L’altra vita

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli…» (vedi Vangelo di Luca 20, 27-38).

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Gesù viene provocato spesso, perché le sue affermazioni e i suoi gesti fanno discutere. Questa volta si fanno avanti i sadducei. Sono un gruppo non molto numeroso, ma influente. Hanno preso il loro nome da Sadoq, celebre sommo sacerdote del tempo di Davide. Appaiono durante il secondo secolo prima di Cristo. Oggi li definiremmo “conservatori”, perché si fondano sulla fedeltà assoluta al testo scritto del Pentateuco, cioè dei primi cinque libri della bibbia, nei quali non si parla ancora in modo esplicito della risurrezione dei morti. Il tema della risurrezione dei morti è comunque relativamente recente. Lo si trova soprattutto nei libri dei Maccabei (vedi la prima lettura di oggi) e nel libro di Daniele, che vengono composti proprio nei due secoli che precedono Gesù. In quel periodo molti ebrei muoiono per difendere la loro fede e la convinzione di una vita dopo la morte nasce proprio come risposta al martirio: se quella gente è morta per difendere la propria fede, non può perdere la vita, Dio li premierà, vivranno con lui anche dopo la morte. I farisei, molto più numerosi dei sadducei, credono nella risurrezione dei morti e con loro la maggioranza della gente.

ESISTE LA VITA DOPO LA MORTE?

Ora la domanda che i sadducei fanno a Gesù si rifà a una legge, la cosiddetta legge del levirato (si trova nel libro del Deuteronomio, al capitolo 25, versetti dal 2 al 10) che stabiliva che una donna rimasta vedova doveva andare sposa al fratello del marito, per assicurare la discendenza al defunto. Il caso citato dai sadducei è volutamente un caso-limite che arriva a coprire di ridicolo la fede nella risurrezione: la donna ha avuto sette mariti. Di chi sarà moglie quando risorgerà? Gesù prende posizione contro l’idea della vita dopo-morte, come una fotocopia impallidita di questa vita. «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio».

La risposta di Gesù è, precisamente, il rifiuto di concepire la vita di dopo come una semplice riedizione della vita di prima. Coloro che sono risorti non hanno più bisogno del matrimonio per poter sopravvivere nei loro figli. L’altra vita, infatti, è totalmente diversa da questa.

Per provare la fede nella risurrezione Gesù si riferisce alla rivelazione del roveto ardente. È il fatto celebre narrato dal libro dell’Esodo, quando Dio parla a Mosè facendo uscire la sua voce da un roveto che arde senza consumarsi. Dio dice di essere «Il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe», un Dio, dunque, che stringe alleanza con i grandi patriarchi della storia di Israele. Ora, Dio non può stringere un’alleanza con dei morti, lui, il Signore della vita. Se Dio, il vivente, si è alleato con Abramo, Isacco e Giacobbe, vuol dire che costoro vivono ancora.

«NON DEVI MORIRE»

Ancora una volta, dobbiamo riconoscere la nostra difficoltà a parlare dell’altra vita quando disponiamo soltanto delle immagini di questa. Siamo un po’ tutti sadducei e abbiamo tutti la nostra storia della donna dai sette mariti da raccontare.

Ma le letture di oggi ci dicono una verità, difficile, appunto, ma consolantissima: i nostri morti vivono. Sono figli di Dio. Dio, cioè, allaccia dei rapporti con gli uomini: «Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe»; se Dio intesse con gli uomini un rapporto amoroso, non può lasciarli annegare nella morte. È come se dicessimo: se Dio ama, non lascia morire. È l’esperienza che tutti noi viviamo. Quando perdiamo una persona cara soffriamo, perché, precisamente, non siamo più in grado di amarla e di essere amati come prima. La morte ha fatto morire la nostra possibilità di rapporti. Ora, se Dio ama, non può tollerare che quelli che egli ama, finiscano preda della morte. È stato detto che amare una persona significa dirle che non deve morire. Ma noi non ci riusciamo. Anche le persone che amiamo di più ci sfuggono o noi sfuggiamo a loro. Il nostro amore è sempre deluso, perché non riesce a realizzare il suo desiderio di non lasciar morire chi si ama. L’unico capace di non lasciar morire coloro che ama è il Signore, il signore della vita e della morte.

IL TUO PARERE

Una certa predicazione parla del paradiso come di una cosa a portata di mano, sicurissima. Che cosa ne pensi?