Papa Francesco in Iraq: “Dobbiamo convertire gli strumenti di odio in strumenti di pace”

Quello di Abramo, cominciato proprio da Ur, “fu un cammino in uscita, che comportò sacrifici: dovette lasciare terra, casa e parentela. Ma, rinunciando alla sua famiglia, divenne padre di una famiglia di popoli”. A farlo notare è stato il Papa, nell’incontro interreligioso durante il quale ha tenuto il suo terzo discorso in Iraq. “Anche a noi succede qualcosa di simile”, ha attualizzato Francesco: “nel cammino, siamo chiamati a lasciare quei legami e attaccamenti che, chiudendoci nei nostri gruppi, ci impediscono di accogliere l’amore sconfinato di Dio e di vedere negli altri dei fratelli”. ”Abbiamo bisogno di uscire da noi stessi, perché abbiamo bisogno gli uni degli altri”, l’appello, sulla scorta della Fratelli tutti: “La pandemia ci ha fatto comprendere che nessuno si salva da solo”. Eppure ritorna sempre la tentazione di prendere le distanze dagli altri. Ma il ‘si salvi chi può’ si tradurrà rapidamente nel ‘tutti contro tutti, e questo sarà peggio di una pandemia”. “Nelle tempeste che stiamo attraversando non ci salverà l’isolamento, non ci salveranno la corsa a rafforzare gli armamenti e ad erigere muri, che anzi ci renderanno sempre più distanti e arrabbiati”, la tesi del Papa: “Non ci salverà l’idolatria del denaro, che rinchiude in sé stessi e provoca voragini di disuguaglianza in cui l’umanità sprofonda. Non ci salverà il consumismo, che anestetizza la mente e paralizza il cuore. La via che il Cielo indica al nostro cammino è un’altra, è la via della pace. Essa chiede, soprattutto nella tempesta, di remare insieme dalla stessa parte”.

“Nella storia abbiamo spesso inseguito mete troppo terrene e abbiamo camminato ognuno per conto proprio, ma con l’aiuto di Dio possiamo cambiare in meglio”. Ne è convinto il Papa, che da Ur, nella parte finale del discorso tenuto durante l’incontro interreligioso, ha lanciato un forte e impegnativo appello ai leader presenti: “Sta a noi, umanità di oggi, e soprattutto a noi, credenti di ogni religione, convertire gli strumenti di odio in strumenti di pace. Sta a noi esortare con forza i responsabili delle nazioni perché la crescente proliferazione delle armi ceda il passo alla distribuzione di cibo per tutti. Sta a noi mettere a tacere le accuse reciproche per dare voce al grido degli oppressi e degli scartati sul pianeta: troppi sono privi di pane, medicine, istruzione, diritti e dignità! Sta a noi mettere in luce le losche manovre che ruotano attorno ai soldi e chiedere con forza che il denaro non finisca sempre e solo ad alimentare l’agio sfrenato di pochi. Sta a noi custodire la casa comune dai nostri intenti predatori. Sta a noi ricordare al mondo che la vita umana vale per quello che è e non per quello che ha, e che le vite di nascituri, anziani, migranti, uomini e donne di ogni colore e nazionalità sono sacre sempre e contano come quelle di tutti! Sta a noi avere il coraggio di alzare gli occhi e guardare le stelle, le stelle che vide il nostro padre Abramo, le stelle della promessa”. “Il cammino di Abramo fu una benedizione di pace. Ma non fu facile: egli dovette affrontare lotte e imprevisti”, ha ammesso il Papa: “Anche noi abbiamo davanti un cammino accidentato, ma abbiamo bisogno, come il grande patriarca, di fare passi concreti, di peregrinare alla scoperta del volto dell’altro, di condividere memorie, sguardi e silenzi, storie ed esperienze”. “Per andare avanti, abbiamo bisogno di fare insieme qualcosa di buono e di concreto”, la consegna di Francesco: “Questa è la via, soprattutto per i giovani, che non possono vedere i loro sogni stroncati dai conflitti del passato! È urgente educarli alla fraternità, educarli a guardare le stelle. È una vera e propria emergenza; sarà il vaccino più efficace per un domani di pace. Perché siete voi, cari giovani, il nostro presente e il nostro futuro! Solo con gli altri si possono sanare le ferite del passato”. “Quanta gente qui, nel silenzio e nel disinteresse del mondo, ha avviato cammini di fraternità!”, l’omaggio del Papa: “Noi, fratelli e sorelle di diverse religioni, ci siamo trovati qui, a casa, e da qui, insieme, vogliamo impegnarci perché si realizzi il sogno di Dio: che la famiglia umana diventi ospitale e accogliente verso tutti i suoi figli; che, guardando il medesimo cielo, cammini in pace sulla stessa terra”.