Il Teatro Donizetti apre “L’archivio delle meraviglie”. In onda Pippo Delbono

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Non è ancora tempo (purtroppo) di riaprire i teatri, nel frattempo, però, la Fondazione Teatro Donizetti propone un nuovo appuntamento de “L’archivio delle meraviglie” delle Stagioni di Prosa del Teatro, un ciclo di spettacoli in videostreaming in onda sul canale Vimeo https://vimeo.com/teatrodonizetti. Da venerdì 9 alle 18 fino alla mezzanotte di domenica 11 aprile sarà possibile assaporare i “Racconti di giugno” di e con Pippo Delbono. “L’archivio delle meraviglie” attinge agli spettacoli presentati negli anni passati sul palco del Donizetti e degli altri teatri della città e secondo le intenzioni di Maria Grazia Panigada, direttore artistico della Stagione di Prosa e Altri Percorsi intende valorizzare e rendere disponibile al pubblico il ricco archivio di filmati e di molto altro materiale nel quale è custodita la storia dello stesso teatro. La visione dello spettacolo, filmato il 18 febbraio 2010 al Teatro Donizetti nell’ambito della rassegna Altri Percorsi (durata 85 minuti), è gratuita e sarà preceduta da una breve introduzione appositamente realizzata dallo stesso Pippo Delbono.

«Il tempo dell’attesa per le chiusure dei teatri, a causa della pandemia – racconta Maria Grazia Panigada -, e il tempo dei lavori al Teatro Donizetti, per la ristrutturazione, ci hanno ancora più rivelato quanto sia importante custodire il patrimonio che ci è stato consegnato e valorizzarlo. Sappiamo bene che l’atto teatrale si consuma nel qui e ora dell’accadimento, nel momento magico dell’incontro fra artisti e spettatori, quando si abbassano le luci in sala e il palcoscenico si illumina di storie. Ma su quello stesso palcoscenico, dove domani riprenderemo ad allestire spettacoli, tante cose sono accadute nel corso del tempo e tante tracce sono rimaste».

«Nei mesi passati abbiamo ripercorso la memoria grazie al ricordo degli spettatori, delle maestranze, degli artisti – prosegue il direttore artistico -. Ora vogliamo iniziare ad attraversare quel luogo prezioso, antro magico del tempo, che è l’archivio della Fondazione Teatro Donizetti: in questi mesi stanno riapparendo dagli imballaggi del trasloco manifesti, copioni, foto di scena, pubblicazioni e tutte le registrazioni degli spettacoli in prosa che dagli anni Ottanta sono state fatte – quando le compagnie ne davano il permesso – e consultabili per ragioni solo di ricerca e di studio. Guardando tutto questo materiale video è nata quindi l’idea di chiedere ad alcuni artisti, attori e autori di poter fare vedere un loro spettacolo per dare vita ad una piccola rassegna on line. Il ciclo “L’archivio delle meraviglie” è il primo atto con cui vogliamo condividere con il nostro pubblico il lavoro di scavo e riordino dei materiali della memoria».

Racconti di giugno, produzione della Compagnia Pippo Delbono e Emilia Romagna Teatro Fondazione, è una sorta di diario di bordo, racconto di un’introspezione sul senso nascosto delle relazioni, sul lato dei desideri non espressi ma mostrati, sulla curiosità per gli altri. Un autore-attore si confessa senza reticenze e con pudore in una dinamica di cronache e lampi di memoria, zigzagando tra le avventure della vita scenica e vissuta. Memoria e racconto, dunque, si sovrappongono: una sedia, un tavolino e una bottiglia di birra è tutto quel che serve all’attore, che alterna storie in un footing linguistico, uno slittamento del codice espressivo reso immediatamente percepibile dalle luci e dalle musiche manovrate da Pepe Robledo. Frammenti autobiografici da Urlo, Il tempo degli assassini, da Rabbia e da Enrico V servono a dire quello che le parole di un discorso, seppure si tratti di una confessione, non riescono ad esprimere.

Narratore generoso, Delbono dice all’inizio di Racconti di giugno: «Non è uno spettacolo, è il racconto di un viaggio che comincia in un paese della riviera ligure, a Varazze». E allora prendiamolo come il viaggio di un marinaio a caccia non di balene, ma di sogni. Il protagonista vi esibisce la sua “nudità”, apre l’album della sua vita: straordinaria, coraggiosa, tenera, moderno ritratto di una generazione smarrita, favola dai passaggi noir, inno salvifico all’arte, alla libertà, al teatro come redenzione. Una concentrazione di passione mozzafiato e di serenità disarmante, cui oggi, forse, non si è più abituati.