“Anime nere”. Due donne e due destini nella tragedia del Novecento. Intervista a Lucetta Scaraffia

Lucetta Scaraffia, storica e giornalista, docente di Storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma, ha scritto a quattro mani, con la storica Anna Foa: “Anime nere. Due donne e due destini nella Roma nazista” (Marsilio Editore 2021, Collana “Gli Specchi”, pp. 256, 16 euro), dedicate alle figure di Celeste Di Porto (Roma, 29 luglio 1925 – 13 marzo 1981) e Helena Hoehn (1901-2001), il cui legame nacque nel 1946 nel carcere romano delle Mantellate. 

Di queste due donne, che si muovono in una zona grigia del “Secolo breve”, dialoghiamo con Lucetta Scaraffia, nata a Torino, la quale collabora con diverse testate italiane e internazionali tra cui “Le Monde” e “El País”, ed è autrice di numerosi libri.

Il 2 aprile 1948 due donne si muovono da Assisi verso Trento, un viaggio allora lungo e faticoso. Una delle due è una signora bionda, non particolarmente bella ma di aspetto gradevole, sulla quarantina, dai modi e dagli abiti decisamente borghesi. L’altra è molto più giovane, bruna, formosa, con grandi occhi scuri e l’aria di una popolana. La prima parla in buon italiano con un lieve accento tedesco, la più giovane ha una forte inflessione romanesca. Una si chiama Elena Hoehn, l’altra Celeste Di Porto. La prima, luterana di nascita, e cattolica; l’altra, già ebrea, è stata battezzata pochi giorni prima”.

  • Dottoressa Scaraffia, per quale motivo le biografie eccezionali di Celeste Di Porto e di Helena Hoehn sono poco conosciute?

In realtà, separatamente, sono state argomento di libri e romanzi, ma ricostruiti con poca serietà storica, da autori poco versati nella lettura critica dei documenti, che ne hanno fatto o capri espiatori di una situazione drammatica o improbabili eroine di errori giudiziari.

Noi abbiamo rivisto tutti i documenti disponibili, che non sono pochi, e abbiamo studiato l’intreccio delle loro vicende. In un certo senso, non si può comprendere l’una senza conoscere bene la biografia dell’altra.

  • Celeste Di Porto, “personaggio enigmatico”, un’ebrea che collabora con i nazisti. Quale fu l’origine di questa controversa scelta?

Senza dubbio in queste scelte è sempre fondamentale la delusione personale, il fatto di sentirsi disprezzata ingiustamente nel proprio ambiente di nascita. Mentre dall’altra parte, quella del gruppo fascista con cui collabora, si vede apprezzata e premiata con regali importanti e con un po’ di potere personale.

Ma certo rimane sempre una figura inquieta, che non riesce ad appartenere interamente a nessuno dei mondi che attraversa, una povera infelice.

  • Elena e Celeste, due diverse storie di “conversione”: per Celeste Di Porto, dall’ebraismo al cattolicesimo, e di Elena, tutta interna al cristianesimo, una conversione alla religione, “allo spirito profetico di Chiara Lubich e alla vita cristiana”. L’incontro con Chiara Lubich agli albori del Movimento dei Focolari fu fondamentale per la vita di Elena?

Certo Elena rimane affascinata da questa giovane donna carismatica, intorno a cui si riuniscono altre giovani donne pronte a seguirla. Ma il suo animo calcolatore intravede anche nel nascente movimento una possibilità di rinascita dopo gli infelici avvenimenti in cui è stata coinvolta. Nonostante una improbabile assoluzione, sospetti pesanti di tradimento gravano infatti su di lei, e in un movimento nascente, in cui non sanno niente di lei e credono alla sua versione dei fatti, la riabilitazione è possibile. Anzi, Elena trova anche un posto come figura spirituale influente, come scrittrice, cosa che aveva sempre desiderato. La sua capacità di manipolazione, la sua fantasia nell’inventare versioni attendibili degli episodi controversi della sua vita, trovano in queste giovani pronte all’accoglienza, facile successo.

  • Roma, 1944. “Città aperta” in mano alle truppe di occupazione naziste dopo l’8 settembre ‘43 e la fuga dei Savoia. In questo contesto si inserisce l’attentato partigiano di via Rasella, che portò alla rappresaglia con l’eccidio delle Fosse Ardeatine. È vero che l’evento-simbolo della durezza dell’occupazione tedesca a Roma, è un altro elemento che accomuna Celeste Di Porto a Elena Hoehn?

Molti degli ebrei denunciati da Celeste trovano la morte nell’eccidio delle fosse Ardeatine, e così i tre ufficiali dei carabinieri, che Elena ha consegnato alle SS. Probabilmente proprio questo evento che le accomuna diventa occasione di contatto e di amicizia quando si incontrano nel carcere delle Mantellate. Più che amicizia si tratta di un patronage, che Elena esercita sulla giovane e più sprovveduta Celeste, e che porterà alla conversione di quest’ultima. Conversione che costituirà una prova della vera conversione alla vita religiosa di Elena.

  • Molto simili erano anche le imputazioni che avevano portato Celeste ed Elena dietro le sbarre per essere processate. Ce ne vuole parlare?

Se per entrambe, le imputazioni erano di avere con la loro attività delatoria consegnato in mano delle SS ebrei e uomini impegnati nella resistenza, molto diversi sono stati i loro processi. Celeste viene inchiodata ai suoi delitti da molte testimonianze dei sopravvissuti, e condannata. Elena, della quale emerge indubbiamente la colpevolezza in istruttoria, viene salvata dalla testimonianza di un complice delle SS, anch’egli in prigione, che non viene sottoposta a verifica. Ci è sembrato evidente che i giudici avessero dovuto tirarla fuori a tutti i costi, perché era in possesso di informazioni che non dovevano essere divulgate. Il suo caso non è certo isolato in quel periodo storico complicato, in cui complici e vittime sono stretti in un nodo spesso difficile da sciogliere.

  • I destini di Celeste Di Porto e di Elena Hoehn, “anime nere” nella tragedia del Novecento, che cosa possono insegnare alle giovani generazioni?

Noi speriamo che capiscano una cosa: che anche se, in un primo momento, alcuni traditori riescono a farla franca, poi arriva sempre il momento della resa dei conti, e la finzione cade. Così che il giudizio su di loro cambia completamente di colore.