Don Bepo Vavassori, 46 anni dalla morte: “Mai dire no a chi chiede aiuto”

“Mai dire no a chi chiede aiuto”. Poche e semplici parole che sintetizzano la straordinaria esperienza iniziata a Bergamo da don Bepo Vavassori. E oggi, a 46 anni dalla morte del fondatore, ancora viva. Il Patronato San Vincenzo continua ogni giorno, nei suoi numerosi servizi, l’impegno di don Bepo, il “don Bosco di Bergamo”. Oggi, 5 febbraio, ricorderà l’anniversario della sua morte nella Messa celebrata alle 18 nella chiesa della casa centrale del Patronato. 

Un sacerdote che ha saputo fare della sua vita un Vangelo della carità, animato da una grande fede nella provvidenza, attento soprattutto agli ultimi. 

Giuseppe Vavassori nacque a Osio Sotto il 19 luglio 1888, fu ordinato sacerdote il 27 luglio 1912. Fu dapprima incaricato coadiutore pastorale a Branzi, poi parroco di Trabuchello. Ma l’esperienza di parroco di montagna viene presto interrotta per una nuova chiamata, legata all’inizio della prima guerra mondiale, che lo vede impegnato come cappellano di fanteria e soldato di sanità. Seguirono per lui un nuovo impegno da parroco a Olmo al Brembo, poi l’incarico di direttore spirituale del Seminario minore (dal 1926 al 1928) e quello di direttore dell’Eco di Bergamo (dal 1928 al 1932).

È nell’anno 1928 che inizia la storia del Patronato San Vincenzo, istituito presso la chiesa del Carmine in città alta. Don Bepo ne restò direttore sino alla sua morte, accompagnandone il cammino dei primi 50 anni di storia.

La sede principale diventa presto la “Fornace” alla Malpensata, poi l’istituzione cresce con le case di Nembro, Stezzano,  Romano, San Remo, Endine, Clusone. Ancora l’esperienza pionieristica del Villaggio degli Sposi e il centro di spiritualità di San Paolo d’Argon. All’età di ottant’anni il viaggio in Bolivia, dove già operavano alcuni sacerdoti bergamaschi, che diede il via all’esperienze della Ciudad de los Ninos a La Paz e Cochabamba. 

Don Bepo accoglieva bambini e ragazzi proprio con lo stile di don Bosco e sapeva cogliere le esigenze che le nuove forme di povertà di volta in volta nascevano. La sua capacità di leggere i segni dei tempi è rimasta costante nell’opera dei sacerdoti che hanno lavorato insieme a lui e dopo di lui dentro il Patronato, mantenendo sempre la vocazione della carità e uno sguardo privilegiato per i poveri e i giovani.

Furono oltre 50 mila i ragazzi di cui don Bepo si prese cura, sino alla sua morte, il 5 febbraio 1975. Non si contano quelli che nella storia successiva del Patronato San Vincenzo trovano ogni giorno un pasto caldo che altrimenti non avrebbero, un posto che sappia di casa, un luogo di formazione, una strada per ripartire, una mano tesa pronta ad accogliere. 

Negli ultimi due anni il Patronato ha perso altri due giganti della carità, don Roberto Pennati (morto il 17 maggio 2019 dopo il calvario della SLA) e don Fausto Resmini (morto il 23 marzo 2020 per Coronavirus). L’attività continua grazie all’impegno quotidiano dei suoi preti: il direttore don Davide Rota, don Mauro Palamini (direttore della Casa del giovane e del Centro Meta), don Marco Perrucchini (direttore delle scuole di formazione professionale), don Dario Acquaroli (direttore della Comunità don Milani di Sorisole), don Jan Heeffer e don Giuseppe Bracchi. Con loro un esercito di educatori, insegnanti, volontari e benefattori. Che continuano con la propria vita la missione del fondatore don Bepo: “mai dire no a chi chiede aiuto”.