Villongo, due in uno

Due parrocchie, tre preti, ma una sola, grande comunità: l’unità pastorale è già una bella realtà a Villongo, dove don Cristoforo Vescovi da sette anni è parroco di San Filastro e da tre è anche amministratore parrocchiale di Sant’Alessandro. «L’unità pastorale che sta nascendo – spiega don Cristoforo – è il frutto di una collaborazione che continua da diversi anni. La svolta è arrivata nel 2010 quando il vescovo ci ha dato mandato di creare l’unità pastorale, che sarà ufficializzata formalmente l’anno prossimo».
Tre preti, dicevamo: con don Cristoforo ci sono don Angelo e don Mattia. Loro stessi hanno creato una piccola comunità: condividono la stessa casa, e per loro è stato un punto di partenza utile per sintonizzarsi su un vero lavoro di squadra. Sta nascendo anche un’équipe (con preti e laici al lavoro insieme) che farà da punto di riferimento per il nuovo progetto di unità pastorale.

«Stiamo imparando a conoscerci e a coordinarci per riuscire a usare al meglio le forze che abbiamo» spiega don Cristoforo.
«All’inizio l’idea di unire le parrocchie ha creato un po’ di diffidenza, soprattutto tra le persone più anziane. Temevano di perdere la loro identità parrocchiale, le tradizioni a cui erano legate. Piano piano hanno capito che questo rischio non esisteva. Certo, non è stato subito facile». I tre preti di Villongo si alternano nelle diverse Messe in entrambe le parrocchie: «Così la gente impara a conoscere tutti e tre e sente diverse voci. Ci alterniamo anche nella celebrazione dei sacramenti e nei funerali».

Gli abitanti di Villongo sono circa ottomila, storicamente sono divisi in due parrocchie, ma il comune da tempo è uno solo. «Certo, per tradizione siamo abituati a fare ognuno per sé e anche la società ci porta in questa direzione. Anche soltanto la vita comunitaria diventa invece un momento di rottura di questo stile un po’ individualista: bisogna condividere una sola televisione, lo stesso pasto, gli stessi ambienti, ognuno con le sue abitudini. «Siamo in tre, di tre età diverse, con diverse mentalità, ed è diversa la storia delle parrocchie. Bisogna mettere insieme tutte queste diversità. È un modo per scoprire che ogni scelta ha un valore, qualcosa che poi si riversa anche nella vita della comunità nel lavoro condiviso, nel far crescere la responsabilità di tutti». Le due parrocchie restano, anche dal punto di vista amministrativo: «Per gestire alcune risorse insieme abbiamo creato una cassa comune». Dal punto di vista concreto, l’unità si realizza nella casa comune dei preti, ancora in realizzazione (per ora si sono collocati in un appartamento provvisorio) e in un centro pastorale comune posto al centro del paese, equidistante dalle due parrocchie. «Ma intanto la gente si sposta già con naturalezza da una parrocchia all’altra, anche i catechisti vanno nei due oratori a seconda delle esigenze». Se ci sono occasioni particolari, come le feste patronali, si sospendono le Messe nell’altra parrocchia e si vivono tutti insieme. «Cerchiamo quindi di mantenere vive le identità delle parrocchie e non solo di salvaguardarle, ma anche di valorizzarle». Alcuni momenti particolari, come la Via Crucis, vengono vissuti insieme dalla comunità. Dover stare al passo con i tempi, con le attività e con le persone «è uno stimolo continuo a essere creativi e non ripetitivi. Ci vogliono attenzione ed equilibrio. Avere un consiglio pastorale unico aiuta perché le persone parlano fra loro e si cerca di dare la stessa linea a entrambe le comunità. Se fino a poco tempo fa c’era ancora una forte tendenza a delegare la gestione della comunità ai preti, l’unità pastorale può invece aiutare a realizzare anche la ministerialità allargata ai laici, chiamati a lavorare insieme: certe barriere non esistono più, così come certi confini non hanno più ragione di essere».