Nuovo inizio

Paolo dorme sereno nel suo lettino, avvolto in una copertina azzurra con un orsetto ricamato. E’ piccola e ordinata la casa di Catarina. Una casa semplice, in un quartiere popolare: <Non è bellissima? – dice lei, con un sorriso -. Non pensavo di poter avere un appartamento per noi, mi sembra un sogno>. Ha quasi trent’anni, un accento morbido, rotondo: viene dal Brasile, Catarina, è arrivata in Italia dieci anni fa seguendo il consiglio di una zia, che le ha trovato un posto come badante.

<Mi piace l’Italia ma all’inizio avevo paura, non uscivo mai, perché non avevo il permesso di soggiorno. Non sapevo come fare, ero molto inesperta, non conoscevo bene le leggi italiane. Ero a casa di una signora molto gentile, anziana, che non poteva camminare: dovevo aiutarla a fare tutto, anche le cose più semplici. Era dura, tutto il giorno chiusa in casa, spesso dovevo alzarmi anche di notte per assisterla. Ma quella signora mi ricordava mia nonna, mi ero molto affezionata a lei. La sua famiglia mi trattava bene: sono stati loro ad aiutarmi a ottenere il permesso di soggiorno. Le sono stata vicino finché purtroppo è morta. Mi sono trovata senza casa e senza lavoro. Sono andata a stare per un po’ da mia zia, ma non mi trovavo bene. Avrei voluto trovare un altro lavoro, perché fare la badante è molto faticoso, e perché ho sofferto molto dopo la morte di quella signora>.

Era molto depressa, piangeva spesso. Poi le mie cugine mi hanno convinto a uscire un po’ con loro, a fare le cose che fanno i giovani italiani. Ho trovato un posto in una cooperativa per fare le pulizie. E’ stato in quel periodo che ho incontrato un ragazzo: anche lui veniva dal Brasile, mi piaceva, mi faceva ridere, mi ricordava casa mia. Abbiamo incominciato a frequentarci, uscivamo insieme. Ma non sapevo se era una cosa seria o no, lui un po’ c’era, poi non si faceva vedere anche per lunghi periodi. A un certo punto ho scoperto di essere incinta e mi è crollato il mondo addosso. Mia zia mi ha detto che non voleva un bambino in più in casa, che non ce l’avrebbe fatta a mantenerci, che non c’era spazio. Quel ragazzo quando l’ha saputo è sparito del tutto: ha anche cambiato numero di telefono, non si è fatto più trovare. Secondo i suoi amici è tornato in Brasile: ma io non ci credo. L’ho detto ai miei genitori, ma mi sono trovata tutti contro: mi hanno detto che ero matta, che ero da sola, che non avevo neanche un posto dove stare e che crescere un bambino costa molti soldi. La mia famiglia in Brasile è povera e i miei genitori e i miei fratelli contavano sui soldi che io gli mandavo ogni mese dall’Italia. Volevano tutti che abortissi. A un certo punto mi sono convinta anch’io che forse era la cosa migliore. Non vedevo una via d’uscita. Non sapevo a chi rivolgermi, e allora ho provato a chiedere un consiglio alla famiglia di quella signora che avevo assistito appena arrivata. Sono rimasta in contatto con la figlia, che è una persona molto gentile. Lei mi ha aiutato a trovare un aiuto>. Così Catarina ha incontrato le volontarie del Centro di aiuto alla vita: <Mi sono state vicine, mi hanno aiutato moltissimo, mi hanno fatto capire che non dovevo abortire per forza se non volevo. Pian piano ho imparato ad amare questo bambino. Credevo di perdere tutto per colpa sua, invece mi sono accorta che non era vero. Quando è nato e l’ho preso in braccio per la prima volta ho provato un’emozione grandissima. Mi sono sentita diversa, più forte, forse perché adesso devo pensare a lui, perché non sono più da sola. Mi hanno aiutato a trovare questo appartamento, ho ricominciato a lavorare, adesso il bambino ha tre anni e va all’asilo. Mi sembra che le cose abbiano ricominciato ad andare per il verso giusto: io sono cambiata, e così la mia vita. Anche i miei parenti si sono convinti e alla fine hanno accettato la mia scelta: quest’anno passeremo il Natale con loro>.