“Con cuore di padre”, intervista a Don Luigi Maria Epicoco

Nel decreto del Vaticano pubblicato in data 8 dicembre 2020, giorno dedicato alla Beata Vergine Immacolata e sposa di Giuseppe, si legge che Papa Francesco ha stabilito la celebrazione fino all’8 dicembre 2021 di un anno particolare dedicato a San Giuseppe, in occasione del 150° anniversario dalla sua proclamazione a “Patrono della Chiesa universale” da parte di Pio IX con il decreto “Quemadmodum Deus”. 

San Giuseppe, una delle figure più importanti nell’avvenimento della Redenzione: figura di cui i Vangeli dicono poche ma significative cose, ricordandolo come lo sposo che accoglie Maria e il figlio, che a loro provvede, che tiene sempre il cuore aperto a ogni parola che gli viene dall’Alto. 

Ecco perché Giuseppe è figura di credente cui fare riferimento per ciascuno di noi, proprio nelle grandi e fondamentali scelte della vita.

Don Luigi Maria Epicoco ha scritto “Con cuore di Padre. San Giuseppe. Meditazioni e preghiere” (Edizioni San Paolo 2021, pp. 128, 10,00 euro), che offre diverse strade per entrare nel mistero di quest’uomo: la meditazione quotidiana, scandita dalle riflessioni dello stesso autore, il testo completo della Lettera apostolica Patris Corde, “Con cuore di Padre”, con cui Papa Francesco indice l’anno dedicato a San Giuseppe e riflette sulla sua figura, in occasione del 150° anniver­sario della sua proclamazione a patrono della Chiesa cattolica e una pagina di don Tonino Bello, che attualizza la figu­ra di Giuseppe e mette ognuno di fronte alla sua responsabilità dinanzi al Creato e agli altri. 

Abbiamo intervistato Don Luigi Maria Epicoco, sacerdote dell’Arcidiocesi dell’Aquila, che insegna filosofia alla Pontificia Università Lateranense e all’ISSR “Fides et Ratio” di L’Aquila, di cui è anche Preside. 

Don Luigi, per quale motivo i Vangeli sono scarni di informazioni, che possano aiutarci a inquadrare in maniera preci­sa la vicenda della vita di Giuseppe, il cui nome significa “Dio aggiunge” e discende dalla famiglia di Da­vide? 

«Non solo il Vangelo è scarno di informazioni su Giuseppe, ma è scarno di informazioni di tanti altri personaggi come Maria, per esempio. Questo perché i Vangeli sono la storia di Gesù. La cosa importante di questi personaggi è quello che ci viene detto in rapporto a Cristo, non in rapporto a se stessi». 

Giu­seppe è un maestro di vita spirituale? 

«Assolutamente sì. Infatti, nel corso dei secoli, Giuseppe è stato riconosciuto come particolare protettore della vita spirituale, se intendiamo per vita spirituale la capacità di mettersi in ascolto nella voce di Dio che ci parla. La capacità di ascoltare ciò che il Signore rivolge al cuore di ciascun uomo. Giuseppe più di tutti gli altri ha avuto questa sua capacità di intendere la volontà di Dio, di capirla. È interessante notare che Giuseppe è un uomo tutto ascolto. Nel Vangelo non viene riportata nessuna sua parola, ma viene sempre riportata la sua capacità di ascoltare, di mettere in pratica e di decidere». 

Davanti alla minaccia di Erode, Giuseppe non ha paura a partire di notte, affrontando l’incognita che tocca a tutti i migranti quando sono costretti a lasciare i paesi d’origine. Giusep­pe è un uomo forte, concreto e creativo, che mostra la sua forza nella calma?

«Giuseppe è anche un uomo che ha paura e più avanti il Vangelo lo dirà esplicitamente. Nel tornare indietro Giuseppe viene a sapere che il figlio di Erode ha preso il comando al posto del padre e questo lo fa deviare verso Nazareth. Tutti abbiamo paura, anche Giuseppe ha paura, ma accadono avvenimenti di forza maggiore, che ci rendono coraggiosi. È la stessa cosa che capita ai migranti. A volte è proprio per amore dei figli che trovano il coraggio di intraprendere questi viaggi della speranza. Giuseppe è un uomo che ha una immensa fiducia in Dio. Credo che questo faccia vincere la sua naturale, umana paura». 

Nella Lettera apostolica “Patris corde – Con cuore di Padre”, Bergoglio scrive che la prima grande qualità di San Giuseppe è che fu lo sposo di Maria e il padre di Gesù. In quanto tale, ‘si pose al servizio dell’intero disegno salvifico’, come afferma San Giovanni Crisostomo. San Giuseppe è un padre che è stato sempre amato dal popolo cristiano?

«Fin dall’inizio si è compreso l’importanza di questa figura significativa. Dio affida a Giuseppe le cose più preziose che ha, cioè Suo Figlio e la Madre. Soltanto per questo atto di fiducia, i credenti hanno compreso che lo spessore di quest’uomo era uno spessore affidabile». 

Un aspetto che caratterizza San Giuseppe e che è stato posto in evidenza sin dai tempi della prima Enciclica sociale, la “Rerum novarum” di Leone XIII, è il suo rapporto con il lavoro, scrive Bergoglio. Lavoro sempre più precario in tempo di pandemia, come sottolinea lo stesso Santo Padre. Quindi un Santo attualissimo? 

«Sì, perché San Giuseppe ci aiuta a comprendere che il lavoro può aiutarci a santificarci, non è solo un dovere dietro al quale esaurirsi. Il lavoro è legato alla dignità umana, una persona che trova lavoro vede nobilitata anche la propria vita. Non a caso il popolo cristiano si rivolge a San Giuseppe, in tempi in cui il lavoro scarseggia, per intercedere a favore del lavoro. In fondo ciascuno di noi vorrebbe sì incontrare la Provvidenza, ma non intesa come una magia che ci risolve i problemi, una Provvidenza che ci metta nelle condizioni di poter far noi qualcosa». 

“Caro San Giuseppe, scusami se approfitto della tua ospitalità…”. È vero che la commovente lettera immaginaria di Don Tonino Bello riporta a Betlemme, all’atmosfera che c’era nella bottega di Giuseppe, bravo artigiano del legno? 

«La lettera di Don Tonino è straordinariamente bella, perché Don Tonino ha la capacità di restituire l’umanità a questi personaggi. Abbiamo usato talmente tante volte la teologia, da disincarnare queste persone. Don Tonino invece ha la capacità di far sentire l’umanità di ciascuna di queste, soprattutto quella di Giuseppe».