La crisi cambia lo stile di vita degli italiani e la necessità di risparmiare impone svolte drastiche nelle «abitudini di spesa». Si torna a pranzare e cenare a casa e si rinuncia anche al rito domenicale delle «pastarelle», dopo aver già tagliato sugli acquisti di automobili, vestiario, scarpe e viaggi.
(da www.ecodibergamo.it)
La crisi cambia tutto. Cambia anche il modo di mangiare. E’ proprio un intero sistema che è entrato in fibrillazione, quello che si vede e di cui tutti parlano, l’economia ansimante con le ricadute che sono sotto gli occhi di tutti, e quello che sembra nascosto e che spesso si connette con difficoltà con quello che si vede e di cui si parla. Per capire, dunque, si può partire dal noto per arrivare all’ignoto. O viceversa. Così anche la crisi dei dolci presi in pasticceria e l’aumento di spesa per comprare gli ingredienti per farli a casa, “dicono” a modo loro qualcosa.
CIBO “FERIALE”
Si sta passando da un modo più festoso di mangiare a un modo più “feriale”. Nessuno si augura improbabili ritorni al passato. Ma chi è un po’ meno giovane si ricorda che i secondi piatti non erano normali attorno alla metà del secolo scorso. Una buona pastasciutta bastava o, alla sera soprattutto, una buona minestra. Il secondo non c’era. In una società del benessere, anche il cibo aumenta e soprattutto si diversifica: non un solo piatto, ma più piatti e soprattutto piatti non indispensabili, come i dolci. In una società in crisi, invece si mangia di meno, si mangiano cibi più semplici e si mangia di più a casa. Si abbozza un ritorno all’indietro, in qualche modo, un piccolo ritorno, ma significativo.
LA MESSA, CIBO POVERO
Se mi è permessa una considerazione un po’ estemporanea, mi domando se questo non vada anche nel senso dei simbolismi liturgici cristiani. Nella Messa uno spumante e una torta non possono sostituire il vino, un semplice e banale vino da pasto e del pane, il pane che ha cambiato forma e colore, ma che pane deve essere, se non si vuole cadere nell’invalidità del rito. La Messa cristiana è, di sua natura, povera, dunque, e sembra trovarsi più a suo agio in una comunità povera che in una ricca. Se fosse così, che cosa potrebbe significare? Forse che per essere davvero eucaristici o si deve essere poveri o si deve fare di tutto per diventarlo? E che pensare del fatto che questo ci viene ricordato proprio dalla crisi che stiamo attraversando?