Dove trovare le tracce di Dio che nasce a Betlemme?

A proposito di un presepe poco estetico

Il nostro mondo è sempre più abitato da donne e uomini di fedi diverse. Una cosa inimmaginabile anche solo quarant’anni fa. Donne e uomini che abitano il pluriverso, culturale e religioso. Lo vediamo sempre più nelle nostre terre bergamasche: cristiani, e non solo cattolici,  di diverse confessioni: valdesi (in realtà presenti a Bergamo da diversi secoli), ortodossi, pentecostali. E, in numero crescente, mussulmani, sikh, ravidassi, buddisti.

Tutte le religioni sono importanti. Ma non tutte sono uguali

Fredrich Lenoir, un sociologo e filosofo francese, in un suo libro dove analizza questo mondo plurale parla di un rischio. Che chiama “religion à la carte”. L’uomo contemporaneo si avvicina cioè al supermarket delle fedi e da ciascun scaffale  prende quello che più gli interessa e gli è utile. E’ la condizione di tante persone che conosciamo:  tiepidamente cristiane per la memoria lontana di Gesù, attratte dal buddismo per la meditazione e la ricerca interiore, affascinate dall’induismo per la reincarnazione (non è strano che la resurrezione, cuore dell’esperienza cristiana, dica poco o nulla alle giovani generazioni?). Un indistinto che mette tutto sullo stesso piano.  In realtà, tutte le religioni sono importanti. Ma non tutte le religioni sono uguali. Solo custodendo l’identità, necessariamente sempre aperta e dialogica, è possibile l’apertura e il riconoscimento delle differenze.

Betlemme, campo dei pastori

Dove sta allora la differenza cristiana? Ce lo ricorda proprio il Natale che festeggeremo nei prossimi giorni: la differenza cristiana sta nella vicenda di Gesù. Perché il Natale per i cristiani significa proprio questo: la venuta di Dio in mezzo a noi in un povero, debole, fragile bambino di Betlemme. È il grande mistero della fede cristiana: Dio fatto uomo in mezzo a noi, Dio che si fa carne. Succede dunque che dopo l’incarnazione la grande basilica dove i cristiani trovano le tracce del Dio di Gesù è il mondo. La storia è il luogo dove Dio si fa trovare. Per questo, dalla notte di Betlemme, i cristiani hanno l’obbligo di custodire  lo strabismo di chi cerca di leggere la Bibbia e, insieme, il giornale. Perché Dio è dentro la storia degli uomini e delle donne. Non può essere diversamente, non può essere da altra parte. Come fare in modo che ciò che vivremo nei prossimi giorni non sia confinato nel recinto delle storie consolanti, del folclore e delle belle tradizioni? Come sentirci coinvolti, qui e adesso, in quella vicenda? E ancora: dove trovare le tracce del Dio dei cristiani che sceglie di nascere come ogni cucciolo d’uomo?

Strani presepi moderni: l’isola di Lesbo e tanti altri

Un amico prete mi ha inviato un documentario di pochi minuti che riguarda il campo di Moria, sull’isola di Lesbo. Per chi non lo sapesse, l’hotspot di Moria è stato aperto nel 2015 per volontà dell’Unione Europea nell’ambito dell’Agenda europea sulle migrazioni. L’accordo prevedeva che le persone arrivate dalla Turchia via mare rimanessero sull’isola solo per pochi giorni, per essere identificate prima di essere trasferite sulla terraferma e in altri paesi dell’Unione europea attraverso i ricollocamenti.

Nel 2017 tuttavia il programma di reinsediamento è stato sospeso e Lesbo si è trasformata in un carcere a cielo aperto. La crisi sanitaria dei mesi scorsi ha solo fatto esplodere una situazione che era già al collasso, nell’indifferenza delle autorità europee. Quello che ho visto nel filmato è un presepio poco estetico: bambini scalzi con nasi gocciolanti. madri esauste, tende allegate. E’ un presepio che disturba, che fa venire voglia di guardare da un’altra parte. Un presepe che mi ha imbarazzato, per il mio silenzio e la mia complice omissione. Quel presepio è  scandaloso. Come il presepio di Gaza, altra prigione a cielo aperto, il presepio del Nagorno-Karabah, terra devastata dal conflitto,  o quello della Siria, Paese martoriato da troppi anni.

Lesbo, campo profughi

Testimoniano con violenza la miseria e l’esclusione. Ci parlano di mancanza, capovolgono le nostre prospettive, ci ricordano i più poveri, i dimenticati. Perché il Covid ha abbassato il soffitto, allargato i distanziamenti ma non ha cancellato i drammi di milioni di donne e di uomini, di vecchi e di bambini. Anche se oggi non fanno più notizia. Dunque, quei presepi sono terribili, ma veri: a modo loro, anch’essi ci dicono che siamo implicati nella storia della salvezza. Qui ed ora.

Perché il Natale ci consegna un impegno. Se Dio si è fatto uomo, serve uno sguardo dal fondo, o, meglio, uno sguardo dal basso. Se il nostro Dio sceglie di nascere disarmato, fragile e impotente, chi crede in Lui ha la responsabilità di fare del mondo una terra segnata dalla cura. Per tutti. Specie per chi sta in fondo, sta in basso.I posti migliori dove trovare le tracce di Dio che nasce a Betlemme.