“Devono controllare”… o “dobbiamo controllarci”? Una questione di responsabilità

Il leitmotiv è noto: “Zona rossa, arancione rinforzato… tutto inutile! Tanto la gente è in giro! Se non controllano, puoi anche mettere zona nera.. la gente se ne infischia ormai dei colori! Devono controllare!”. Questa è soltanto una delle affermazioni che ho letto in questi giorni: su questa e, di riflesso, su quelle ad essa similari, vorrei proporre qualche riflessione.

Al sentire questa frase lapidaria, mi sono ricordato la mia insegnante di lettere di prima e seconda media, la professoressa Mariarita Mosca, all’Istituto Figlie del Sacro Cuore di Gesù in Bergamo. Spiegandoci l’analisi logica, in seconda media, con voce squillante, dopo aver individuato il verbo nella frase, gridava: “Chiiiiiiii?”; questo, ovviamente, per insegnarci a trovare il soggetto, colui che aveva compiuto l’azione descritta dal verbo. Ora, questa domanda ad alta voce, “Chiiiii?”, è la stessa che mi pongo io dinanzi all’espressione: “Devono controllare”. In realtà, con questa domanda io posso trovare, in questo caso, sia il soggetto che il complemento oggetto: ci deve essere qualcuno che controlla, il soggetto appunto, e qualcuno che viene controllato, il complemento oggetto. Mi soffermo sul soggetto, che nell’espressione “devono controllare” non è esplicitato. Ecco, questo è il problema! Credo che molti intendano, lasciando il soggetto implicito, le forze dell’ordine. Vero, indubbiamente, ma non va dimenticato che, perché possano mantenere l’ordine, devono avere le forze!

Questo, attualmente, costituisce una seria criticità: praticamente tutte le forze dell’ordine sono in carenza di organico, per via dei tagli al personale degli ultimi anni. Nella mia zona, pochi carabinieri, con due/tre vetture, devono presidiare otto comuni. Come possono farlo con efficacia? Penso alle mie due comunità: a Grumello servirebbero forze dell’ordine in molte zone.. tutti sanno che i luoghi di assembramento, di ragazzi e non solo, si trovano sul monte, nella zona della Chiesetta degli alpini, in alcuni parchi, nelle strette viuzze dietro la Chiesa parrocchiale, al cimitero ecc.; a Telgate, nella zona del cimitero, nei campi presso la Chiesetta di San Giuliano, ecc. Solo nelle mie due comunità, ci sono così tanti luoghi che favoriscono la trasgressione alla norma anti-assembramento che servirebbero decine di membri delle forze dell’ordine per garantire un controllo capillare del territorio.

Ma qui si pone la domanda: solo loro devono controllare? Forse, la prima forma di controllo, non dovrebbe essere quella che ciascuno esercita su se stesso e tra i membri della sua famiglia? Penso ai ragazzi, in particolare. Sappiamo che ovunque ci sono gruppetti, anche numerosi, di ragazzi in giro, anche in zona rossa, spesso senza dispositivi di protezione individuale. Sappiamo anche come non sia facile invitarli a stare a casa e a indossare correttamente la mascherina: con i ragazzi che conosco delle mie comunità l’ho fatto e lo faccio, solitamente ottenendo quello che chiedo con gentilezza (almeno che indossino la mascherina.. non che tornino a casa: semplicemente.. vanno altrove), ma non è sempre così e non tutti li conoscono come li conosco io.. Altri adulti potrebbero ricevere risposte ben diverse!

Tuttavia, qui si pone la domanda radicale, che può dare fastidio, essere accusata di voler colpevolizzare famiglie già duramente provate dalla situazione, ma che è ineludibile: se ben oltre le 22, ora del coprifuoco, i ragazzi sono a zonzo per il paese o nascosti da qualche parte, i genitori dove sono? Perché a quell’ora i figli non sono in casa con loro? Chi dovrebbe prendersi cura di questi ragazzi, in questo caso, se non il genitore? Penso anche al tempo precedente la pandemia.

Segnalai al nostro maresciallo che alcuni ragazzini di 14 anni, a terza media appena conclusa, avevano avuto accesso a locali che prevedevano un’età minima di 16 anni per l’ingresso: erano entrati alle 24 ed usciti alle 3 di mattina. Il militare, persona seria e  sempre disponibile, mi rispose, allargando le braccia: “Caro don, ti ringrazio. Sentirò il gestore del locale, farò il richiamo e intensificherò i controlli. Però.. chi li lascia andare a 14 anni in giro di notte e in quei locali?? Noi carabinieri facciamo il possibile.. però…”. Aveva ragione, pienamente ragione. È ora che il soggetto dell’espressione “devono controllare” trovi esplicitazione: IO devo controllare, innanzitutto me stesso; NOI, adulti e genitori, dobbiamo controllare i nostri ragazzi, cercando di tornare a fare rete perché il rispetto delle regole sia compreso e interiorizzato come valore anche dai ragazzi con situazioni familiari difficili; è la comunità intera responsabile dell’educazione al rispetto delle regole e delle leggi, per il bene di tutti. Le forze dell’ordine, alle quali va tutta la nostra gratitudine, fanno ciò che possono e ciò che compete a loro: ciascuno di noi, ora, faccia la propria parte!