Ancora don Sergio

Don Sergio Colombo moriva, un mese fa, il 10 ottobre. Domenica 10 novembre la comunità di Redona si è data appuntamento e ha dato appuntamento a chi ha conosciuto don Sergio, a Calcinate, nella chiesa parrocchiale e nel cimitero dove don Sergio riposa.

Erano le 15. La parrocchiale di Calcinate si è riempita e si sono rinnovate le sensazioni che gli ultimi saluti a don Sergio avevano suscitato in tutti: uno straordinario evento di Chiesa per salutare l’amico, il prete, il parroco scomparso.

Ero seduto in fondo alla chiesa. Accanto a me una giovane signora di colore, con i suoi bambini. Sull’altro lato una giovane coppia, con un ragazzino di una decina di anni che si sforzava di leggere anche lui i testi impegnativi del vespro. Più in là una coppia con il loro bimbo in carrozzella… Gente di ogni tipo, tutti insieme. La chiesa stipata non faceva nascere l’esclamazione “quanti siamo!”, ma piuttosto “come siamo insieme, ancora!”. Non una questione di numero, dunque, ma di appartenenza. In generale, comunque, si aveva la sensazione netta di una comunità adulta. Gli adulti dominavano, infatti. Ma giovani e ragazzi non mancavano e neppure essi, per quanto ci è sembrato di capire, si sentivano fuori posto.

Dopo il vespro ci si è recati, in silenzio, al cimitero. Commovente la cerimonia alla tomba, con tutta la gente assiepata attorno. Di fronte a noi la tomba doppia: da una parte don Sergio con la madre, dall’altra il padre con una sorella di don Sergio, morta da piccola molti anni fa. Vedere don Sergio con sua madre faceva venire in mente le immagini che a lui piacevano: la morte, ritorno alla terra, insieme ritorno al grembo materno e ritorno “nel grembo del Padre”. La morte manca sempre di parole e devono abbondare le immagini.

Straziante, per me e, credo per tanti amici, la canzone finale: As tu vis la ceseta de Transaqua, de Transaqua,/col Cimon de la Pala sora i copi? Oh!. Gli amici che hanno preparato il momento della preghiera hanno scelto quel canto perché sapevano che a don Sergio piaceva molto. Me lo ricordo, molti anni fa, quando si facevano le gite in montagna e, immancabilmente, alla fine della giornata, si cantava. E si cantava sempre la cieseta de Transaqua. Don Sergio si impegnava molto nel dirigere il coro e chiedeva un supplemento di sensibilità per far uscire bene, come un sussurro di meraviglia. quel “Oh” che conclude tutte le strofe.

Nella cesa cianta Messa il prete, messa il prete,
Sul Cimon de la Pala fis’cia il vento, oh!

Cosa importa se g’ho le scarpe rote, scarpe rote?
Mi te vardo e me sento il cor contento, oh!

Un interno caldo, pieno di calore. Non ci vuole molto per meravigliarsi comunque e per sentirsi il cuor contento, nonostante la scarpe rotte e nonostante il vento che, fuori, continua a fischiare sul Cimon de la Pala.