Ho dei diritti. E dei doveri. L’importanza di educare alla responsabilità

Ho trovato questa vignetta in un post di un giovane medico. Mi ha colpito innanzitutto perché esplicita, con la forza dell’immagine, lo stato d’animo di chi è in prima linea nella lotta contro la pandemia, tornata a livelli preoccupanti in questi ultimi giorni, a causa soprattutto delle varianti del virus, che destano preoccupazioni tra gli specialisti: i numeri dei ricoveri nelle terapie intensive e il tempo necessario al recupero della salute, che richiede più giorni rispetto ai mesi scorsi, attestano che non sono preoccupazioni eccessive. Inoltre, questa immagine traduce perfettamente il mio pensiero di queste settimane, che si è concentrato proprio sui temi di questa vignetta.
Ho letto articoli, ho assistito a scambi, anche forti, di opinioni sui social, ma, soprattutto, ho ascoltato persone; le ho ascoltate nei bar durante la colazione con alcuni parrocchiani dopo la Messa nel mese di “zona gialla”, le ho ascoltate dentro le narrazioni dei colleghi a scuola e nei racconti dei ragazzi.
Tra tante belle testimonianze, mi ha colpito come, nonostante l’esperienza che stiamo vivendo, per le situazioni più disparate ha ancora molto successo la scelta di trincerarsi dietro l’espressione: “Abbiamo dei diritti”. Due esempi possono bastare. “Mio figlio ha diritto”, ha tuonato qualche genitore a riguardo dei figli, puntando il dito, ovviamente, contro la scuola, rea di non essere sufficientemente attenta alle sconfinate esigenze del pargolo. Ovviamente, il ragazzino ha diritto a un’attenzione esclusiva da parte dei docenti, perché anche se in didattica a distanza è tutta la classe, risulta di diritto divino che il docente si concentri sugli apprendimenti e sullo stato di salute psicofisica di uno solo, come se gli altri non esistessero. Senso di comunità e altruismo: 10 cum laude! Non solo, il figliolo necessita, nella scuola in presenza, di appunti personalizzati e di essere avvisato previamente dell’interrogazione o verifica, per verificare la sua disponibilità a sostenere la prova (si noti bene: non mi sto riferendo a chi ha davvero diritto, per via di certificazioni emanate da enti competenti, a trattamenti speciali o all’ausilio di un docente di sostegno). Aggiungo io: propongo di domandargli anche il voto che gradirebbe, per la serie, come afferma il proverbio popolare: “fatto trenta, facciamo trentuno”.
Domandina facile facile: ma, per caso, esiste ancora il dovere dello studente di seguire le lezioni con attenzione, studiare anche a casa, svolgere i compiti in ogni loro parte, consegnarli con puntualità e prepararsi a dimostrare le competenze acquisite? Perché forse, e dico “forse”, il livello educativo della scuola si gioca anche qui, nella responsabilità che compete allo studente e alla sua famiglia, che non può essere sostituita, nel suo compito educativo, dalla scuola.
Un altro piccolo episodio, una piccola discussione alla quale ho assistito, restando allibito. Tizio: “Io sabato sono andato a casa mia in montagna.. c’era pieno, non si riusciva a parcheggiare.. e poi, con le ciaspole eravamo tantissimi e appiccicati”. Caio: “Non era meglio stare a casa? Va bene che è zona gialla, d’accordo sul fare un giretto.. ma insomma, c’è la pandemia, almeno evitare assembramenti. Pensa ai medici, poveretti!”. Tizio: “Ma piantala (qui, parolaccia irripetibile)! Se è zona gialla vuol dire che si può andare e la gente va! Ne abbiamo il diritto! E cosa c’entrano i medici? Hanno scelto loro di fare quel mestiere!”. Non c’è che dire, anche qui una “laude” ci sta a pennello! Più ci penso, più mi convinco di questo: abbiamo perso la circolarità feconda tra diritto e dovere, che ci ricorda come non sia possibile appellarsi all’uno senza, nel contempo, aver ben presente l’altro. Non esiste diritto senza dovere né dovere senza diritto. Non esiste che io possa intendere la mia libertà di movimento in zona gialla a prescindere dal dovere di non creare condizioni che possano favorire la diffusione del virus, comportando un peggioramento della salute di tutti. Intendere il diritto, che si afferma con forza di avere, in modo autoreferenziale, origina un circolo vizioso, perché tutto ruota attorno al solo diritto, escludendo l’altro, che ha il diritto a sua volta di non essere danneggiato dai miei comportamenti. Dal mio punto di vista, l’educazione che offriamo ai nostri bambini fin da piccoli deve tornare a esplicitare il legame inscindibile tra diritto e dovere, perché, ahimè, esso non può più essere considerato come già acquisito.