Papa Francesco: “La Chiesa italiana incominci un processo di Sinodo nazionale”

“In questo anno contrassegnato dall’isolamento e dal senso di solitudine causati dalla pandemia” il virus “ha scavato nel tessuto vivo dei nostri territori, soprattutto esistenziali, alimentando timori, sospetti, sfiducia e incertezza. Abbiamo capito, infatti, che non possiamo fare da soli e che l’unica via per uscire meglio dalle crisi è uscirne insieme, riabbracciando con più convinzione la comunità in cui viviamo”. A sottolinearlo il Papa, ricevendo oggi in udienza i partecipanti all’Incontro promosso dall’Ufficio catechistico nazionale della Cei nel 60° della sua istituzione. Secondo Francesco, la catechesi e l’annuncio “non possono che porre al centro questa dimensione comunitaria. Non è il momento per strategie elitarie”. “La grande comunità”, ha quindi spiegato a braccio, è “il santo popolo fedele di Dio. Non si può andare avanti fuori del santo popolo fedele di Dio, il quale – come dice il Concilio – è infallibile in credendo. Sempre con il santo popolo di Dio”. “Cercare appartenenze elitarie – il monito di Francesco – ti allontana dal popolo di Dio, forse con formule sofisticate, ma tu perdi quell’appartenenza alla Chiesa che è il santo popolo fedele di Dio”. Questo, ha quindi scandito, è “il tempo per essere artigiani di comunità aperte” e “missionarie”, di “comunità che guardino negli occhi i giovani delusi, che accolgano i forestieri e diano speranza agli sfiduciati”. “È il tempo di comunità che, come il Buon Samaritano, sappiano farsi prossime a chi è ferito dalla vita, per fasciarne le piaghe con compassione”. “Non dimenticatevi questa parola: compassione”, ha aggiunto fuori testo richiamando tutte le volte in cui, secondo il Vangelo, Gesù “ebbe compassione”. Nel riprendere le proprie parole al Convegno ecclesiale di Firenze, il Papa ha ribadito: “Desidero una Chiesa ‘sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. […] Una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza”. “Dopo cinque anni – ha concluso a braccio -, la Chiesa italiana deve tornare al Convegno di Firenze e deve incominciare un processo di Sinodo nazionale, comunità per comunità, diocesi per diocesi: anche questo processo sarà una catechesi. Nel Convegno di Firenze c’è proprio l’intuizione della strada da fare in questo Sinodo. Adesso, riprenderlo: è il momento. E incominciare a camminare”.

  1. secondo voi, perché Papa Francesco lo ha sollecitato rivolgendosi alla Chiesa Italiana? E’ una domanda che ci dobbiamo porre noi frequentatori delle Messe domenicali, in primis, prelati ma anche laici; perché si è rivolto al Popolo di Dio Italiano, quando per la maggior parte dei suoi interventi pastorali, le Sue sollecitazioni, debbono essere intese a beneficio di tutto il mondo cattolico e non solo? Le ragioni probabilmente le troveremo nelle risposte con cui noi, quasi infastiditi, realizziamo di avere un’ulteriore “faccenda” da programmare, da eseguire…senza chiederci del perché!Sinodo, camminare insieme! Ecco, prima di inoltrarci in un ulteriore percorso, dovremmo a mio avviso, fare “reset” nelle nostre mentalità, con cui il nostro impegno nella Chiesa, viene svolto, e magari cominciare dall’ultimo gradino, capovolgendo le priorità nelle scelte con cui le nostre responsabilità hanno un peso determinato. Tempo fa, ho posto delle domande a persone che danno moltissimo del loro tempo ad operare per beneficienza e, purtroppo, mi sono scontrata con una mentalità nel pensare di fare del bene, escludendo invece una progettualità di rinnovamento nel rendere più efficace quella cosiddetta “carità” che invece dovrebbe essere prima di tutto “ricevuta” da coloro che richiedono di essere aiutati! Quale carità è se passa la modalità di “fare” per gli altri senza “incontro di sguardi? E’ semplicemente, un “fare” senza “amore”, senza alcuna empatia nel rapporto umano che invece, è di primaria importanza, affinché l’altro, non venga trattato da povero, quando il “povero”, siamo noi che non percepiamo l’umiliazione dell’altro, costretto ad avere bisogno di “noi” per sopravvivere! E’ lo sguardo e la luminosità dei nostri occhi,… è una carezza di un sorriso,… che ci dà la gioia di dare e ricevere “carità”, cioè “amore”!

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