L’ultima notte di Maria di Nazaret: “Nessuno è solo al momento della morte”

La copertina del volume

Prendendo spunto dai Vangeli canonici e dai Vangeli apocrifi, Natale Benazzi, teologo, scrittore e saggista, responsabile del settore di spiritualità presso le Edizioni San Paolo, nel romanzo “L’ultima notte di Maria di Nazaret” (Edizioni San Paolo 2020, pp. 192, 18,00 euro) racconta in maniera inedita la vita di Maria, toccando l’anima del lettore. 

Maria si trova all’ultima sera della sua esistenza, prima che il Figlio torni a prenderla come le aveva promesso. In questa ultima notte, vissuta nella casa di Giovanni, che l’aveva accolta con sé, la Madre di Gesù racconta la sua vita a coloro che le sono stati accanto negli ultimi anni. 

Abbiamo intervistato Natale Benazzi, nato nel 1961 a Legnano ma residente a Milano, che lavora da anni nel settore dell’editoria, ed è autore di svariati saggi.

Nel suo libro si propone di descrivere i quasi due anni trascorsi da Maria di Nazaret dai giorni della Passione e della risurrezione di suo figlio? 

«È tutta una supposizione che noi abbiamo a partire dai testi apocrifi e da una piccola citazione, breve ma importante, che è quella degli Atti degli Apostoli. Gli Atti degli Apostoli ci dicono, infatti, che dopo la risurrezione al momento della discesa dello Spirito Santo nella Pentecoste, Maria è presente con gli Apostoli, riunita con la comunità apostolica nel cenacolo. Il Vangelo di Giovanni dice che Gesù dalla croce affida sua madre a Giovanni, i Vangeli Apocrifi sviluppano in buona parte questa idea, cioè che Maria abbia vissuto il resto della sua esistenza presso Giovanni. Mentre quest’ultimo era andato ad annunciare il Vangelo, Maria era rimasta nella casa di Giovanni con la sua famiglia. Per la narrazione del romanzo parto da qui, Maria si trova nell’abitazione di Giovanni a vivere il resto della sua esistenza. Nella fattispecie nel racconto, l’ultimo giorno e l’ultima notte. Questo è il percorso sia canonico e sia apocrifo dal quale sono partito».

“Rallegrati Maria, piena di attesa…”. Mentre la donna piange la perdita del figlio e la nostalgia di un ricongiungimento, ecco apparire un angelo con un ramo di palma nelle mani che annuncia a Maria che, di lì a poco, ella morirà e che il suo corpo sarà elevato dove l’attende il figlio tanto agognato. Tutto era cominciato con un angelo e con un angelo tutto sta per finire? 

«Sì, anche questa naturalmente è una scelta narrativa, mutuata dai testi apocrifi. Cioè il fatto che ci sia un angelo al momento dell’annunciazione e che ci sia anche in questa che è una seconda annunciazione. Come nel primo annuncio della nascita del Figlio, che viene raccontato dal Vangelo di Luca, anche qui un angelo annuncia il secondo momento di incontro di Maria con il Figlio, perché è quello in cui il Figlio, secondo una promessa che Lui stesso ha fatto alla madre, non la lascerà sola nel momento del passaggio definitivo della morte o della “dormizione”, questo addormentarsi di Maria, secondo la tradizione della Chiesa, ma tornerà presso di lei. Quindi due angeli, o un medesimo angelo, annunciano in due momenti diversi, all’inizio e alla fine della vita, quello che è il duplice momento decisivo dell’esistenza di Maria. L’angelo naturalmente è il simbolo della vita stessa e di Dio che ci dice cosa sta accadendo».  

“Ecco, io ti invierò tutti gli apostoli, che non ti lasceranno più fino a quando non ti avranno trasportata nel luogo ove tu sarai nella gloria” (Libro del riposo di Maria). Nel volume scrive che “nella giovane Chiesa nata a Pentecoste, nessuno viene lasciato morire da solo”. È il senso stesso della risurrezione e Maria sarà la prima a testimoniarlo? 

«Sì, questo è il senso della resurrezione cristiana,che è il vero evento cristiano, perché tante volte ce lo dimentichiamo ma il tema della fede cristiana è la risurrezione di Gesù, che è un modo per definire il passaggio dalla vita alla vita. La resurrezione è un modo di passare dalla vita terrena, dalla vita che noi conosciamo più che terrena, alla vita che ancora non conosciamo, ma nella quale c’è speranza, perché altrimenti, come dice San Paolo: “Se Cristo non fosse risorto, mangiate e bevete, perché domani morirete!”. È l’evento decisivo. In questo senso è necessario nella vicenda cristiana, che nessuno sia lasciato a morire da solo. Oltretutto questa è un’affermazione che in tempo da pandemia da Covid-19 diventa ancora più forte. Negli ospedali in qualche modo il personale medico è stato chiamato a essere Chiesa a sua volta, molti medici e molti infermieri/e l’hanno fatto in questi ultimi dolorosi mesi. Accompagnare come fossero comunità nell’ultimo passaggio e questo è estremamente importante per qualsiasi vita umana, non solo cristiana». 

“Portatemi a vedere dove l’avete sepolta”. Per quale motivo anche questa volta l’apostolo Tommaso sente la necessità di chinarsi sul sepolcro? 

«Non è vero che Tommaso semplicemente non crede, ma ci obbliga a un’idea diversa di fede, questo ho tentato di dire. Quello che dice Tommaso non è soltanto un non credere, è obbligarci a ricordare che il Risorto è lo stesso che è morto, le piaghe sono il segnale evidente che non è un altro. Colui che è risorto è davvero colui che è stato crocifisso. Quindi Tommaso da questo punto di vista è la figura di colui che fa fatica a credere e che ha bisogno di un segno, ma ha bisogno di quel segno che è obiettivamente decisivo». 

Secondo la tradizione, in quale luogo si dice sia stata sepolta, e in seguito assunta al cielo, la madre di Gesù? 

«Le ipotesi sono diverse, la più attestata la pone a Gerusalemme nella Basilica della Dormizione, luogo di culto al di fuori della cinta muraria della città vecchia, vicino alla Porta di Sion, tuttora visitabile, che è tradizionalmente il posto dove Maria avrebbe vissuto l’ultimo momento, che viene festeggiato con termini diversi, quello dell’Assunzione per il mondo cattolico e della Dormizione per il mondo ortodosso. Nel racconto anch’io pongo qui il passaggio di Maria dalla vita alla vita».