Dai voti ai giudizi, tra programmi da rincorrere e gli abbracci che mancano

Ore 17.00, collegamento online della 2^A per l’assemblea di classe con la quale ci comunicano il nuovo metodo di valutazione introdotto da quest’anno nella scuola primaria.

Ore 17.00, collegamento online della 1^A. Stesso orario, stesso argomento, incroci le dita e speri che si tratti di una riunione uguale per tutta la scuola.

Così ti attrezzi: il computer da una parte, il cellulare dall’altra. “Bambini, per un’oretta giocate tranquilli, che qui devo gestire i Meet”. Entri nella “stanza virtuale” della 1^A, impieghi minuti preziosi a fare la stessa cosa per la 2^A, ma alla fine ce la fai. E scopri che no, non sono la stessa cosa. Da una parte i maestri di Tommaso a fare il punto sulla situazione classe, dall’altra i maestri di Alice a spiegare che non si sa perché ma le colle e i pastelli spariscono sempre.

Un orecchio ascolta una cosa, l’altro sente tutt’altro. All’inizio ce la fai, poi quando cominciano a infilarsi le domande “da casa” poste dai genitori intuisci che il metodo va cambiato. Ascolti per cinque minuti ciò che accade in 2^ e per altri cinque ciò che dicono in 1^.

Una cosa la capisci: basta voti. Ora alla scuola primaria si torna ai giudizi descrittivi, più analitici, divisi per livelli. Insomma, l’alunno può rientrare nel livello avanzato, in quello intermedio, in quello base, o essere “in via di prima acquisizione”. Ovvio che, insomma, non si può dall’oggi al domani cambiare di nuovo tutto. Ti sembra di capire che gli insegnanti avranno due anni di tempo per adeguarsi (ma forse hai capito male e dall’orecchio sinistro, che funziona peggio. Perché pare alquanto strano). Dubbi, perplessità, erano belli i 10, le faccine e i cuori, ma meglio il giudizio, sì, ci piace.

Un genitore chiede quando arriveranno le pagelle, un altro ha ancora dubbi su registro elettronico, mail dell’alunno e portali vari da tener monitorati, una mamma propone un fondo cassa per colle e pastelli. “Ricordatevi il gel igienizzante, perché i bimbi lo devono usare ogni volta che prendono qualcosa, ogni volta che usano un tablet, ogni volta che….”. Un papà chiede a che punto del programma sia la classe. Perché sì, insomma, questi poveri bimbi di seconda hanno praticamente fatto la prima elementare a casa, ora saranno indietro.

E qui la svolta la dà la maestra di religione, che è una tipa tosta, come dice Alice. “Ciò che più conta, per questi bimbi, è correre e giocare con i coetanei. Facciamo il massimo perché possano sfogarsi in giardino il più a lungo possibile, perché interagiscano, perché si confrontino tra loro. La socialità. E’ la socialità l’elemento da coltivare e preservare. Mancano gli abbracci, non ne possiamo più delle mascherine, abbiamo voglia di stare insieme”.

Ormai ho deciso anche io di viverla così. Priorità alla scuola in presenza, priorità alle occasioni per giocare e “costruirsi”. I programmi…beh, si procede, si va avanti, magari a ritmi diversi, ma gli stimoli ci sono, l’impegno anche. Ringrazio che i miei figli siano alle elementari, spero che da tutto questo si possa trovare la forza per costruire qualcosa di più grande. Un’idea nuova di sviluppo, didattica e apprendimento, un approccio più olistico e profondo a una scuola che, sempre più, dovrebbe essere maestra di vita.