme per scegliere e custodire l’essenziale della fede cristiana. Meno ansie da prestazione e più pensiero per togliere quello che abbiamo confuso come prioritario e necessario ma che non lo era. Discernere per dare evidenza a ciò che conta davvero, custodirlo e farlo crescere. 
In Matteo 27,39 Gesù racconta che la generazione di Noè non era particolarmente malvagia ma semplicemente incosciente. “Non si accorsero di nulla”. Dunque, morì per mancanza di discernimento. E così morì due volte: nel diluvio e senza sapere il perché. Che non capiti anche a noi.

  1. si potrebbe dire…con il senno del poi, ecc. ecc. ma, sono d’accordo su quanto esplicitato nell’articolo, che tutto è avvenuto per “incoscienza” sì, ma consapevolmente di tirare a campare senza lungimiranze e soprattutto con la pretesa di fare il bene comune! E’ da molti anni che certe “patologie”, politico-sociali, della Chiesa(che come Cattolica è Universale)ecc., sono evidenziate nelle schede di seminari, convegni, e quant’altro possa essere discusso nelle sedi più variegate, ma che alla fine, c’è voluta una pandemia per buttarcele in faccia, violentemente e senza via di ritorno! Ora si dovrà per forze di cose, superare quegli ostacoli mentali che hanno trattenuto il vento della rinascita in una bolla di sapone! La bolla è scoppiata: niente è scontato, e nulla di quello ottenuto prima, potrà essere ristabilizzato a breve! A chi mettere sulle spalle una così pesante eredità? A mio modesto parere sarà necessario una rete globale mondiale su cui basare le regole di sopravvivenza, per poi dettarne altre con una visione di comunione d’intenti per un mondo di pace e fratellanza fra i popoli! “Giustizia e Verità”, Fratelli tutti!

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