Aldo Cazzullo racconta “Le italiane”: “Sono le donne a custodire l’identità del Paese”

“L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. 

L’articolo 1 della Costituzione italiana fissa in modo solenne il risultato del referendum del 2 giugno 1946, quando per la prima volta nella storia del nostro Paese la nuova forma istituzionale, monarchica o repubblicana, venne scelta con la partecipazione femminile. Donne forti, coraggiose, combattive, energiche, indomite, pioniere nei loro campi d’azione perché sono le donne a custodire l’identità italiana. Ieri come oggi e come avverrà domani. È l’opinione sostenuta da Aldo Cazzullo nel saggio “Le italiane” (Solferino 2021, pp. 288, euro 18,00), nel quale il giornalista  e scrittore piemontese spiega per quale motivo sia convinto che l’Italia sia “Il Paese salvato dalle donne”, come recita il sottotitolo del testo. Cazzullo rievoca le figure, il carattere e le storie delle tante italiane che ha conosciuto, dalle centenarie alle ragazze, in un trascinante racconto a più voci che è anche un viaggio dentro l’animo femminile e nella comunità nazionale. 

Abbiamo intervistato Aldo Cazzullo, nato ad Alba in provincia di Cuneo nel 1966, inviato e editorialista del “Corriere della Sera”, dove cura la pagina delle Lettere, i cui libri sull’Italia hanno venduto oltre un milione di copie. 

“Fino al 1946, le italiane non potevano votare. La loro opinione non contava niente. Le donne però avevano fatto la Resistenza, avevano combattuto i nazisti, avevano rischiato e talora sacrificato la vita per proteggere gli ebrei, i partigiani, i perseguitati; non si potevano più escludere dalle decisioni, dalla politica, dalla vita pubblica”.

Centenarie come Franca Valeri, ragazze come Bebe Vio, attrici come Monica Bellucci, cantanti come Gianna Nannini, donne di parola come Elvira Sellerio, di potere come Miuccia Prada, sante come Suor Enrichetta, guerriere del Risorgimento, della Grande Guerra, della Resistenza. L’Italia è dunque un Paese salvato dalle donne? 

Ne sono convinto. Ho scritto cinque anni fa un libro, “Le donne erediteranno la terra”, dove spiego perché il nostro sarà il secolo del sorpasso della donna sull’uomo. È vero che il nostro è un paese maschilista, però in questo anno terribile della pandemia abbiamo capito che sono le donne che ci hanno salvato e ci salveranno. Noi diciamo sempre medici e infermieri al maschile, ma la maggioranza dei medici e degli infermieri sono donne, anche la maggioranza dei giovani medici sono donne. Pensiamo anche a tutte quelle donne che non si sono mai fermate durante il lockdown: le farmaciste, le cassiere dei supermercati, le bariste, le libraie, le edicolanti, le mamma che hanno continuato a lavorare badando ai figli che non potevano andare a scuola e le nonne che si sono prese cura dei nipoti correndo dei rischi, o peggio che non hanno potuto vedere i nipoti. Credo che tutti abbiamo un debito di riconoscenza nei confronti delle nostre donne. In questo libro cerco di raccontare le donne che ho conosciuto, le grandi italiane, come Rita Levi Montalcini e le protagoniste del nostro presente, cantanti, attrici e tante donne comuni che poi sono quelle che ci hanno dato la vita e che ce la salvano tutti i giorni. 

Ha incontrato Chiara Ferragni. Che opinione si è fatto dell’italiana più seguita al mondo? 

Chiara Ferragni è una donna che ce l’ha fatta: si è inventata un mestiere che non esisteva, l’influencer, ed è oggi l’italiana più famosa nel mondo, ha 23 milioni di follower, non è soltanto un fenomeno italiano, ma anche americano. Non sono un fan della Rete, anzi ne sono abbastanza critico, però è il nostro mondo, non possiamo averne un altro. Dobbiamo cercare di capirlo, adattarci e cercare di migliorarlo. Mi pare di capire che Chiara Ferragni si sia posta il problema di diventare qualcosa di più che una persona che vende pubblicità. È andata agli Uffizi, insieme al marito Fedez ha lanciato una raccolta fondi per aiutare i medici del San Raffaele di Milano, ha affidato ai social la sua rabbia e il suo dispiacere per quanto accaduto a Colleferro, vicino a Roma, dove il giovane Willy Monteiro Duarte ha perso la vita in seguito a un brutale e terrificante pestaggio. Chiara Ferragni è una persona che vive il presente e conoscerla è importante, perché ci aiuta a capire come pensano e cosa vogliono i nostri figli e i nostri nipoti. Lo stesso vale per Bebe Vio, per esempio, che è ancora più giovane di Chiara Ferragni e che fa parte della nuova generazione che avanza. 

Nel volume cita anche “Chiara, la più italiana delle sante”. Una antesignana? 

Sì, Chiara è la capostipite delle italiane. Santa Chiara è all’inizio della nostra identità, siamo agli inizi della lingua volgare. Santa Chiara non è da meno di San Francesco, ha la sua stessa storia: esce di casa, si ribella all’ordine costituito, sceglie di fare vita monacale, rivendica la propria libertà. Papa Gregorio IX all’inizio non gli vuole riconoscere il diritto di fondare un ordine monastico, ma l’ordine delle Clarisse esiste ancora adesso. Dacia Maraini, un’altra donna presente nel mio saggio, anni fa ha scritto un bellissimo libro su Santa Chiara, un personaggio del quale possiamo essere fieri. Tutti insieme questi personaggi, storici e contemporanei, compongono l’identità della donna italiana. 

La storia recente della letteratura italiana dimostra che donne del nostro Paese non solo sanno scrivere, ma con il talento per le cose pratiche che si ritrovano sanno riconoscere gli scrittori, fondare o salvare case editrici, vivere di parole e far vivere le parole, anche impazzire e morire, come Alda Merini. Ce ne vuole parlare? 

Non ho mai conosciuto Alda Merini, me ne ha parlato Lucio Dalla, del quale ero molto amico e che a sua volta era molto amico della poetessa. Alda Merini è stata una donna che ha sofferto moltissimo. È stata chiusa in manicomio, le è stato fatto l’elettroshock. Quando Alda Merini vinceva un premio letterario, subito spendeva i soldi del premio per donarli ai suoi amici clochard, alle persone con cui divideva la vita. Viveva a Milano in un piccolo appartamento sui Navigli, scriveva le poesie sulle mura di casa e sui fogli volanti per non rischiare di perderle. Tante delle donne di cui racconto la storia nel libro hanno sofferto moltissimo. Rita Levi Montalcini mi disse che non avrebbe mai vinto il Premio Nobel per la Medicina nel 1986 se il Duce non avesse promulgato le leggi razziali nel 1938 costringendola a chiudersi in una stanza della sua abitazione a Torino facendo esperimenti e scoprendo delle cose nuove. Franca Valeri, analogamente, con amarezza, anche lei di religione ebraica, mi disse che non avrebbe mai finito di leggere la “Recherche” di Proust se non fosse stata chiusa in casa. La Valeri raccontava che la sua vicina di casa, quella ragazza che si nascondeva insieme a lei nel palazzo semidistrutto dalle bombe di Via Mozart a Milano venne portata via dalle SS mentre Franca Valeri riuscì a sfuggire. Questa ragazza che si era appena sposata, venne deportata ad Auschwitz da dove non tornò. Ecco perché Franca Valeri diceva sempre che per lei la giovinezza era iniziata il 25 aprile del 1945 e aveva incominciato a vivere soltanto allora. Elvira Sellerio, per citare una donna di parola presente nel libro, soffrì moltissimo per la separazione dal marito, l’editore Enzo. Anche Inge Feltrinelli soffrì moltissimo quando nel marzo del 1972 il marito, l’editore Giangiacomo, fu trovato morto sotto un traliccio dell’alta tensione a Segrate in provincia di Milano. Inge Feltrinelli non ha mai creduto alla versione ufficiale, cioè che Feltrinelli volesse far saltare il traliccio, è morta convinta che il marito fosse stato assassinato. “Sono sempre stata con loro una brava ragazza tedesca”, mi rispose Inge Feltrinelli, quando le chiesi dei suoi rapporti con i grandi uomini che aveva conosciuto: Pablo Picasso, Fidel Castro, ErnestHemingway. Nel libro c’è anche la storia di Gianna Nannini che racconta come è diventata madre a 56 anni, mentre Stefania Sandrelli ha raccontato come amava contemporaneamente Gino Paoli e Luigi Tenco, cosa non facile.

Sono state le donne ad aver pagato il prezzo più alto alla pandemia. Donne medico, infermiere, cassiere dei supermercati, farmaciste, donne in uniforme, croniste, conducenti dei mezzi pubblici, insegnanti. Un eroismo quotidiano, il loro, che non fa notizia? 

Non amo la parola “eroina”, ma mi rendo conto che l’eroismo è la quotidianità. Al di fuori delle circostanze straordinarie, il vero eroismo è fare il proprio dovere tutti i giorni, prendersi le proprie responsabilità ed essere all’altezza della situazione. Sono convinto che le donne siano particolarmente vocate alla politica, perché gli uomini tendono all’astrazione, le donne sono più concrete, gli uomini discutono, le donne fanno. Gli uomini teorizzano, le donne risolvono i problemi. Lo vediamo in Germania con Angela Merkel, l’abbiamo visto in Inghilterra con Margaret Thatcher. L’Italia resta un Paese maschilista, un Paese all’indietro da questo punto di vista. Non abbiamo mai avuto un Presidente del Consiglio donna e neanche un Presidente della Repubblica di sesso femminile. Eppure l’ascesa delle donne italiane è stata impetuosa. Oggi la direttrice dell’Organizzazione europea per la ricerca nucleare, il CERN di Ginevra, è una italiana, la fisica Fabiola Gianotti. Le principali direttrici delle principali carceri italiane sono donne, i giovani magistrati in maggioranza sono donne, pensiamo che fino al 1950 le donne non potevano entrare in magistratura. C’è una grande ascesa da parte delle donne italiane e sono convinto che questa ascesa sia appena incominciata. 

Per quale motivo i retaggi maschilisti ancora resistono nell’Italia di oggi?

Perché c’è una mentalità antica, ci sono tanti uomini che non accettano un “no” o un “basta”, un rifiuto o un abbandono. Che si considerano proprietari del corpo e dell’anima della donna. Attenzione, perché a volte il maschilismo viene insegnato dalle madri ai figli maschi: “Tu resta pure seduto a tavola, tua sorella si alza e sparecchia”. A volte ci vorrebbe un po’ più di solidarietà femminile. Da secoli gli uomini sono maestri nel far litigare le donne tra loro. Arriveremo a un giorno in cui non sarà più una notizia che il Capo dello Stato, il Premier o il capo ufficio è donna o uomo, guarderemo se è bravo o non lo è, se è onesto o non lo è.  

Scrive di essere convinto che accanto al senso della famiglia, le donne hanno anche un forte senso della Patria. Desidera chiarire la Sua riflessione?

Giovanni Paolo II diceva che l’amor di Patria è un’estensione del Quarto Comandamento: onora il padre e la madre. La Patria è la terra dei padri, ma anche la terra delle madri. In ogni famiglia italiana c’è stato qualcuno che ha contribuito a fare l’Italia: le guerre d’Indipendenza, le due guerre mondiali, la ricostruzione. Questo frammento di memoria nazionale, che ogni famiglia custodisce, confermato da cimeli, medaglie, antiche cartoline e fotografie, lettere, molto spesso è custodito dalle donne. Ecco perché le donne hanno molto forte questo senso della Patria. E la storia nazionale molto spesso ci infervora, ci appassiona, ci entusiasma quando coincide con la storia della nostra famiglia. In questo senso le donne sono le custodi della memoria, ora hanno pagato un prezzo molto alto con la pandemia, ma l’avevano pagato anche prima con le guerre nei secoli passati. Non è un caso che soltanto nel 1919 le donne italiane abbiano avuto la capacità giuridica, cioè la possibilità di concludere un contratto, di essere autonome finanziariamente, di essere imprenditrici. C’era stata la Grande Guerra e l’Italia non avrebbe mai vinto la I Guerra Mondiale se non ci fossero state le donne italiane che mandarono avanti il Paese mentre gli uomini erano in trincea a combattere. Così come non è un caso che le donne italiane poterono finalmente votare per la prima volta nel 1946, perché c’era stata la Resistenza, alla quale le donne avevano dato un grande contributo per la riconquista della libertà e della democrazia.