«Se per guidare la Provincia nella fase di transizione dovesse essere nominato un commissario, devo dire che sì. Sarei disponibile a farlo io». Ultimo a ricoprire il vertice in un’istituzione che nel 2014 non andrà al voto, Ettore Pirovano torna sui suoi passi rispetto alle dichiarazioni rese più o meno un anno fa: «Piuttosto che fare il commissario, vado a casa». Ora Pirovano ha cambiato idea. Non è il primo politico a farlo né sarà l’ultimo. Non è questo che stupisce di un Presidente che, non molto tempo fa, ad una festa della Lega ha invitato il ministro per l’Integrazione, Cecile Kyenge, a tornare in Congo a portare «ai suoi confratelli libertà e civiltà, dopo aver assaggiato qui da noi la democrazia».
Ci stupisce, piuttosto, che non trovi tempo di rispondere ad una mail (spedita e rispedita almeno una decina di volte e della quale si è certi della ricezione) dove mons. Patrizio Rota Scalabrini, don Davide Rota, don Massimo Rizzi, don Mario Marossi, Giulio Baroni e il sottoscritto gli chiedono un incontro che per seri motivi Pirovano ha già annullato il 3 ottobre scorso.
L’ANTEFATTO
Da diversi anni a questa parte, attorno al 4 ottobre, memoria di san Francesco d’Assisi, esponenti delle chiese cristiane in Bergamo – cattolici, riformati e ortodossi – organizzano una giornata di incontro e di preghiera interreligiosa a cui sono invitati uomini e donne delle diverse confessioni religiose. La giornata, che si svolge presso il Patronato San Vincenzo, vede confluire decine di sikh, mussulmani, buddisti, ravidassi, hare krishna. Una festa di popoli e di culture che prevede diversi momenti: incontri mattutini con gli studenti delle scuole superiori di Bergamo, laboratori e animazione pomeridiani, preghiera e cena conviviale. Lo scorso anno – 2012 – una folta delegazione di leaders religiosi è stata accolta a Palazzo Frizzoni dal Sindaco di Bergamo, Franco Tentorio. Un incontro cordiale durante il quale è stata consegnata una lettera nella quale si evidenziava la volontà di tutti di sentirsi parte della comunità bergamasca e, insieme, si mostravano alcuni punti critici (tra questi, la mancanza di spazi per il culto). Cosi iniziava la lettera: «Proveniamo da Paesi diversi, ciascuno di noi ha alle spalle storie e vicende diverse. Ci accomuna il desiderio di fare di questo territorio il “nostro” territorio. Qui viviamo, qui nascono i nostri figli, crescono, vanno a scuola. Basta passeggiare un poco per le vie di molti paesi per capire quanto siano cambiati in questi ultimi anni. Non siamo invisibili. Abbiamo un nome, una storia, una dignità. Anche se il processo migratorio può suscitare qualche preoccupazione, nei fatti la comunità bergamasca è sempre più, in maniera irreversibile, una comunità “plurale”».
UN SILENZIO CHE STUPISCE
Quest’anno si intendeva replicare il momento “istituzionale” della giornata con un incontro con il presidente della Provincia Ettore Pirovano. Un’occasione per raccontare meglio di molte statistiche come sia cambiata la realtà bergamasca. Oggi sono più di 150.000 gli immigrati presenti nella nostra provincia, provenienti da 130 Paesi, il 12 per cento del totale dell’intera popolazione bergamasca. Un fenomeno strutturale che nemmeno la recente e pesante crisi economica riesce a scalfire. E dunque un fenomeno con il quale si è obbligati a fare i conti. Stupisce dunque il silenzio del presidente Pirovano. Nessuno dubita che sia ogni giorno alla prese con problemi e situazioni complesse che richiedono tempo e dedizione. Però fa pensare che in quattro mesi non abbia avuto un attimo di tempo per l’incontro. A meno che, ma non lo crediamo, sottoscriva anche lui quanto ha dichiarato recentemente il neo segretario del suo partito, Matteo Salvini che a Chiuduno, la sera degli “auguri padani”, ha detto che «I poverini non sono quelli di Lampedusa che vengono disinfettati. I poverini sono i cittadini di Lampedusa e di Bergamo che poi vengono derubati da chi viene disinfettato».
Anche perché, e siamo certi che Pirovano lo sappia, egli, nel momento della elezione e della nomina, è diventato il presidente di tutti i bergamaschi. Non solo della parte che l’ha sostenuto. Pure di quelle migliaia di persone di fedi e culture diverse che qui vivono, lavorano, pagano le tasse, costruiscono reti e comunità. Piaccia o non piaccia. E la politica deve fare i conti con i problemi, non ignorarli.
Per questo, nonostante il lungo silenzio, siamo fiduciosi che sotto l’albero di Natale arriverà la risposta positiva del Presidente. Nel frattempo, noi aspettiamo.