Negazionismi di ieri e di oggi

È sempre straziante, per me, guardare la foto che ritrae la quattordicenne Czeslawa Kwoka. Quando incrocio il suo sguardo faccio fatica, tanta fatica. I suoi occhi lucidi, pieni di lacrime, lacrime di dolore fisico e umano. Ad Auschwitz, nel 1943, pochi istanti prima della foto, la giovane polacca, non comprendendo le parole di una poliziotta nazista del lager, è stata violentemente percossa. Prima dello scatto, eseguito da un detenuto, ha fatto a tempo ad asciugare un po’le lacrime e il labbro inferiore, sanguinante per il colpo subito, come la tumefazione visibile nella fotografia mostra. Quegli occhi..: in essi il dolore per il trattamento ricevuto, per la non comprensione di quel male riservatole, pieni di domande sul quale sia la sua colpa. E quello strazio per la mancanza della madre, uccisa pochi giorni prima solo perché polacca. Anche la piccola Czeslawa morirà dopo qualche giorno, forse con un’iniezione di acido nel cuore, come il dottor Mengele usava fare sui bambini sui quali svolgeva i suoi macabri esperimenti di morte, lui che, come medico, avrebbe dovuto avere la vocazione a curare e guarire. Quegli occhi della piccola Czeslawa mi leggono dentro e vedono il mio dispiacere per questi giorni, per questo tempo. Ho letto, in occasione della Giornata della Memoria, l’innalzamento al 16% della percentuale dei negazionisti della Shoah in Italia. “Tutto inventato”, dicono, contro ogni prova e ogni evidenza storica, contro la morale, contro la verità. Tutto ciò è vergognoso e inaccettabile. A questo negazionismo, vera piaga sulla quale la politica tutta ha il dovere di intervenire, si aggiunge quello dei nostri giorni. Penso ai commenti che ho letto sui social, non solo quelli inerenti gli ormai tristemente famosi camion con le bare di Bergamo, ma anche in questi giorni. “Tutte queste sceneggiate per un’influenza”, scriveva un leone da tastiera, accompagnando il suo post con una “faccina” che ride di gusto, che suona come uno schiaffo al dolore, essendo collocato al di sotto di un post che annotava il numero di morti per Coronavirus in Italia durante quella giornata, più di 400. È grave tutto questo. Mi sorgono riflessioni. Io credo che ogni forma di negazionismo, in fondo, sia legato alla crescente svalutazione dell’esperienza dell’altro. Dell’altro non mi importa più nulla, il “prossimo” di cui parla il Vangelo, ma anche la semplice sensibilità umana, non esiste più. Esisto io, quello che è oggetto della mia esperienza personale, quello che fa comodo a me e quello che mi serve. Nient’altro. Questo modo di concepire l’alterità, che fa sì che a interessarmi sia solo chi può darmi benefici, mi preoccupa, perché, in fondo, è stato uno dei principi che permisero a Hitler e a chi lo seguì nella sua follia di fare ciò che fecero. Urge un recupero di umanità, di capacità di porsi dinanzi all’altro e al suo sguardo, di recuperare e rigenerare la comunità, che è ben altro che una somma di individui. Dobbiamo farlo e farlo presto. Prego per te, piccola Czeslawa: i tuoi occhi si rivolgono alle nostre coscienze. Tu prega per noi, ne abbiamo bisogno.