Santo Stefano, gli operatori sanitari

Non eroi ma testimoni

Celebro l’Eucarestia nel giorno di Santo Stefano, il 26 dicembre. È sempre molto forte la lettura di quei testi degli Atti degli Apostoli che descrivono il martirio del diacono Stefano, ucciso per la sua fede in quel Gesù che solo il giorno prima noi abbiamo contemplato bambino, nel suo Natale. Il contrasto tra la dolcezza del bambino e il martirio cruento di Stefano è impressionante, ma necessario, dal mio punto di vista, per leggere il senso autentico del Natale, che viene illuminato dalla passione e morte di Gesù, oltre che dalla sua Risurrezione, così come dalla testimonianza di chi ha dato la vita per la testimonianza della fede.

A proposito dei medici e degli infermieri “eroi”

Quest’anno, la figura di Santo Stefano mi ha dato da pensare. Ho pensato a come, nei mesi scorsi, nella nostra terra bergamasca, martoriata dal COVID-19 che ha ucciso tantissime persone, abbiamo chiamato “eroi” i nostri medici, gli infermieri, gli operatori sanitari, persone che, per via del loro mestiere, erano in prima linea contro il male sconosciuto e invisibile.

Anche senza essere definiti eroi, avrebbero nel caso meritato un simile appellativo anche le commesse e i commessi dei supermercati, i farmacisti, i panettieri ecc., ossia tutti coloro che, essendo legati a beni di prima necessità, hanno proseguito il loro lavoro anche in piena pandemia e con altissimi rischi per loro e per i loro cari.

Ercole Farnese (Reggia di Caserta). Gli eroi antichi
“erano esseri con capacità sovrumane,
imbattibili, capaci di salvare il mondo con le loro gesta”

Ora, più ci penso più questo termine, “eroe” appunto, mi infastidisce in riferimento a questi uomini e queste donne. Quando ero bambino e guardavo i cartoni animati, gli eroi erano esseri con capacità sovrumane, imbattibili, capaci di salvare il mondo con le loro gesta. Nella letteratura studiata alle superiori, in particolare in epica, accostando i poemi omerici, gli eroi erano coloro che sapevano affrontare prove straordinarie, che parevano non mostrare segni di paura e che, anche quando morivano, sembravano farlo quasi col sorriso sulle labbra; da eroi, insomma.

Avevano paura di morire

Ecco, non è stato così per i nostri medici, infermieri, uomini e donne mancati in quei mesi terribili. Penso ai medici di base, amici dei miei genitori, che sono mancati. Anche loro, come mio papà, in pensione da maggio e grazie a Dio in quei mesi soltanto positivo asintomatico al virus, andavano al lavoro con tanta paura, senza adeguati strumenti di protezione, con il terrore di portare anche a casa, ai loro cari, il male che stava uccidendo molti. E avevano paura di morire. Alcuni di loro sono morti, soli, tra grandi sofferenze.

“Non si sono tirati indietro perché salvare gli altri,
col rischio di perdere la loro stessa vita,
era ed è la loro missione”

Eppure, loro come le tante persone che hanno continuato a lavorare e a lottare contro quel maledetto virus, non si sono mai tirati indietro. No, non solo perché dovevano portare a casa lo stipendio: si poteva fare a meno di quello, per un po’… prima c’era la pelle da salvare.

Non si sono tirati indietro perché salvare gli altri, col rischio di perdere la loro stessa vita, era ed è la loro missione. Avevano paura, piangevano, tornavano a casa distrutti dalla fatica del corpo e dalle scene di dolore cui avevano assistito, ma la mattina dopo ripartivano, con le loro paure, le loro speranze, il loro desiderio di salvare più vite possibili.

Sono stati splendidamente uomini

No, non si sono giocati tutto in un atto eclatante, come gli eroi, e non hanno salvato il mondo. Sono stati splendidamente uomini, in tutto, e hanno salvato tante vite, tutte quelle che potevano. Lo hanno fatto con la fatica quotidiana, l’impegno, le lacrime, la collaborazione, il reciproco incoraggiamento, l’amore che avevano per la vita, per le loro famiglie, per i loro pazienti. Non sono stati “eroi” impassibili, ma uomini e donne capaci di patire e di donare se stessi. Come Stefano, diacono protomartire. Non eroi, dunque, semplicemente uomini coerenti fino alla fine con la missione che hanno scelto. Sì, sono molto più che eroi, sono veri e propri testimoni, testimoni della bellezza della vita e di come questa bellezza consista nel saper donare la vita, per gli altri.