Bolivia, suor Giusy Manenti racconta: “Il covid ha portato povertà, morte e solitudine”

Quello che manca. La pandemia ha portato tutti a sentire la mancanza di qualcosa. Spesso di qualcuno. È iniziato il tempo della memoria, delle storie che cominciano con “Un anno fa…” e il ricordo si appesantisce del fatto che il presente non risulta meno leggero. Seguiamo le vicende italiane e ascoltiamo l’eco di quanto accade nel mondo, anche se dai Paesi più poveri la voce, debole, fatica ad arrivare. Proviamo ad amplificare questa voce, a raccogliere il racconto di quello che si è vissuto nel mondo attraverso alcuni testimoni diretti  coinvolti in modo profondo nella vita delle città, delle periferie, dei villaggi: i missionari. Con loro parliamo di passato, di presente e di futuro, cercando di identificare soprattutto in questa fase storica, a un anno dallo scoppio della pandemia, che cosa più manca ai popoli che abitano le diverse zone della terra. Il nostro viaggio parte dalla Bolivia, dalla zona di Potosì, a circa 4000 metri di altitudine. Lì da 27 anni è missionaria suor Giusy Manenti, delle Suore del Bambin Gesù, originaria di Capriate. Vive in una piccola comunità con tre suore boliviane e una spagnola. È ancora un periodo difficile per la loro gente. “Manca la scuola, mancano le attività con le mamme, manca il lavoro, manca tutto quello che garantiva una vita serena e buona per tutti” dice pensando alla situazione attuale. Ricorda le restrizioni di cui la zona è stata oggetto in quest’anno. “Si poteva uscire in un determinato giorno secondo la cifra finale del numero del documento di identità. I bambini avevano iniziato l’anno scolastico nel mese di febbraio 2020 e le scuole sono state chiuse per un intero anno”. La “classe virtuale” attivata per proseguire la didattica diventa però esclusiva. “Non tutti possono partecipare perché non hanno la connessione a Internet o gli strumenti adatti. In molte famiglie la formazione dei bambini e dei ragazzi ha subito un grave stop”. Parlare delle famiglie porta un velo di tristezza nella voce di suor Giusy. “Nelle famiglie costrette in casa per lungo tempo non sempre le cose sono andate bene. Molte sono ‘scoppiate’ e si sono separate, ma la cosa più terribile è che sono aumentate le violenze domestiche e ci sono stati femminicidi che lasciano senza parole”. In tante famiglie il contagio con il Covid-19 ha portato morte e solitudine. “C’è chi ha perso i genitori, i fratelli, i figli. Abbiamo contato tanti morti ed è stato straziante non poter essere vicino a chi era malato e chi piangeva per la morte di un familiare”. Nel cuore di suor Giusy ci sono anche i giovani. “Sono tanti i ragazzi che hanno perso un anno di scuola e si avvertono non solo la stanchezza e il vuoto ma anche la perdita della speranza, di quello sguardo bello e sognatore che hanno i giovani. Vedono che la pandemia non si risolve ancora, che i loro studi proseguono a rilento, che le difficoltà con il lavoro sono tante e spengono i loro sogni. Questo è molto triste”. In questo anno le suore si sono recate spesso nelle zone più povere per consegnare riso, pasta, olio, farina, zucchero soprattutto alle famiglie con la presenza di bambini e di anziani. “Abbiamo ricevuto l’aiuto di tante persone generose e questa è una grande grazia”. Quello che più manca nella vita ordinaria della missione è l’appuntamento mensile con le mamme. “E’ un progetto importante per le donne della zona. Sono più di 200 quelle che partecipano, sono mamme o giovani che non hanno studiato”. Le suore hanno allestito un grande laboratorio dove vengono realizzati oggetti per la casa con il tessuto boliviano. “Ora questa mancanza di incontro si sente. Manca la relazione di amicizia, di collaborazione, di sostegno vicendevole. Molte mamme sostenevano la famiglia andando lungo le strade a vendere piccole cose o cibi preparati in casa. Non potendo uscire per la vendita la situazione economica di molte famiglie è peggiorata”. La speranza di suor Giusy è di poter ripartire presto con piccoli gruppi di donne. Il vuoto creato dalla pandemia viene riempito dalle suore con la preghiera. “Abbiamo intensificato la preghiera. Nella nostra parrocchia abbiamo messo un altoparlante esterno. Noi recitavamo il Rosario e nelle case potevano pregare con noi. Preghiamo per i vivi e per i defunti e cerchiamo, con l’aiuto del Signore, di tenere viva la fede e la speranza”.