Ci vediamo, Dante. A Telgate sei stato il nonno di tutti

Ore 1:37, notte tra venerdì e sabato scorso. Squilla il telefono. È Sabrina, che mi comunica quanto sapevo che presto doveva accadere.

Dante è partito, è finalmente partito, dopo giorni di agonia, per quel Paradiso nel quale ha creduto e sperato per tutta la vita. Terminata la chiamata, appoggio il telefono.

Non prenderò più sonno: c’è Dante nella mente e nel cuore. I miei nonni, Bepi e Pino, sono in Paradiso da vent’anni, dal 2001. Non esagero nell’affermare che, giungendo a Telgate nel 2010, è iniziato un rapporto con Dante, allora sacrista di lungo corso, che oggi, mentre lo guardo, nella sua bara di legno chiaro, col vestito delle feste e solennità della corale parrocchiale, mi fa dire che a me Dio ha voluto regalare un terzo nonno. Il nonno Dante, che a Telgate è considerato un po’ come il nonno di tutti.

Perché? Ecco, qui sta il punto: perché ha amato tutti come fossero figli e nipoti suoi. Come ha amato i suoi figli, Ornella e Riccardo, nati dall’amore con l’amata moglie Maria, scomparsa nel 2003, la sua famiglia, i nipoti, così ha amato chiunque incontrasse. Ha amato la sua Chiesa, di cui è stato per molti anni sacrista, il Santo Crocifisso, che gli riempiva gli occhi di lacrime ad ogni scoprimento e ricoprimento; ha amato la sua corale parrocchiale, tanto che, lo scorso anno, a 87 anni, uscito dalla sala operatoria dopo un intervento impegnativo a seguito di una caduta, chiese immediatamente: “Riuscirò ancora ad andare a cantare, vero?”. Pensando a Dante, mi viene in mente quel passo splendido dell’Apocalisse, nel quale il Signore dice: Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. 

Ecco, dalla porta di Dante nessuno è mai rimasto fuori, nessuno ha bussato invano. Per tutti, infatti, c’era qualcosa. Per i bambini del nido le caramelline, per altri i biscotti o i cioccolatini, per chi passava a trovarlo le sua amate patatine con una bibita o il caffè. Proprio non c’era verso di cercare di andare via a mani vuote. Andando da lui ogni settimana, per salutarlo e per vedere insieme la nostra amata Atalanta, ogni volta aveva qualcosa da dare. E anche quando dicevo: “No Dante, grazie, sono a posto, ho già tutto”, lui mi guardava, sorrideva e, rivolgendosi ai figli, dava le sue indicazioni di dono: “Riki, un caffè al don!”, “Ornella, qualche fettina di salame al don che lo mangia con gli altri preti a Grumello!”. Ma, soprattutto, nessuno ha mai potuto incontrare Dante avendo poi lo stesso cuore che aveva prima dell’incontro con lui: la sua bontà, la sua generosità e il suo stile semplice lo rendevano a tutti simpatico e ne hanno fatto, per tutti, una persona di riferimento.

Un uomo grande, Dante, grande nell’umanità e nella fede. “Il Signore mi ha dato tutto, mi ha dato una brava moglie, due bravi figli che sono sempre qui con me, mi ha dato tante persone buone e tutte mi vogliono bene. Sai che non ho mai avuto alcun problema con qualcuno, don?”. Quando diceva così, gli rispondevo, ridendo: “Beato te, Dante… guarda che mi fai venire l’invidia.. e l’invidia è brutta! Io non sono buono come te… come fai ad andare d’accordo con tutti? A farti voler bene da tutti?”. La sua risposta, sempre con quello splendido sorriso, era questa: “Se non fai male a nessuno e vuoi bene a tutti, loro vogliono bene a te!”. E, questo, Dante lo viveva. In tanti oggi piangiamo: i suoi cari, le società sportive per le quali ha donato tempo ed energie, l’Oratorio, la comunità parrocchiale, tanta, tanta gente. Ora, a noi spetta il compito più arduo: vivere come Dante, amando e donando, per tutta la vita. Ciao Dante, goditi l’abbraccio del Signore, della tua Maria, di Carlo, Tiziano, Adriano e tutte le persone che prima di te hanno raggiunto la dimora eterna. Ti saluto con le stesse parole che ci siamo sempre scambiati, in questi quasi 11 anni, per salutarci al termine di ogni nostro incontro: ciao Dante, ci vediamo!