Second hand: il nuovo shopping sostenibile, etico e di tendenza. A portata di click

Comprare sostenibile è ormai diventato facilissimo : basta un click e i prodotti desiderati saranno recapitati al proprio domicilio. Sono infatti tantissime le app e i siti che permettono di acquistare in modo sicuro e veloce anche second hand, tendenza che sta prendendo sempre più piede e che con la pandemia ha visto un’accellerazione, soprattutto da maggio a settembre dello scorso anno. Le donne rimangono gli acquirenti principali (70%), con un’età tra i 20 e i 35 anni. Il 26% ha effettuato il primo acquisto proprio nel 2020, e se il 60% si è avvicinato a questo mondo qualche anno fa, il 20% è propenso a farlo nei prossimi mesi (dati ProntoPro.it). Tra le ultime app approdate in Italia, Vinted , dove effettuare la compravendita di abiti e accessori con la protezione acquisti per chi compra. Per gli appassionati di Vintage Depop permette di fare ottimi affari ; per chi segue l’alta moda Vestiaire Collective e Rebelle  sono imperdibili (le usano anche molte influencer) ; Vide Dressing soddisfa invece ogni stile e budget, con oltre 14 mila brand ; per gli appassionati di borse Rebag è il sito ideale . Armadioverde oltre ad incentivare l’economia circolare, punta ad un maggiore dialogo i vari utenti al fine di creare una vera e propria community. Ci sono anche e-commerce dove comprare usato equivale aiutare l’ambiente ma anche il prossimo : è il caso di Clothest, dove si trova usato di lusso la cui vendita va a finanziare i progetti di assistenza della Casa Famiglia Caritas di Montevarchi. Non mancano nemmeno le app per chi invece di comprare, vuole liberarsi di ciò che non usa più, come Maimesso, che ritira il tutto a domicilio, gratuitamente,  permettendo di guadagnare il 40% della cifra fissata e, in caso di invenduto, si possono riavere o donare in beneficenza. « Possiamo dire che il second hand ha sempre fatto parte della mia vita, anche se all’inizio incosciamente – riferisce Luisa, 33 anni, di Bergamo – : sin da adolescente una mia zia, che aveva la mia stessa taglia, mi passava vestiti, scarpe e borse. Poi con gli anni, soprattutto durante il periodo universitario, acquistare di seconda mano era una cosa che facevo più per una questione economica che etica. Non mancavano inoltre gli scambi di vestiti tra amiche : puntualmente, al cambio stagione, liberavo il mio armadio da ciò che non utilizzavo più, dandoli alle mie amiche e ricevendo altro in cambio. Un modo simpatico per rinnovare il guardaroba a costo zero. Nel 2006, in un periodo di studio a Londra, c’erano un sacco di mercatini di seconda mano, e mi aveva colpito il fatto che lì il second hand fosse molto più sdoganato che da noi, addirittura considerato alternativo e ‘figo ‘. Nel 2012 per un periodo avevo aperto anche un profilo facebook che utilizzavo proprio per rivendere ciò che non indossavo più, perlopiù scarpe o vestiti acquistati sulla scia dell’entusiasmo del momento e messi magari una volta o due. Col passare degli anni la questione economica ha lasciato sempre più spazio al lato etico : mi sono informata sulle conseguenze, a livello ambientale ed umano, della fast fashion e quindi ho deciso di continuare questa strada. Ora che ho due figli, anche per loro compro usato : crescono talmente in fretta; ma oltre a vestiti, acquisto soprattutto giocattoli e libri per loro ».«Mi sono ritrovata vicino casa questo negozio, è stata una sorpresa : da lì ho cominciato ad acquistare saltuariamente vestiti e casalinghi – racconta Rita, 34 anni, di Bergamo  -. Da una parte mi attirava l’idea che acquistando, il ricavato sarebbe stato utilizzato per i progetti della cooperativa, dall’altra parte c’era anche la questione economica : spesso portavo a casa degli abiti molto belli e particolari a un prezzo davvero vantaggioso ». Rita è tra i clienti del negozio « La cosa giusta », che da Bergamo si è poi spostato a Torre Boldone, gestito dalla Cooperativa Con – tatto, che attraverso questo progetto sostiene la Casa di accoglienza Il Mantello, che accoglie donne in situazione di fragilità. « Prima della pandemia mi ci recavo soprattutto per il cambio stagione : se in quel momento avevo bisogno di qualcosa, andavo a vedere se lì trovavo qualcosa che potesse fare al caso moi. Mi è piaciuta molta come realtà. Ho anche donato io stessa degli abiti che non utilizzavo più». L’usato spesso trova una nuova vita non solo tramite questi progetti, ma anche con il passaggio tra familiari e amici : « Soprattutto per quanto riguarda gli oggetti tecnologici, che sono ancora funzionanti e che sarebbe un peccato buttare via, ma anche vestiti che non vanno più bene o non si riutilizzano più ». E aggiunge : « L’usato ci ricorda che, se non riusciamo in un determinato momento a riconoscere il valore di una cosa, questa può invece averlo ancora agli occhi di altre persone. Se qualcosa non ci serve più, non significa che sia senza valore. Inoltre permette di condividere qualcosa di bello riducendo lo spreco ».