Nuovi bisogni, lavoro di rete, tanto impegno. Intervista a Serena Rondi, rieletta presidente della Società di San Vincenzo bergamasca

«Il tempo che stiamo vivendo fa emergere nuovi problemi sociali, economici e culturali. Sono problemi che non possono lasciarci indifferenti, perché le povertà sono un affare di tutti e una vera sfida per la nostra associazione». Serena Rondi, di Nembro, è stata rieletta presidente della Società di San Vincenzo bergamasca per un altro triennio durante l’assemblea diocesana dell’associazione, svoltasi nei gironi scorsi nel cineteatro parrocchiale di Boccaleone.

Serena Rondi

«Abbiamo di fronte nuove sfide — racconta —, nonostante la situazione pandemica stia migliorando. Questo ultimo  anno e mezzo è stato una grande prova anche per i vincenziani. Ripartire significa recuperare energie, tornare attivi sul territorio e riflettere sulle scelte. Ma non sarà come prima e dedicheremo il nostro tempo particolarmente su due fronti». Rondi analizza questi fronti. «Il primo è la cura delle conferenze parrocchiali che con passione hanno continuato ad operare anche nei momenti drammatici. Il secondo fronte è il lavoro in rete, per rinforzare i legami con le amministrazioni comunali, i centri di primo ascolto, le parrocchie e le altre associazioni». 

L’elenco del «fare» della San Vincenzo bergamasca abbraccia un vasto cammino: continuare la visita alle Conferenze parrocchiali; partecipare a bandi per progetti a disposizione dei vincenziani a beneficio delle famiglie e delle persone bisognose; proseguire la collaborazione con la scuola Mazzi-Lotto per coinvolgere altri studenti nel volontariato; collaborare con le realtà diocesane, la Caritas, gli enti del territorio e le associazioni. «Con questi impegni — prosegue Rondi — rispondiamo all’invito del vescovo Francesco Beschi che ha chiesto alle associazioni di essere laboratori di fraternità e testimonianza creativa di carità. I bisogni che stanno emergendo, aggravati dalla pandemia, sono sempre tanti e ci preoccupano. Penso alle famiglie senza lavoro o con scarse risorse economiche, ai giovani senza prospettive di futuro o con mancato accesso alla formazione, agli anziani in solitudine».

Lo scorso anno, i numeri della San Vincenzo hanno subito un sensibile calo, soprattutto a causa delle morti per la pandemia e non soltanto per le rinunce per invecchiamento dei vincenziani. Infatti, il numero delle Conferenze parrocchiali è sceso a 58 (nel 2019 erano 73), di cui 16 in città (erano 21 l’anno precedente): quelle di Boccaleone-Malpensata e Valtesse-Monterosso hanno dovuto accorparsi per l’esiguità dei numeri. Identica sorte per i vincenziani, scesi a 504 rispetto ai precedenti 666. «Una nota positiva, che voglio sottolineare come segno di speranza — sottolinea con forza Rondi — è stata l’ingresso di 67 volontari esterni, molti dei quali giovani, impegnati in vari ambiti, come la distribuzione di pacchi viveri. L’invecchiamento dell’età dei vincenziani è un dato di fatto, ma comune a tutte le associazioni. Questo apre riflessioni su nuovi modi per coinvolgere le persone, senza aspettarci un’immediata adesione». Lo scorso anno la San Vincenzo ha distribuito aiuti per 490.171 euro. A livello centrale gli aiuti sono andati in distribuzione di pacchi alimentari o indumenti, mobili, pagamenti vari (medicine, bollette, materiale scolastico, affitti, mutui). Gli aiuti hanno raggiunto 1.702 famiglie e 3.905 persone. A livello di conferenze parrocchiali, gli aiuti hanno riguardato casi legati a malattia, mancanza di lavoro, separazioni, dipendenze (alcol, droga, gioco). 

Nonostante gli ostacoli per la pandemia, la San Vincenzo ha proseguito i progetti legati a bisogni emergenti: «Progetto spazi extrascuola» (laboratori, supporto allo studio, aiuto compiti); «Progetto segno» (lavoro per persone fragili, famiglie impoverite dalla pandemia, prima integrazione di famiglie straniere, esperienze prelavorative per studenti); «Il cortile di Ozanam» a Nembro con servizi educativi per famiglie e minori in difficoltà. Rondi ricorda infine un nuovo servizio attivato durante la pandemia, ovvero il telefono. «Poiché spesso le visite domiciliari non si potevano effettuare, abbiamo contattato le persone con il cellulare e tramite videochiamate. È un servizio che ha raccolto vasto successo, soprattutto fra gli anziani soli. I nostri telefoni erano bollenti per il numero di chiamate».