Attesa della fine

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». (vedi Vangelo di Luca 21, 5-19). Per leggere i testi liturgici di domenica 17 novembre clicca qui.

Un lungo “viaggio” ha portato Gesù a Gerusalemme. Lungo non tanto per le distanze percorse ma per i molti eventi e i molti insegnamenti che l’evangelista Luca vi ha condensato, a partire dal capitolo 9 fino al capitolo 19. Adesso Gesù è a Gerusalemme. Vi è entrato solennemente. Incontra vari gruppi religiosi che vivono all’ombra del tempio e si scontra con loro. Ormai si è convinto, anche dalla forte ostilità che sente attorno a sé, che la sua morte si avvicina.

INQUIETUDINI E TENSIONI

L’intera società ebraica è percorsa da profonde inquietudini. I Romani sono i padroni politici e militari del paese. Ma gruppi vari si stanno organizzando, si sviluppano forme di guerriglia, avvengono attentati. Non è difficile immaginare che la situazione possa precipitare. E non è neppure difficile immaginare che la prima città a essere coinvolta sarà Gerusalemme, sede del tempio, città santa. Al pensiero di quello che sta per capitare, alla vista della città e proprio mentre vi sta entrando solennemente, Gesù piange.

La fine della città santa, così importante per Israele e per l’intera sua storia, fa pensare alla fine di tutto, alla fine del mondo. Gesù ne ha parlato soprattutto in un discorso che egli tiene, appunto, a Gerusalemme e pochi giorni prima di morire. Si chiama discorso “escatologico”, cioè discorso sugli “escata”, sugli “ultimi avvenimenti”, sulla fine. Vi si incrociano la fine personale di Gesù, la fine della città santa, la fine di tutto.

Altri predicatori, in molti testi contemporanei di Gesù trattano quell’argomento e parlano di stelle che cadono dal cielo, di sole che si oscura, di grandi sollevamenti politici e militari… Tutte immagini che volevano sottolineare soprattutto l’importanza del giudizio di Dio. Arriva Dio e tutto il mondo sussulta. Anche Gesù usa quelle espressioni.

Nel brano di questa domenica, di che cosa parla Gesù? È abbastanza evidente che questo brano  parla della fine di Gerusalemme. Dopo, nei brani che seguiranno, si parlerà della fine del mondo. Luca distingue più nettamente degli altri evangelisti i due eventi. Gesù, davanti al tempio bellissimo, fa una profezia sconvolgente: «Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta».

Ed è esattamente quello che avverrà. Negli anni dopo la morte di Gesù, dal 30 al 70, l’ambiente della Palestina diventerà sempre più inquieto. Molti gruppi ordiranno trame contro i Romani, fino alla cosiddetta “guerra giudaica” che scoppierà nel 66. I Romani interverranno e la reprimeranno duramente. Nel 70 assedieranno Gerusalemme, la conquisteranno e distruggeranno il tempio. La campagna si concluderà definitivamente nel 73, con la conquista della fortezza di Masada, sul Mar Morto.

PAURA E SPERANZA

La paura continua della catastrofe viene tenuta viva dalle immagini di disastri lontani che l’informazione fa entrare nelle nostre case. In questi giorni l’immane catastrofe delle Filippine si assomma alle nostre paure quotidiane, per la salute, per la crisi economica, per il lavoro che non c’è… Anche per questo, spesso, molto spesso il credente è scontento verso il presente. Proprio perché possiede un’alternativa radicale alla storia, non è contento della storia. Ma, mentre il cristiano critica gli uomini che stanno attorno a lui, la politica, i giovani, i vecchi, tutti e tutto… è spesso esposto, proprio per le sue scontentezze, a dare ascolto al primo che sa “prenderlo”, convincerlo, lusingarlo. La scontentezza può diventare una tentazione. Ora, la vera scontentezza è quella che nasce dalla speranza, dalla fiducia nel Signore: solo chi è scontento “nel nome” del Signore non è esposto all’inganno dei falsi profeti. E invece avviene spesso che siamo molto scontenti e insieme abbiamo poca fede. E questo squilibrio è pericoloso. Diventiamo terreno di conquista per tutti i ciarlatani.

Che fare, allora? È necessario tenere insieme le due cose. Vivere le nostre paure e non perdere la fiducia. Perché, da tutto il vangelo di oggi, emerge in maniera nettissima che la vera disgrazia della Chiesa non sono le persecuzioni, ma il raffreddamento della sua fiducia nel Signore. L’atteggiamento giusto del credente è definito bene da un cristiano, Bonhoeffer che ha sentito molto fortemente le due cose: il peso della sofferenza e della morte, lui che è morto impiccato nel campo di concentramento di Hitler, e, insieme, la ferma fiducia nel Signore. «Ci rimane, dice Bonhoeffer, soltanto lo stretto sentiero, spesso ancora da scoprire, di prendere ogni giornata come fosse l’ultima e di vivere con fede e senso di responsabilità, come se ci attendesse ancora un grande futuro… Pensare e agire con lo sguardo alla generazione futura, pronti a partire ogni giorno, senza paura e senza preoccupazione…».

 IL TUO PARERE

La fede ti fa essere più contento o più scontento della tua situazione? Cerca di dire perché.