«Perché Dio che è capace di tirare, spingere e rigirare le nuvole, le onde e i pianeti, non riesce a inventare qualcosa che trasforma il male in bene?» Anna è una bambina dai lunghi capelli rossi, che fa un sacco di domande, ne «Il paradiso di Anna» (Donzelli) l’ultimo, originale lavoro di Stian Hole, pluripremiato autore norvegese. Mamma non c’è più e lei vorrebbe tanto ritrovarla, vorrebbe almeno sapere dov’è. Nella scena che apre questo albo il papà ha in mano un mazzo di rose rosse e sullo sfondo si vede una chiesa. Padre e figlia sono uniti da un ricordo delicato, ancora denso di dolore. «Oggi lassù c’è qualcuno che tira chiodi dal cielo. Non è giusto» dice il papà. «No – sussurra Anna – ma domani potrebbero essere fragole con il miele». Nella stanza della mamma (ancora più vera grazie al tocco iperrealista e insieme surreale e fantastico di Hole) c’è aria di abbandono: uno scatolone aperto che aspetta di raccogliere le sue cose, i vestiti su una gruccia, la spazzola a terra, la collana di perle sfilata, le sue chiavi di casa. Tutto così intimo, familiare, e allo stesso tempo finito, lontano. E’ ora di andare, di salutarla, nel posto dove adesso riposa, ma Anna e il suo papà esitano, smarriti, con gli occhi che pungono. E a un certo punto Anna prende una strana iniziativa: trova qualcosa, un buco nel cielo, e salta. Il padre la segue. «Dove andiamo, Anna?»,«Lontano, Papà. Attraversiamo a nuoto la Fossa delle Marianne e poi voliamo oltre le galassie, fino a un posto dove il cielo è sott’acqua». Cercano insieme il luogo dov’è finita la mamma, sorretti dall’ottimismo di lei: «Un giorno – ricorda Anna – mentre mi spazzolava i capelli, ha detto che ogni cosa ha due lati. Credi che ci sia qualcosa dall’altra parte dello specchio?». Così Anna va a cercare l’altro lato della vita, l’altro lato del mondo. «Qui vivono quelli che sono invisibili, papà. Lì vedo il vecchio postino. La mamma diceva che lui leggeva le lettere degli altri». Anna e il padre volano tra pesci e uccelli. Non possono, non riescono a trovare la mamma, ma con un’ultima capriola la bimba riesce a strappare a entrambi un sorriso. Il primo passo per passare oltre quella pioggia di chiodi e aspettare le fragole, con una speranza negli occhi.