Verso l’alt(r)o, la meditazione della settimana: gli occhi aprono viaggi

Un occhio giallo, rotondo, con una pupilla nera proprio al centro.
[…] Non vede che quell’occhio: gli alberi, lo zoo, il recinto, tutto è scomparso.
Non resta che un’unica cosa: l’occhio del lupo. […] La pupilla può ben ingrandire, invadere l’intero occhio, bruciare come un vero incendio, il ragazzo non distoglie lo sguardo. E quando tutto è diventato nero, completamente nero, lui scopre quello che finora nessuno aveva scoperto nell’occhio del lupo: la pupilla è viva. È una lupa nera, appallottolata in mezzo ai suoi piccoli, che fissa il ragazzo ringhiando. Non si muove ma, sotto la lucida pelliccia, la si sente tesa come un uragano.

D. PENNAC, L’occhio del lupo

Leggendo il romanzo di Pennac, mi ha affascinato la profondità di conoscenza che nasce tra i due protagonisti di questa fiaba. Uomo e lupo, fissi uno di fronte all’altro, si consegnano senza censure. Nel libro vengono descritti due viaggi, uno per ciascun personaggio. Sono viaggi complessi ma insieme semplici: l’autore riesce ad accarezzare tanti stati d’animo, scegliendo aneddoti e dettagli che fanno calare nella storia, e ciascuno può attingere nella propria mente un bagaglio per sentirsi accanto ai protagonisti.

C’è poi quello che mi piace pensare un terzo viaggio. I due personaggi si aprono all’altro senza pronunciare parola. Lasciano che i propri occhi si uniscano in un linguaggio universale e immediato. Un processo che avviene non senza fatica. Tutto il primo capitolo è un avvicinamento tra i due protagonisti, rispettando i tempi dell’indifferenza, poi del pregiudizio, della curiosità, del sospetto, della sfida, della vergogna, del dolore. Infine il contatto. Sono passaggi ordinari ma tanto scontati da sembrare straordinari, resi così vividi dall’autore.


Rileggere e scrivere le righe della citazione che ho scelto ha riacceso l’impressione che ho avuto leggendole la prima volta: che meraviglia! Come è possibile che tutti gli occhi che incontro durante la
giornata non mi aprano una realtà dentro cui sentirmi? Dentro cui poter esserci davvero, perché il ragazzo è una presenza reale nella storia scoperta del lupo. La mamma lupa gli ringhia contro quando lo vede e non mi piace pensare che sia solo una trovata narrativa.

Ho letto proprio ieri delle righe di un amico che mi spiega le ragioni di una sua scelta. Mi sono dato un tempo per accogliere questa lettera, di sera, con un po’ di tranquillità. Così ho potuto scoprire una storia, fatta addirittura di 33 anni, e ho potuto entrarci e vedermi parte di quella storia in alcuni tratti. La mia esperienza esce un po’ dal tipo di incontro della fiaba, ma credo che il paragone non sia forzato.

Il ragazzo e il lupo sono in uno stato di estraniazione dalla realtà, non vedono che i reciproci occhi. Si danno un tempo necessario per diventare partecipi della condizione dell’altro. Così come la lettera che ho ricevuto, aperta di passaggio in un altro momento durante il giorno, forse non mi avrebbe trasportato con sé nello stesso modo.

Ci sono certo tanti modi per incontrare l’altro, ma ho apprezzato tanto l’elogio di Pennac fatto agli occhi che sono specchio dell’anima (Platone, Fedro) e lampada del corpo (Matteo 6, 22a).