Una festa più intima. Don Armando Matteo: “Tocca corde profonde dell’essere umano”

La festa del Natale è certamente quella più attesa e più sentita, già dalla fine di novembre nell’aria qualcosa sembrava annunciarne l’arrivo. 

Le vetrine dei negozi sfoggiano colori accesi, molti palazzi s’adornano di luci e le nostre  case, con l’addobbo dell’albero natalizio, “diventano un richiamo e un appello incalzanti a quella gioia che ad alcuni di noi forse solo quel giorno sa donare ancora”, scrive l’autore del volume “Incontro al Natale” (Àncora Editore 2020, Collana “In Cammino”, pp. 104, 12,00 euro) don Armando Matteo. 

È “Un invito a credere di nuovo”, come recita il sottotitolo del testo. Ma sappiamo tutti che il Natale 2020, che ci apprestiamo a festeggiare, sarà diverso, con ferite profonde nel tessuto economico e sociale e con il pensiero già all’anno prossimo.

Per evitare una terza ondata, causata da un rilassamento natalizio, il Decreto Legge che il Premier Conte ha firmato il 18 u.s., stabilisce che l’Italia sia tutta “zona rossa” nei giorni festivi e nei prefestivi dal 24 dicembre al 6 gennaio, in “zona arancione” il 28-29-30,  4 e 7 gennaio prossimi. 

Questo Natale in lockdown, da trascorrere a casa, “più vero e non consumistico”, come ha sottolineato Papa Francesco, così differente dai precedenti e che non immaginavamo di dover vivere, può diventare una opportunità per i “festeggianti non praticanti”, che non riconoscono nel Natale l’evento della nascita di Gesù, e per i “festeggianti praticanti”, che hanno perso il gusto della gioia, che questa ricorrenza di Dio che viene tra noi, porta con sé.

“Mettendo al contrario insieme festa e fede, da una parte, e fede e festa, dall’altra, sarà davvero per tutti un buon Natale!”. 

Ne parliamo con don Armando Matteo, nato a Catanzaro nel 1970, già autore di numerosi saggi, docente di Teologia fondamentale alla Pontificia Università Urbaniana di Roma e dal 2019 direttore della rivista “Urbaniana University Journal”.

Don Matteo qual è oggi, al tempo della pandemia, il vero significato del Natale? 

«Direi la possibilità di tornare ancora una volta a riflettere sul senso della nostra vita, riflettere sulle cose che sono più importanti per ciascuno di noi, accompagnati però da questa notizia straordinaria che la fede cristiana ripete ogni anno. Attendiamo tante belle notizie, come l’arrivo del vaccino, adesso c’è questa bella notizia, la nascita di Gesù, che ci aiuta e ci sostiene. Siamo alla fine dell’anno ed è tempo di bilanci, sentiamo accanto a noi la presenza di Dio, che è una presenza molto concreta per la fede cristiana, Gesù arriva a diventare uno di noi, prima da bambino e poi da adulto. Questa presenza può essere avvertita, riconquistata dentro la nostra vita attraverso l’esperienza della preghiera».

Per quale motivo “celebriamo una festa, forse l’unica che ancora celebriamo con intima convinzione, ma ci stiamo lentamente dimenticando del festeggiato”? 

«Per me è sempre uno stupore vedere la nostra società che, per svariate ragioni, si allontana sempre più da un orizzonte cristiano, però l’attaccamento alla festa del Natale resta. Al di là dell’aspetto consumistico della ricorrenza, questa festa tocca, invece, le corde più profonde dell’essere umano. Nel libro sono giunto alla conclusione che celebrando la nascita del Bambino, celebriamo il nostro attaccamento alla vita. La memoria dell’essere nati e dell’essere riusciti a diventare adulti. Contemplando il Bambino di Nazareth, contempliamo anche noi stessi, anche noi siamo stati bambini, siamo diventati adulti, ci siamo riusciti malgrado mille difficoltà, pensiamo alla fatica di imparare il linguaggio degli adulti… Ciò ci incoraggia. Qui mi sono fatto aiutare da una delle menti più grandi del Novecento: la politologa, filosofa e storica tedesca naturalizzata statunitense Hannah Arendt, la quale, all’indomani della fine della II Guerra Mondiale con molta enfasi disse che serviva una “filosofia della natalità”. Questo è il punto di partenza per consentire di ritrovare un dialogo a partire dal Natale e la possibilità di offrire ancora una volta l’annuncio del Vangelo».  

Stiamo per celebrare un Natale diverso, più intimo, raccolto accanto agli affetti più veri, certamente meno superficiale degli anni precedenti. Sarà questa l’occasione per una presa di coscienza, che ci farà riscoprire l’importanza che un tale evento annuncia e cioè “la presenza salvifica di Dio nella storia umana”? 

«Sì, è una buona occasione. Le circostanze sono favorevoli. Papa Francesco ha detto lo scorso maggio durante l’omelia della domenica, pronunciata affacciandosi dalla sua finestra a Piazza San Pietro: “Peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi”. In questi giorni stiamo assistendo a un forte dibattito politico. Questa è una situazione che ha colto impreparati tutti noi, c’è il rischio di non essere all’altezza e di far prevalere in noi sentimenti di amarezza e di sconforto. Certamente questo Natale non avrà paragoni con quelli che abbiamo celebrato negli anni passati. Spetta a ciascuno di noi riuscire a cogliere quel po’ di luce in queste tenebre. Per esempio la possibilità di festeggiare il Natale accanto agli affetti più veri. È un’occasione da non sprecare». 

Il breve saggio contiene una verità fondamentale: Nessuno viene al mondo se non al modo di un bambino. Neanche Dio. Ce ne vuole parlare? 

«Ho potuto saggiare quanto siano autentiche le parole di prima di Hannah Arendt e di tante altre filosofe. Dentro di noi si è sviluppato durante il nostro essere bambini un sentimento di profonda fiducia nei confronti della vita, anzi il genuino senso della vita. Qualcosa che ci sostiene, ci incoraggia, ci dà forza, quella che oggi si chiama resilienza. È una riserva straordinaria alla quale poter attingere nei momenti di maggiore sfida. Ed è sorprendente che il Dio dei cristiani decida di presentarsi a noi prima da neonato, poi da adolescente e infine da uomo adulto, come a raccontarci che il gusto, il segreto, la forza autentica della vita la si possa apprendere solo facendo propria quell’esperienza dell’infanzia. Nulla impediva a Dio di manifestarsi in forma diversa, da adulto».

Il volume intende sostenere una scommessa. Nell’attesa del 25 dicembre che cosa propone ai “festeggianti non praticanti” e ai “festeggianti praticanti”? 

«Ai primi, a coloro che amano la festa del Natale con tutte le sue sfumature, i quali però non hanno un rapporto stretto con la religione cristiana, dico che non c’è niente di più bello che vivere l’esperienza della festa natalizia insieme alla fede. Ai secondi, invece, che vivono già l’esperienza delle fede, consiglio di recuperare il senso profondo della festa e della sua gioia. I discepoli del Signore sanno fare festa, ha scritto Papa Francesco nell’“Evangelii Gaudium” quindi “no a cristiani con «la faccia da funerale”, come sostiene sempre Bergoglio nell’Enciclica datata 2013. Il rischio quindi è che molte volte si possa celebrare  la festa del Natale con uno spirito quaresimale. Questa è la scommessa: si può vivere fino in fondo tutto lo spirito genuino del Natale, senza perdere nulla, anzi, guadagnandoci. Allo stesso tempo, si può vivere fino in fondo l’esperienza cristiana con uno spirito di festa, senza pensare di compiere chissà quale tradimento, piuttosto recuperando la sana radice del Vangelo».  

Anche Papa Francesco si è dovuto adeguare alle restrizioni imposte dal governo Conte  per arginare la pandemia. La Messa di Natale, alla presenza di poche persone, Bergoglio la celebrerà nella Basilica di San Pietro alle 19,30. Mons. Paglia in una recente intervista ha detto che anticipare la Messa di mezzanotte non è uno scandalo, “Non conta l’ora, conta che il Natale venga davvero”. Che cosa ne pensa? 

«Concordo, sappiamo tutti che l’orario della Messa della notte di Natale è una convenzione, quindi in caso di necessità l’orario può essere agevolmente modificato. Siamo in una situazione complicata, penso sia auspicio di tutti che un domani queste situazioni non si debbano più affrontare».