Chiesa e società

E’ bene che la religione svolga una funzione pubblica oppure, come qualcuno ha sostenuto recentemente, “la riconquista cattolica della sfera pubblica” rappresenta un pericolo per le società democratiche e liberali, in particolare per la distinzione tra Stato e Chiesa, tra morale e diritto, tra peccato e reato?

ADULTERIO CON IL MONDO O RICONQUISTA

A togliere dal tavolo del dibattito politologico questi interrogativi per distribuirli su quelli dei mass media è stato l’avvento al papato di Papa Francesco, da qualcuno considerato come un cedimento allo spirito del mondo, “un adulterio della Chiesa con il mondo”, da altri un tentativo di venire a capo per altra via di una “reconquista”, dopo gli anni della secolarizzazione. Dopo il crollo, sotto i colpi della crisi dei fondamenti, dei grandi sistemi filosofici (l’idealismo, il marxismo, il positivismo), che, pur correndo in competizione con la religione, in realtà le fornivano una sponda, la religione era stata data come fenomeno residuale. E’ vero che già in Hegel e in Gentile la religione era sì cemento e base della legittimazione popolare dello Stato, ma solo come una specie di filosofia del popolo. Nel secondo dopoguerra, il fenomeno della secolarizzazione esplode con virulenza. “L’eclissi del sacro nella società industriale” di Sabino Aquaviva è del 1961. Donde, persino, la teologia della morte di Dio di H. Cox, su suggestioni di Dietrich Bonhoeffer. Il filone sotterraneo della “morte di Dio”, scoperto/inventato solitariamente da Nietszche tra ‘800 e ‘900, emergeva come una miniera a cielo aperto, nella quale hanno scavato i pensieri dei filosofi e dei sociologi del secondo dopoguerra.

SECOLARIZZAZIONE

Non erano campati per aria. Se portiamo la lente sull’Italia, il Paese subisce nel giro di un decennio, dal 1945, una trasformazione socio-culturale profonda e sconvolgente: i contadini all’inizio degli anni ’50 sono il 45%, precipiteranno al di sotto del 20% in poco tempo. Oggi sono al 4%. L’immissione di milioni di persone nella società industriale, attraverso i fenomeni di immigrazione massiccia e di urbanesimo, fa saltare radici, culture e sintesi organiche di lavoro, fede, struttura sociale. Tutto ciò, mentre la Chiesa di Pio XII, uscita “vittoriosa” dalla Seconda guerra mondiale, si illudeva di realizzare una nuova “societas christiana”, nella quale il livello socio-politico, istituzionale e ecclesiastico  si inanellavano come i tre cerchi della tiara. Il processo di secolarizzazione travolse quelle velleità. Benchè proprio in quegli anni il partito cattolico celebrasse il proprio potere – da un manifesto del 1963 una giovane cinguettava accattivante: la DC ha vent’anni! – la religione cattolica si andava ritirando dalla società. Il compimento simbolico di questa parabola è la fine del partito cattolico tra il 1993 e gli inizi del 1994.

LA FINE DELLA DC E LA CHIESA SECONDO RUINI

Alla DC ormai frammentata in più di una sigla politica e incapace di garantire la presenza pubblica dei cattolici, tentò di subentrare direttamente la CEI del Card. Ruini, che elaborò e lanciò tra il 1994 e 1997 il Progetto culturale orientato in senso cristiano. Le ricerche sociologiche hanno continuato a documentare, tuttavia, un continuo calo della pratica religiosa fino al 15% della popolazione italiana e, contemporaneamente, la diffusione di un largo pluralismo religioso.  Il Progetto di Ruini, fortemente politico, non è bastato a bloccare i processi di es-culturazione. Oggi gli osservatori interessati sono divisi tra chi auspica, in una prospettiva post-secolare, la permanenza di un’influenza pubblica della religione istituzionalizzata, e chi teme per le sorti dei diritti individuali. Quale “influenza pubblica”? Papa Francesco nell’intervista alla Civiltà cattolica pare non pensare ad una presenza per via di rappresentanze politiche e di leggi, ma, in primo luogo, “per accompagnamento”. E’ l’uovo di Colombo. La Chiesa non si impone, si offre al cammino dell’umanità nell’epoca della globalizzazione.