“L’oratorio è il posto più bello del mondo, ma è molto più di un luogo”

Siamo i luoghi che frequentiamo, i contesti che viviamo ci condizionano, ci cambiano e ci aiutano a crescere. L’oratorio non solo è tra questi, ma è anche tra i più speciali e non è neanche soltanto un luogo. A pochi giorni dell’inizio della settimana dedicata a San Giovanni Bosco, don Alberto Ravagnani ha raccontato il suo oratorio su YouTube con un home-tour davvero fuori dagli schemi. Già prima della pandemia, il curato dell’oratorio di Busto Arstizio ha intrapreso un’avventura sul Web che è andata poi intensificandosi con il primo lockdown. Oggi il suo canale conta circa 135.000 iscritti, lo stile dei suoi video è cambiato, ma al centro è sempre rimasta la volontà di raggiungere i più giovani con modalità nuove e, forse, ancora troppo poco sperimentate.

Davanti all’emergenza sanitaria gli oratori hanno dovuto reinventarsi e per stare accanto ai ragazzi hanno intrapreso nuove strade scoprendo che anche la Chiesa può abitare gli spazi digitali e starci bene. Però, dopo quasi un anno vissuto tra chiusure e aperture, quel luogo manca a tutti. Con il suo video, don Alberto ci fa provare un po’ di nostalgia mostrandoci i campi da calcio, le aule, la segreteria e tutti i punti di ritrovo che tutti vorremo tornare ad abitare il più presto possibile. Non importa se il campo è in sabbia, non conta se le porte cigolano un po’ o se il calciobalilla porta i segni del tempo. La voglia di tornare a popolare quegli spazi è tanta perché questo luogo rimane nel cuore e lo fa con la semplicità più assoluta. Ti resta nel cuore con tutte le sue imperfezioni che, come sottolinea don Alberto, lo rendono speciale. L’oratorio è un luogo raro, non perché ce ne siano pochi, ma perché è l’unico che riesce ad abitarti mentre tu lo abiti. Ti rimane dentro e si può realizzare ovunque noi vogliamo. È come avere un mondo tascabile sempre a portata di mano.

“Sono proprio le nostre imperfezioni e le nostre ferite a renderci amabili agli occhi degli altri, bisognosi di cura. Credo che lo stesso valga per i luoghi che diventano l’estensione della nostra anima -racconta don Alberto nel suo video-. Non sono questi muri e i campi a rendere speciale questo luogo. L’oratorio non è neanche un luogo, sono le relazioni, le persone che lo vivono, le amicizie che si sono create, le emozioni che abbiamo provato, le risate, le cavolate, le confidenze e il desiderio di essere felici, di esserlo insieme e di riuscirci grazie a Dio”. L’essenza dell’oratorio non è chiusa tra quattro mura, è dinamica perché fatta di persone e può raggiungere ciascun ragazzo, volontario e sacerdote ovunque essi siano. È un legame che sentire tutti parte della stessa realtà. Anche San Giovanni Bosco raccontava quando fosse secondaria la struttura per quei ragazzi dimenticati dalla società torinese. Nonostante all’epoca fosse a malapena abbozzato, l’oratorio esisteva già ed era semplicemente l’essenza di un incontro tra giovani desiderosi di mettersi in gioco, di intessere relazioni e sentirsi amati.

Non vediamo l’ora di poter tornare a reinventare, colorare, costruire e abitare questa casa, ma l’oratorio va oltre quelle quattro mura come ha sempre fatto. San Giovanni Bosco osservando i suoi ragazzi scrisse questa frase: “Si trovavano benissimo in quell’oratorio che aveva per tetto il cielo”. Queste parole, oggi, possono trasformarsi in un augurio per la settimana di festa che aspetta tutti gli oratori, ma anche in un nuovo obiettivo da raggiungere quando si tornerà a incontrarsi: avere la certezza di non essere mai soli e di sentirsi sempre accolti, amati e a casa ovunque ci troviamo perché l’oratorio siamo noi e avere come limite il cielo non è affatto male.