Alta Val Brembana, don Andrea Mazzoleni: “Abbiamo riscoperto l’importanza della famiglia”

Lo si continua a ripetere da diversi mesi: la pandemia da Coronavirus, oltre ad aver causato lutto e disperazione, ha portato all’allentamento dei rapporti umani e interpersonali. Un disagio individuale, quello del distanziamento fisico e dell’isolamento, che si è proiettato (e si proietta), ovviamente, anche nella dimensione collettiva, laica, ma anche religiosa. Il Covid, difatti, non ha determinato solo la chiusura di centri sportivi e discoteche, ma ha reso più complicata anche l’attività pastorale delle parrocchie, in particolar modo l’appuntamento della catechesi. Un momento non facile che, però, secondo don Andrea Mazzoleni, alla guida, da poco più di un anno, delle parrocchie di San Martino (Piazza Brembana e Lenna), San Michele (Valnegra) e San Mattia apostolo (Moio de’ Calvi), può spingerci a riflettere sull’importanza dell’essenziale e a ripensare la comunità dei fedeli.

Don Andrea, com’è la catechesi al tempo del Coronavirus?

È forse scontato affermare come, a causa del Covid, pure la catechesi ha subito un brusco mutamento. Gli appuntamenti settimanali, saltati, hanno lasciato spazio, unicamente, alla messa domenicale delle ore 11, da sempre pensata appositamente per i nostri ragazzi e i loro genitori. Messa che, prima del virus, però, contava la partecipazione di tutti i bambini appartenenti alle tre diverse parrocchie, mentre ora, purtroppo, invitiamo i ragazzi della scuola media e quelli più giovani della primaria a vivere l’eucarestia nelle singole comunità di appartenenza. Essendo, quello della domenica, l’unico appuntamento per loro, spiace che debbano viverlo divisi e penso proprio che sia la dispersione la ferita che più di tutte ci affligge.

Anche l’Avvento ne ha risentito?

Se gli anni passati il cammino d’Avvento era particolare e molto personalizzato, anche per merito dei “laboratori liturgici” domenicali, preparati dai ragazzi assieme ai loro catechisti, quest’anno abbiamo pensato di uniformarci completamente al sussidio «Accogliamo la vita…», il percorso per le famiglie, ideato dalla Diocesi di Bergamo. Diciamo che, ultimamente, la messa ha assunto, ormai, una sfumatura più partecipativa e sociale che, fino a qualche mese fa, era sempre stata una prerogativa del catechismo. Si è cercato, quindi, di rendere la celebrazione più accattivante, associando, al tema settimanale della Diocesi, un personaggio del presepe, che i ragazzi dovevano poi disegnare e colorare. Al primo percorso («Quando la vita è attesa…»), abbiamo affiancato la figura dei pastori, al secondo («Quando la vita è prova…»), quella di Giuseppe, mentre alla terza («Quando la vita è testimonianza…»), quella dei magi. Per la quarta («Quando la vita è affidamento…») abbiamo pensato a Maria, mentre Gesù, naturalmente, sarà la figura principale del Natale («Quando la vita è gioia…»). I ragazzi dovranno poi preparare un presepe con i materiali che preferiscono e, dopo le feste natalizie, a gennaio, ci sarà la premiazione dell’elaborato più bello. Anche con i preadolescenti abbiamo utilizzato il sussidio per stimolare la loro fantasia, inaugurando un concorso fotografico: ogni settimana, abbiamo chiesto loro di fotografare, con il cellulare, qualcosa che evocasse il tema suggerito dalla Diocesi: a gennaio premieremo gli scatti migliori. Accanto a queste due iniziative, abbiamo pensato di dar vita, inoltre, a una piattaforma virtuale, sulla quale inserire i cammini delle varie settimane.  

Come è stata organizzata la catechesi degli adolescenti?

La catechesi degli adolescenti si è fermata. La loro attenzione è difficile da catturare e l’unica proposta che avremmo potuto far loro sarebbe stata quella di ideare qualcosa tramite Zoom o comunque via streaming. Ragionando con gli educatori, però, ci siamo detti che non sarebbe stato giusto costringerli a stare davanti allo schermo quando, causa DaD, dovevano già starci da mattina a pomeriggio. Ci siamo detti che un po’ di deserto avrebbe fatto bene sia a noi che a loro. Ovviamente, li invitiamo alla messa domenicale, ma sappiamo bene che molti di loro fanno fatica a parteciparvi. Passato questo periodo di difficoltà, cercheremo di recuperare il tempo perduto. Ad ogni modo, per loro faremo una celebrazione penitenziale settimana prossima.

Cosa ne sarà di comunioni e cresime? 

Nel mese di settembre, abbiamo fatto “full immersion”, se così si può dire, con i ragazzi del catechismo: a ottobre, siamo riusciti a fare comunioni e cresime. Per l’anno prossimo, stiamo prevedendo di celebrare le comunioni nel mese di maggio e le cresime nel mese di ottobre. Se la situazione peggiora, vedremo il da farsi. Durante le vacanze di Natale mi incontrerò con le catechiste per capire se si potrà tornare a lavorare in presenza o se, in caso contrario, si dovrà trovare una soluzione per accompagnare comunque i ragazzi e le loro famiglie nel cammino di fede. 

In un periodo strano e complicato come quello che stiamo vivendo, si riesce a scorgere un orizzonte di senso?


Questa situazione, come ci siamo già detti tane altre volte, ci dice che non dobbiamo dare nulla per scontato, neanche una certa tradizione accomodante che, però, stava diventando sempre più pesante. Quest’esperienza, inoltre, ci fa comprendere ogni giorno quanto sia basilare la famiglia, cuore pulsante di ogni comunità. Se dietro a un cammino, scolastico o di fede, non c’è la presenza costante e solida della famiglia, il bambino si sentirà sempre solo, non completo. Prima del Covid, infatti, la catechesi (o altre attività educative e sociali) riuscivano a tamponare la solitudine dei nostri ragazzi, spesso alimentata da genitori pressoché assenti. Ma ora che certe attività non si possono più fare, la famiglia acquista ancor più un ruolo fondamentale per la crescita dei più piccoli. Viceversa, questa pandemia ci sta insegnando quanto sia importante la parrocchia e il suo ruolo pedagogico. Parrocchie che, anche questa estate, quando tutto si era fermato, non si sono date per vinte, riuscendo ad organizzare, con sacrificio e impegno, il Cre, così da donare ai ragazzi un po’ di svago e serenità. È logico che tutti sentano la mancanza della “presenza”, del vivere in presenza. Anche per questo, forse, la messa, uno (se non l’unico) degli appuntamenti che, ancora, si può vivere in presenza, riacquista, agli occhi dei credenti, il suo significato più autentico, quello del rito collettivo per eccellenza, all’insegna di condivisione e speranza. Mi auguro che questo periodo di sofferenza, possa farci ripensare la nostra pastorale e, soprattutto, farci acquisire uno sguardo diverso, più semplice e genuino: è anche grazie all’attenzione per le cose essenziali che la comunità cristiana può crescere e dirsi matura.