La Lega e l’Europa

Bergamo non ce l’ha fatta a entrare nella lista ristretta dei candidati a capitale della cultura per il 2019. Non ce l’ha fatta nonostante i gran bei nomi messi in gioco, nonostante l’impegno dell’assessore Sartirani e di tutta l’Amministrazione, opposizione compresa, nonostante le impressioni molto positive dopo l’incontro con la commissione ministeriale. Le città designate sono tutte del Centro Sud. Da qui la polemica innescata, come da prevedibile copione, dalla Lega Nord. Ermanno Olmi ha risposto e ha sostenuto l’idea che l’immagine pubblica di Bergamo è quella di “capitale della Lega” e questo l’ha danneggiata. A Ermanno Olmi ha risposto un indignato Ettore Pirovano che ha difeso la politica della Lega e ha rimproverato aspramente l’autore dell'”Albero degli Zoccoli” per le sue critiche al partito di Maroni.

MOZART E IL GIOPÌ

Questi, grosso modo, i fatti. Sui quali, a un paio di giorni di distanza, è lecito tornare con un pizzico di distacco. La Lega, dunque, critica la decisione ministeriale. Che la decisione del Ministero possa essere di parte, è possibile. Che sia un poco sorprendente l’esclusione delle città del Nord è ovvio. Ma la Lega, anche questa volta, butta la croce addosso agli altri e non ha, ancora una volta, quel pizzico di senso critico che porta a domandarsi non solo delle colpe degli altri, ma anche delle proprie. Bisogna ricordare a Ettore Pirovano che tutta la tradizione della Lega va nella direzione della presa di distanza dall’Europa. Il Presidente della Provincia, con la finezza che lo contraddistingue, lo ha riaffermato anche questa volta. Parlando a Treviglio, all’indomani della decisione ministeriale ha affermato: “Sono onorato di non essere nel novero di quei paesi che si inchinano all’Europa rinnegando la propria cultura e il proprio territorio”. Appunto: la Lega vede le aperture verso l’esterno come una negazione della cultura del territorio e ha sempre parlato molto di più di Arlecchino e del Giopì che di Mozart e di Beethoven. Padronissima. Ma padronissimi molti di noi di non vedere in polemica Bergamo e l’Europa, la cultura del territorio con la cultura delle nazioni. Solo che per far questo bisogna sforzarsi di pensare, di elaborare una mediazione fra la cultura europea e quella bergamasca. Non ci sembra, con tutto il rispetto, che Pirovano e i leghisti che gli girano attorno siano un pensatoio particolarmente fecondo. Un mio amico mi dice: “In fondo il Ministero ha preso atto che alla Lega non gliene frega nulla dell’Europa e ne ha tratto le conseguenze. Ma, allora, chiede l’amico, la Lega, di che cosa si lamenta: che il Ministero non abbia dato quello che la Lega ha sempre rifiutato?”. E, quindi, aggiungo io, chi è causa del suo mal pianga se stesso. Semmai saranno i bergamaschi a lamentarsi della Lega più che la Lega a lamentarsi del Ministero.

CALDEROLI  E LA CULTURA LEGHISTA

Ci sarebbe poi da dire una parola, una sola parola, sull’osservazione di Ermanno Olmi circa l’immagine distorta che la Lega ha offerto all’opinione pubblica nazionale. Insomma Bergamo “capitale della Lega” non è apparsa la più adatta a rappresentare l’Italia in Europa. Difficile da valutare, d’accordo. Ma, certo, un ministro leghista che dice di pensare a un orango quando vede il ministro Kyenge, non contribuisce a dare l’idea di una cultura aperta, che va oltre le mura, duttile, europeista. Non serve rinfocolare vecchie polemiche? E invece serve. Sì, perché i dirigenti leghisti danno la sensazione che queste parole al vento sono ormai volate via e non contano più. No, contano ancora e molto. Quando tutta la politica va nel senso dell’orgoglio proprio fino al disprezzo razzista dell'”altro” poi non si può pretendere che l’Europa ci promuova a campioni dell’apertura, dell’accoglienza, del dialogo. Queste cose non c’entrano con la Lega, almeno quella di Calderoli, e la Lega di Calderoli non  c’entra con queste cose.