“Penso a mia nonna da sola in casa di riposo”: la sospensione, l’attesa, il sostegno della preghiera

Mia nonna è ormai da alcuni anni ricoverata in una casa di riposo, perché malata di Alzheimer. Prima della pandemia andavo a trovarla tutti i giorni almeno per mezz’ora. Ogni tanto mi riconosceva, ogni tanto no, ma per me il tempo che trascorrevo con lei era comunque prezioso. Mi sembra che questo periodo così cupo mi abbia portato via il mio tempo e il suo affetto, soffro molto e mi sento in colpa per la solitudine che anche lei sicuramente sperimenta. Cosa posso fare per ritrovare un po’ di pace e di speranza? Chiedo un vostro consiglio.

Lucia

Cara Lucia comprendo e condivido tutta la fatica e la sofferenza che vivi a causa delle restrizioni sanitarie che la pandemia costringe a vivere e che diventa drammatica per le persone anziane accolte nelle case di riposo. Questa situazione fa sentire tutti impotenti e fragili, incapaci di pensare e trovare soluzioni a breve termine che possano alleviare la distanza e la separazione dai propri cari. La lontananza dalla nonna, il tempo trascorso con lei, la possibilità di donarle amore, cura e attenzione ti sono vietate e ti fanno vivere una separazione simile a un lutto. È una sofferenza da imparare a portare fino a che questo virus non ci abbandonerà definitivamente. Il dolore è innegabile e facilmente vorremmo uscirne, perché il nostro istinto ci porta a volercene liberare subito. Invece occorre guardarlo, non negarlo, accettando di portarne tutta la fatica. Nella preghiera presenta con fiducia al Padre la tua sofferenza raccontando con confidenza quanto stai vivendo, come una figlia a suo padre, senza vergognarti di condividere tutti i tuoi sentimenti. Chiedi il dono di saper stare in questa sospensione e vivere con fiducia l’attesa di poter riprendere le tue visite alla nonna. Non devi sentirti in colpa perché non dipende da te questa situazione, ma dalle limitazioni che stiamo vivendo e che comportano per tutti sofferenza e disagio. Purtroppo l’isolamento delle persone in casa di riposo può far nascere in loro sentimenti di abbandono che, spero e mi auguro, siano supportati e sostenuti dall’attenzione e la cura degli operatori sanitari. In questa attesa ti può aiutare il fare memoria di quanto hai vissuto con la nonna, magari scrivendo in un “libro della memoria”, il bene condiviso, i bei momenti che hanno allietato il vostro legame, alcuni episodi significativi che ricordi con più affetto: rievoca i suoi gesti e le sue parole. La lontananza non fa dimenticare l’affetto perché l’amore rimane per sempre e, riportarlo alla memoria lo rende ancora vivo e presente. Questo non per vivere di nostalgia, ma per imparare ad accogliere la sua eredità. “Gli anziani sono padri e madri che sono stati prima di noi sulla stessa strada, nella nostra stessa casa, nella nostra quotidiana battaglia per una vita degna. Sono uomini e donne dai quali abbiamo ricevuto molto. L’anziano siamo noi: fra poco, fra molto, inevitabilmente comunque, anche se non ci pensiamo.” Ringrazia il Signore per il dono di tua nonna, per la ricchezza che lei ha riversato nella tua vita, per quanto hai vissuto con lei, come dono prezioso. La sua presenza è nel tuo cuore e la sua eredità potrà ispirare la tua vita. Quanto tu vivi e hai vissuto con la nonna possa divenire testimonianza di cura e tenerezza per tanti, patrimonio di esperienza e saggezza che aiuta a portar avanti le sfide che la vita presenta, perché gli anziani, in qualsiasi situazione si trovino, siano sempre e comunque considerati un dono per ogni persona, la Chiesa e per tutta la società. Da loro possiamo continuamente apprendere la sapienza della vita perché non si acquisisce con il solo sapere, ma dall’avere assimilato e rielaborato gioie e sofferenze vissute con fede e abbandono, nella certezza di essere custoditi e accompagnati dalla Provvidenza di Dio, che mai viene meno.