Luoghi e persone invisibili: alla Stazione i volontari di Esodo

Luoghi e persone invisibili. Ai margini della città. Sul marciapiede della vita. Stazione. Un mondo che per molti è solo un punto di partenza e arrivo e invece per altre persone non ha il sapore del passaggio, ma della residenza. A Bergamo da ormai trent’anni c’è una carità che arriva anche qui, e che anche nell’ultimo anno si è spesa al massimo delle forze, combattendo anche contro l’inasprirsi delle condizioni di vita causate dalla pandemia di covid-19, anche grazie all’aiuto dei fondi stanziati dalla Cei per l’emergenza con l’8xmille. Ci sono mani che si tendono anche tra gli ultimi degli ultimi. C’è un amore più grande della speranza. C’è una storia che ha inizio ormai trent’anni fa, nel segno di un nome che è sempre quello, don Fausto Resmini, che non è però solo, ma ha trascinato dietro di sé un esercito di benefattori. 

“Il servizio Esodo – racconta Fabio Defendi, per anni braccio destro di don Resmini, e coordinatore del servizio Esodo – nasce all’inizio degli anni ‘90, con l’idea di provare a portare una presenza, all’inizio solo una presenza, nell’area della stazione. Parte perché alcuni ragazzi che si allontanavano dalla comunità di Sorisole scendevano in stazione e alcune persone che don Fausto incontrava in carcere da cappellano gli raccontavano che, appena avrebbero finito la pena, non sarebbero stati ripresi in casa dai genitori ma sarebbero andati in stazione. Altri gli raccontavano che vivevano in stazione o erano stati arrestati in stazione. Insomma, la stazione frullava nella testa di don Fausto, così abbiamo detto: proviamo ad andare a vedere, ad aprire uno sguardo su questo pezzo di città”.

“Il don scendeva con la sua macchina da Sorisole, all’epoca c’era ancora la vecchia stazione autolinee con la sala d’aspetto che era il luogo di riunione di riferimento per tossico dipendenti e senza tetto. Don Fausto scendeva tutte le sere dalle 22 alle 24, portando del the caldo, dei panini, delle brioches, con l’idea di incontrarli, stare con loro, in quel luogo che era per loro diventato casa. Insieme a lui si sono avvicinati alcuni volontari e negli anni è partita l’esperienza vera e propria con il camper che ha cominciato a frequentare l’area della stazione anche la mattina e il pomeriggio”.

Insieme alla vicinanza arrivano anche gli aiuti per chi vive in stazione. “Abbiamo capito che era importante anche portare qualcosa di materiale, un aiuto concreto e così abbiamo cominciato a distribuire i pasti: il camper la sera si metteva davanti alla stazione dei treni. Poi, grazie al lavoro di don Fausto per costruire rapporti con le istituzioni, è nato lo spazio di una mensa vera e propria: uno spazio fisico dove le persone potessero consumare il proprio pasto in condizioni dignitose, sedersi attorno ad un tavolo per mangiare”.

E anche la comunità di Sorisole si apre all’ospitalità dei senza tetto. I servizi aumentano per cercare di rispondere sempre di più ai bisogni, cercando di restare fedeli all’esperienza pionieristica. “Tutto è partito con la forte idea di provare ad esserci e stare in quel pezzo di città. Prima ancora delle cose che si riescono a fare, la priorità era e resta portare una presenza fisica in quel luogo della città, ribaltando la logica classica dei servizi sociali, per cui se tu hai un problema devi venire tu da me, negli orari di ufficio. Qui invece andiamo in strada e portiamo un servizio dove vivono la loro quotidianità. La presenza di don Fausto nei primi anni è stata forte, era tutte le sere in stazione dalle 22 alle 24: l’operatore scendeva con il camper e dietro c’era la Fiat punto del don che garantiva presenza costante”.

Questa storia che ha ormai trent’anni sta continuando tutt’ora. “Siamo ancora presenti, tutti i giorni, anche il sabato mattina, con il camper. La mensa è ormai un punto di riferimento in stazione: è aperta tutte le sere dalle 19.30 alle 21.30 e la domenica anche a pranzo. In questo periodo viaggia purtroppo in modalità Covid, per cui gli ospiti ritirano il pasto preconfezionato dai volontari, non entrano per sedersi ai tavoli. Prosegue anche l’accoglienza notturna al Patronato: alcuni solo per la notte, ma c’è anche un piccolo appartamento-infermeria per la degenza delle persone di strada che hanno bisogno di accoglienza h24 a causa di problema di salute. Ci siamo accorti che in strada le persone si ammalano, sono esposte a rischi, finiscono magari in ospedale, ma hanno bisogno di uno spazio per la convalescenza e le terapie farmacologiche. Insieme al monitoraggio sanitario, l’accompagnamento nel periodo in cui sono qui cerca anche di costruire un’alternativa alla strada”. 

La presenza quotidiana del camper, la mensa e l’accoglienza notturna. Una presenza garantita dal lavoro di quattro operatori e da moltissimi volontari. “Ci sono alcuni volontari per il diurno e soprattutto tanti presenti in mensa ad ogni turno di apertura. I volontari dell’associazione In strada sono ad oggi circa un’ottantina: si va dagli studenti universitari ai pensionati, persone di ogni categoria sociale. E’ un servizio che attraverso la figura di don Fausto negli anni ha attirato molte figure”.

Il servizio della mensa è strettamente legato alla comunità di Sorisole: qui, infatti, viene preparato il cibo, le teglie vengono poste nei contenitori termici, portate in mensa dal camioncino del Patronato. E qui sono presenti ad ogni turno 5 o 6 volontari che in questo periodo confezionano le vaschette e distribuiscono i sacchetti agli ospiti che passano. “Loro hanno imparato a ritirare il sacchetto, qualcuno a volte si siede lì vicino, altri lungo le pensiline, chi ha il posto in dormitorio va lì o torna alla propria abitazione. La mensa è aperta a 360 gradi, non servono colloqui né tessere o documenti: chiunque arriva e chiede un sacchetto e lo riceve. In queste sere distribuiamo circa 100/110 pasti ogni giorno, verso l’estate generalmente aumentano, arrivando a 130/140 pasti”.